Chiusi: partita alla grande la  stagione teatrale al Mascagni con Ascanio Celestini. Tutto esaurito per l’attore e autore romano che ha presentato “Pueblo” ,la seconda parte di una trilogia il cui filo conduttore è la narrazione di personaggi ai margini della società, la cui vita viene immaginata da un anonimo osservatore.

Di Francesca Andruzzi

Nel foyer del Teatro Mascagni a Chiusi, poche ore prima dello spettacolo che ha inaugurato la stagione teatrale della Fondazione Orizzonti d’Arte, Ascanio Celestini, attore e autore romano, ha presentato alla stampa e al pubblico “PUEBLO”, la seconda parte di una trilogia il cui filo conduttore è la narrazione di personaggi ai margini della società, la cui vita viene immaginata da un anonimo osservatore. Violetta commessa di un supermercato, la madre, la barbona Domenica e il fidanzato Said. Persone o personaggi dalle vite difficili che si incrociano con altre vite, in una danza frenetica, parto della fantasia dell’autore che incrocia le loro realtà, che conduce ad un finale amaro, soprattutto per chi resta, per chi non ha saputo vedere al di là di quelle vite difficili, per chi non ha saputo o voluto dare loro un aiuto. Ascanio Celestini, noto al grande pubblico, non ha bisogno di presentazioni, ma si racconta ugualmente alla stampa e ai numerosi chiusini presenti prima dello spettacolo. Parla, parla molto, toccando, come fa il suo spettacolo, numerosi aspetti della vita quotidiana, anche se afferma convinto “non si può sapere tutto” anche se vogliono convincerci del contrario. Soprattutto internet, la relazione virtuale, alla quale, secondo l’autore, occorre avvicinarsi con consapevolezza e prudenza. Usa Facebook, “ma per lavoro”. Non ama, però, il clima di violenza verbale che percepisce dai commenti dei fruitori del social, “soprattutto da un anno a questa parte”. Dichiara che c’è necessità di una gran lavoro di manutenzione della società e che la vita va immaginata proprio per avere consapevolezza che si tratta di vita vera. Tocca anche il tema, attualissimo, dei migranti, lo fa con passione, partecipazione, proprio grazie a quella immaginazione sulla quale fonda il monologo che sarà lo spettacolo in programma per la serata. Uno spettacolo che tocca temi scottanti (dal fine vita ai dimenticati, dai lavoratori sfruttati al ricordo dei genitori che non ci sono più, dalle molestie sessuali all’indifferenza per il prossimo in difficoltà, dalla ludopatia alla solitudine), ma che suscita anche ilarità e risate da parte del pubblico, perché l’amarezza della vita presenta sempre anche un lato comico. I suoi studi di antropologia all’università lo hanno aiutato o forse solo ispirato nella ricerca della immaginazione, che non è fantasia, ma percezione dell’altro come essere umano, poiché nei tanti contesti sociali in cui viviamo, il contesto superiore, e comune a tutti, è quello umano. Si potrebbe affermare, dopo aver visto PUEBLO, che Celestini non fa sconti ad alcune categorie, forse giudicandole troppo severamente, come sempre accade quando si generalizza per categorie. Ma il teatro è anche questo. Un messaggio che viene recepito dallo spettatore che può condividere alcuni aspetti del messaggio stesso e non condividerne altri. Tutto va bene, purché venga stimolata la riflessione. E motivi di riflessione Ascanio Celestini e il suo PUEBLO hanno sicuramente fornito al folto pubblico del Mascagni che da oggi, comunque, quando la televisione passerà le immagini di una umanità sofferente, proverà a vedere – e non solo a guardare – con l’immaginazione che aiuta ad immedesimarsi nella vita degli altri.