Chianciano : Christian Maffei confermato presidente a conclusione del congresso nazionale di Arci Caccia. Eletto il nuovo consiglio nazionale composto da 63 membri in rappresentanza delle 20 regioni. Il congresso ha approvato il nuovo statuto che trasforma l’Arci Caccia in “ente del terzo settore”, quindi con finalità sociali e non solo venatorie
Con l’elezione nel nuovo Consiglio nazionale e la conferma del presidente nazionale, Christian Maffei, riminese, si è concluso a Chianciano il XII Congresso nazionale di Arci Caccia. Il nuovo Consiglio nazionale è composto da 63 membri e rappresenta tutte le venti regioni italiane a cui fanno riferimento i 107 circoli di Arci Caccia in rappresentanza di circa 30.000 iscritti. Il Congresso ha approvato, all’unanimità, il nuovo statuto che trasforma Arci Caccia in “ente del terzo settore”, cioè associazione con finalità sociali. Una sfida completamente nuova per una rappresentanza, prima esclusivamente, venatoria che guarda a un sempre maggiore rapporto con le forze della società civile interessate, come Arci Caccia, all’ambiente, alla fauna, alle aree interne, alla cultura rurale.Dal Congresso esce anche la volontà di rafforzare il contributo di Arci Caccia nel variegato mondo della Federazione Arci. Il Congresso ha approvato anche il proseguimento della positiva e costruttiva collaborazione con la Fondazione UNA Onlus per portare avanti progetti concreti di ricerca, gestione e promozione che riguardano la fauna selvatica, l’alimentazione con carni di selvaggina e la pulizia delle campagne. Il Congresso ha poi approvato gli indirizzi di collaborazione con Fitav, Federparchi, Arre Protette e Atc e con gli Enti locali e i piccoli borghi nell’esclusiva difesa degli interessi generali della comunità guardando oltre il semplice rapporto con il mondo venatorio.Sull’unità del mondo venatorio, il Congresso, preso atto della rinuncia delle FIDC a una federazione unitaria, ha affermato la necessità di un coordinamento ma anche la necessità di guardare oltre il mondo venatorio per rompere l’isolamento in cui sta pericolosamente finendo la caccia. Il presidente Christian Maffei ha affermato che il Consiglio nazionale presenta un numero adeguato alle garanzie di rappresentanza di tutte le realtà regionali. «Usciamo da questo Congresso – ha dichiarato Maffei – con un Consiglio nazionale numeroso per allargare il più possibile la rappresentanza ma vogliamo chiedere a tutti un impegno nuovo nel portare le istanze dei territori e nel formulare proposte che contribuiscano a rompere l’isolamento del mondo venatorio».«Vogliamo diventare organizzazione nel terzo settore per affermare il nostro ruolo che guarda al bene collettivo dell’ambiente e della conservazione della natura. Vogliamo una collaborazione sempre più stretta con la Federazione tiro a volo facendo diventare Arci Caccia socia della Fitav perché voglio che ogni iscritto Arci Caccia sia anche socio Fitav con accesso agli impianti sportivi del tiro a volo e che ciascuno sia consapevole del senso di fare parte della grande famiglia del Coni. Vogliamo il rilancio della cinofilia come biglietto da visita nella società che è strategica per fare capire alla società che i cacciatori sono i primi ad avere un rapporto competente di affetto con il proprio cane».Sul rapporto con ISPRA, Maffei ha affermato: «Dobbiamo creare un Comitato scientifico con rapporti nel mondo universitario e scientifico a cui ISPRA non possa fare a meno di riconoscere capacità metodologica, autorevolezza e credibilità». Il presidente ha anche ribadito che Arci Caccia dovrà «stare in Europa, dove di prendono le decisioni sul futuro della caccia. Sull’unità del mondo venatorio, ha proseguito, «non c’è un’unità strutturata ma non c’è nemmeno un’unità dei contenuti. Però l’unità è comunque richiesta a gran voce dai nostri soci: la sfida sarà riuscire a trasferire il sentire comune nelle azioni dei dirigenti». Nel dibattito , prima delle conclusioni del congresso, il presidente nazionale dell’Arci, Daniele Lorenzi, che ha preso la guida