Arezzo: amnioinfusione, la scelta che ha salvato Marta . Da Pistoia ad Arezzo.  Dal San Donato la soluzione alternativa all’interruzione della gravidanza a causa di una grave assenza di liquido amniotico

La piccola Marta è nata il 7 maggio. Prematura ma sana. Non era scontato. “Alla quattordicesima settimana vidi alcune perdite ematiche probabilmente legate ad un piccolo distacco amniocoriale – ricorda la mamma Valentina. Andai al pronto soccorso di Pistoia e da quel momento intensificai i controlli anche per il sopraggiungere di alcune complicazioni “. Alla ventesima settimana la scoperta che il liquido amniotico era ridottissimo, molto inferiore alla norma. Per Valentina, 40 anni e alla prima gravidanza e per il marito Gabriele, una coppia di Pistoia, inizia un difficile percorso che dalla loro città li porta prima al pronto soccorso di Pistoia e poi alla ginecologia del San Donato di Arezzo. E’ un medico di questa unità operativa, Enrico Periti, a proporre loro una scelta diversa da quella dell’interruzione della gravidanza. Sarebbe stata la più ovvia ma era anche quella che la coppia rifiutava. “Ci propose la tecnica dell’amnioinfusione e noi accettammo, consapevoli dei rischi per il futuro della bambina ma anche decisi a non perderla”. Ciro Sommella, Direttore di ginecologia e ostetricia del San Donato: “la signora aveva una grave assenza di liquido amniotico alla ventesima settimana di gravidanza. Per questa condizione molto grave una scelta era quella di interrompere la gestazione e l’altra era quella che le abbiamo prospettato al San Donato: l’amnioinfusione e cioè l’infusione di soluzione fisiologica all’interno della cavità amniotica durante il corso della gravidanza. La paziente ha deciso insieme al marito e da quel momento, una volta alla settimana e quindi per 14 volte, si è spostata da Pistoia ad Arezzo. Ognuno si è assunto la propria responsabilità. La paziente era consapevole che la bambina sarebbe potuta nascere prematura e quindi con gravi conseguenze sulla sua vita futura. Noi medici sapevano bene i  rischi di natura anche legali e di responsabilità professionale che ci assumevamo”.
“E’ stato un momento molto difficile – ricorda mamma Valentina. Dovevamo decidere rapidamente e lo abbiamo fatto. In realtà non abbiamo mai avuto dubbi sulla scelta da compiere”. L’attenzione di tutti si è concentrata sulle potenzialità dell’amnioinfusione: “da una parte permettere una sufficiente visualizzazione ecografica per evidenziare malformazioni strutturali fetali e dall’altra reintegrare il liquido amniotico, la cui quantità è fondamentale per lo sviluppo armonico corporeo e il corretto sviluppo della funzionalità respiratoria. In assenza di liquido amniotico, è alta la probabilità che il bambino al momento della nascita vada incontro a gravi problematiche respiratorie che possono essere letali o comprometterne gravemente lo sviluppo neurologico”.
Così non è stato. “Il 5 maggio ho avuto una nuova perdita di liquido amniotico e mi sono recata al pronto soccorso di Prato – ricorda mamma Valentina. Tre giorni dopo ho avuto le contrazioni e il 7 maggio Marta è nata. Ovviamente prematura, pesava 1 chilo e 520 grammi e adesso è nella terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Prato e ci dovrà restare probabilmente un mese. Ma è sana e sta bene. E deve la sua vita alla professionalità e anche al coraggio dei medici che mi hanno seguita, in particolare al dottor Periti, a cui non smetteremo mai di essere riconoscenti “.
“Uno dei cardini della nostra professione – afferma  Sommella – è il dovere che abbiamo di proporre tutte le soluzioni che abbiamo a disposizione per aiutare la paziente. E questo anche in assenza di tecniche o terapie dal sicuro successo, assumendoci il conseguente rischio. Abbiamo informato i genitori che si sono trovati a scegliere tra il tentare di tutto per salvare la vita del feto e il timore di avere per la bambina una qualità scadente di vita. E hanno fatto la scelta giusta”. Una scelta condivisa con i sanitari. “Un ringraziamento  – conclude Sommella – va all’equipe di medici della diagnosi prenatale di Arezzo che ha offerto una prestazione di alto valore scientifico e altrettanto importante dal punto di vista umano. Scienza e umanità devono sempre procedere di pari passo perché si possa dire di aver preso a cuore un paziente. Sono orgoglioso che il centro di diagnosi prenatale di Arezzo possa essere visto come un punto di riferimento non solo per le cittadine della nostra provincia”.