Chianciano: in occasione della Giornata della Memoria, LST Teatro porta in scena in prima assoluta al Teatro Caos venerdì 25 gennaio  “Dov’è finito lo Zio Coso”

“Dov’è finito lo zio Coso” è il divertente, irriverente e grottesco spettacolo, liberamente tratto dal romanzo “Lo zio Coso”, di Alessandro Schwed, portato in scena dalla compagnia LST Teatro, con i suoi affiatati componenti, gli attori  Alessandro Waldergan e Gianni Poliziani, il regista e drammaturgo Manfredi Rutelli ed il musicista Paolo Scatena, con l’assistenza tecnica all’allestimento di Simone Beco.  Lo spettacolo andrà in scena domani venerdì 25 gennaio al nuovo Teatro Caos di Chianciano in prima assoluta.Storia apocalittica della memoria indifesa, del rischio dell’oblio e del revisionismo storico, vede i due protagonisti, il viaggiatore Melik ed il veterinario Oscar Rugyo, incontrasrsi, forse casualmente, forse no, in uno scompartimento del treno che sta portando Melik in Ungheria, alla ricerca delle sue radici e di suo zio, fratello del padre recentemente scomparso. Un incontro surreale e devastante, che porterà Melik ad apprendere da Oscar che la Seconda Guerra mondiale non c’è mai stata. Con relativa negazione di tutto ciò che da quell’evento è derivato: bombardamenti, deportazioni, morti. Tutti eventi questi, frutto di un malinteso, un complotto giudaico laburista finalizzato a mettere in cattiva luce la grande Germania. Tesi, dimostrata con tanto vigore e stravagante fantasia, più che convincente, e da cui scaturirà la conseguente conclusione che tutto ciò che Melik ha vissuto e vive non è assolutamente esistito. Provocando nella sua fragile mente, una fitta, un lancinante dolore, come di qualcosa che si rompe, si incrina, si frattura, dentro la propria testa. Un dolore come di una botta, o, più probabilmente, di una caduta da un treno.Da quell’incontro con il veterinario Oscar, dal successivo colpo alla testa riportato nella probabile caduta, Melik ha cominciato a perdere le parole; le dimentica, non le trova,  le ha sulla punta della lingua, ma non gli vengono. Si sforza, come ora si sforza di ricordare il nome dello zio che, con quel viaggio in Ungheria, stava andando a trovare. Zio Coso, lo chiama ora. Ora che seduto sulla poltrona di casa, con le fitte alla testa, si sforza di ricordare dov’è finito lo zio Coso, si sforza di ricordare la storia, per non continuare a cadere nel precipizio, per non finire nell’abisso dell’oblio. Mentre da qualche parte si  sente ripetutamente bussare alla porta.  Non uno spettacolo sull’olocausto o sulla shoah, quindi, ma sull’indispensabile esercizio della memoria. E se, come dice San Paolo “Ogni cosa si rivela con l’esposizione alla luce, e tutto ciò che viene esposto alla luce diventa luce”, allora l’unico modo per salvarci dal precipizio, dall’abisso della dimenticanza, e riaffermare la presenza nella Storia, è l’estenuante, ossessivo e doloroso riportare alla luce ciò che qualcuno vorrebbe nascondere, oscurare, seppellire.  Oggetti, parole, preghiere, strade, città, date. Nomi.