dell’associazione da appena quattro mesi, ha proposto una linea nuova nel rapporto tra il mondo Arci e Arci Caccia: “«Arci e la sua federata Arci Caccia devono lasciarsi dietro le incomprensioni del passato e ricominciare a collaborare sui temi sociali e ambientali per svolgere un lavoro comune che rilanci l’impegno volontario nell’associazionismo. La crisi della cultura politica che sta attraversando il nostro paese può essere fermata sono se si riparte dalle associazioni. Arci, con i suoi 4.500 circoli e il suo un milione e mezzo di associati prima della pandemia è una famiglia: insieme a voi dobbiamo dare vita a una nuova stagione di impegno e mobilitazione per il bene comune».Luciano Rossi, presidente della Federazione italiana tiro a volo ha proposto di lavorare insieme ad Arci Caccia, e le altre associazioni venatorie, per promuovere il tiro sportivo e l’attività venatoria. Poi il presidente nazionale di Federcaccia, Massimo Buconi si è reso disponibile a lavorare insieme ad Arci Caccia su battaglie specifiche: «dobbiamo uscire da nostro fortino venatorio – ha detto –. Saremo sempre più deboli se non troveremo interlocutori fuori dal nostro mondo. Dobbiamo presentarci insieme nelle istanze alla politica anche se dobbiamo fare i conti con una politica e una società dove sta vincendo la pancia e non la testa. Con questa tendenza pericolosa, la politica decide di bloccare ogni scelta sulla pianificazione venatoria perché questa consente ai cacciatori di esercitare la propria attività. Questa assenza che preferisce non affrontare le questioni mina la base di ogni certezza politica». A sua volta il presidente della Fondazione UNA, Uomo Natura Ambiente, Maurizio Zipponi e del CNCN, Comitato Nazionale Caccia e Natura, ha proposto soprattutto di lavorare sui progetti di promozione ambientale. Per Mauro Di Zio, vice presidente della Confederazione italiana agricoltori la gestione della fauna è legata alla grande questione del ripopolamento delle aree interne.«La gestione faunistica – ha affermato il vicepresidente della seconda organizzazione agricola italiana – è diventata una necessità assoluta. Dobbiamo porre fine a uno squilibrio ambientale che va a danno dell’economia rurale. I disastri dei cinghiali solo per citare il caso più noto, portano all’esasperazione degli agricoltori e contribuiscono all’abbandono dei territori. Insieme dobbiamo parlare di ripopolamento delle aree interne. La gestione del territorio non va chiamata in causa solo quando ci sono incendi, frane o alluvioni. Ma per questo è fondamentale confrontarsi e mettere in campo le nostre migliori capacità. Il mondo venatorio è un osservatorio privilegiato sullo stato dei territori ed è negli Ambiti territoriali di caccia, dove sono presenti tutti i rappresentanti dei portatori di interesse rurale, che è possibile mettere in campo politiche per il territorio».Per questo, ha chiesto Zio, «Gli ATC non devono più essere il luogo di scontro tra squadre di caccia, cioè tra interessi di una sola categoria. Ma devono essere spazio di elaborazioni di politiche locali attraverso un confronto ad alto livello e una pianificazione che abbia come obiettivo la tutela del territorio e il benessere delle popolazioni che lo abitano».Il coordinatore del Gruppo agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo ed ex ministro all’agricoltura, Paolo De Castro, ha chiesto che, nella gestione della fauna selvatica, cessi ogni fondamentalismo per lasciare spazio solo alla scienza e alla gestione europea. «La caccia – ha affermato – deve passare da argomento di conflitto a terreno di cooperazione e di lavoro comune. Ma per questo passaggio occorre che cessi, per prima, la litigiosità del mondo venatorio. Poi si deve agire sempre e solo in un’ottica europea. Il tema della conservazione delle specie selvatiche deve essere affrontato attraverso piani comunitari che devono dettare regole comuni a tutti gli stati membri. Nella gestione degli animali, che si spostano da un territorio all’altro, non ci possono essere regole diverse in ciascuna nazione».