Arezzo : oggi dalle ore 10.30 alle 13 negozi, bar e ristoranti di tutta la provincia  sono rimasti aperti per  chiedere  di riaprire le attività (10mila quelle aretine sospese per il periodo di lockdown) e di varare misure concrete di sostegno al settore, per evitare il peggio

Sono 10mila in provincia di Arezzo le imprese del terziario sospese nel periodo dilockdown, che hanno visto i propri ricavi completamente azzerati – o quasi – e che ora, col protrarsi dell’emergenza sanitaria, si sentono ogni giorno di più a rischio sopravvivenza. Per raccogliere il loro grido di allarme, Confcommercio Toscana ha organizzato oggi (lunedì 4 maggio) una mobilitazione che anche in provincia di Arezzo ha visto coinvolti capillarmente molti negozi, bar e ristoranti del capoluogo e di altre città. Serrande alzate, porte aperte, luci accese: pur senza far entrare i propri clienti, gli imprenditori del terziario hanno voluto sensibilizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni sulla necessità stringente di ripartire, così come è stato concesso ad altri settori, economici, e su quella di misure concrete di sostegno al settore (come contributi a fondo perduto, moratoria fiscale, aiuti per pagare affitti e bollette) per evitare il peggio.Secondo l’indagine commissionata da Confcommercio all’istituto Format Research, per il 2020 sono a rischio il 15% del valore aggiunto complessivo del terziario provinciale (ovvero circa 800 milioni di euro), 5 mila posti di lavoro e la sopravvivenza diduemila imprese del commercio, della ristorazione, della ricezione turistica, dei servizi alle imprese, dei servizi alla persona, della logistica.“La crisi economica nata dall’emergenza sanitaria è ben più dura di quelle che abbiamo vissuto nel 2008 e nel 2011. Ci sono settori che, come il turismo, hanno azzerato il loro apporto alla ricchezza regionale e il contraccolpo sarà durissimo”, commenta la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, “per questo oggi abbiamo dato voce a quella parte del terziario che è stata esclusa dalla ripartenza. Si tratta, non dimentichiamolo, di imprenditori con famiglie, figli, genitori anziani: nessuno vuole mettere in pericolo la propria salute. Ma possiamo garantire standard elevati di sicurezza e quindi vogliamo e, soprattutto, dobbiamo tornare a lavorare per garantire un futuro alle nostre imprese e ai nostri dipendenti. E rivolgo un appello ai nostri clienti: non dimenticateci, abbiamo bisogno della vostra solidarietà, potremo risollevarci solo grazie a voi”.  “Chiediamo che i nostri locali siano riaperti il 18 maggio anziché il 1° giugno”, dice il presidente dell’Associazione Ristoratori Aretini Federico Vestri, “la situazione ormai sta diventando insostenibile. Con le consegne a domicilio e le vendite per asporto praticamente riusciamo a raggiungere il 20-25% del nostro fatturato abituale, davvero poco per andare avanti. E poi solo poco più del 50% delle imprese si è strutturato per farle”. Alla mobilitazione hanno partecipato anche le rappresentanze degli ambulanti. “Siamo gli invisibili del commercio”, denuncia il presidente regionale di Fiva (Federazione Italiana Venditori Ambulanti)-Confcommercio Rodolfo Raffaelli, “un negozio chiuso si nota, ma dei nostri banchi non resta traccia.”