Il personaggio del mese di agosto 2021: Sonia Mazzini, Presidente Fondazione Cantiere Internazionale d’arte di Montepulciano . Innamorata dell’incarico che le è stato rinnovato per un altro triennio, racconta entusiasta dopo aver concluso con successo l’ultima edizione: ”giovani talenti e grandi artisti offrono la loro arte per la sola voglia di essere presenti. Se consideriamo che ogni anno passano dal Cantiere circa quattrocento artisti, provenienti da ogni parte del mondo, posso affermare che non ve ne è uno che non conosca il Cantiere o che non vi abbia partecipato”

 Di Francesca Andruzzi

 

Sonia Mazzini dirige la Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano dal 2011 e il suo incarico è appena stato rinnovato per un ulteriore triennio. Nonostante il periodo pandemico, gli appuntamenti del Cantiere sono stati rispettati, con notevole successo di critica e pubblico. Conosciamola meglio, sotto questo caldo sole di agosto, anche per avere una ulteriore conferma dell’importanza dell’arte e della sua diffusione, che porterà una ventata di freschezza.

D.Presidente o Presidentessa? Come preferisce? E, già che ci siamo, viste le molteplici polemiche, anche recenti, sull’uso del maschile e del femminile in relazione a cariche ed incarichi, un tempo di esclusivo appannaggio del cosiddetto “sesso forte”, quanto conta, per lei, la forma e quanto la sostanza?

R.Preferisco aggiungere l’articolo femminile al termine ‘presidente’ che, anche sul piano grammaticale, è un participio presente, buono, quindi, per femminile, maschile e neutro. In generale forma è anche sostanza ed è necessaria la caratterizzazione al femminile delle professioni e dei ruoli: il Parlamento europeo ha adottato, dal 2018, un linguaggio neutro sui generi per evitare formulazioni discriminatorie. Del resto, il femminile è previsto dalla lingua italiana ed è giusto che lo si esprima senza sessismi.

D. Il suo incarico è stato rinnovato per un ulteriore triennio. Cosa pensa di conservare della trascorsa esperienza e cosa vorrebbe innovare?

R. Gli anni trascorsi sono stati di conoscenza, di formazione, di tessitura di relazioni. Ho imparato tanto e conserverei tutto, perché come sempre il passato è fonte di esperienza per il futuro, anche dagli errori si impara moltissimo. Dobbiamo camminare al passo con i tempi ed introdurre miglioramenti e innovazioni nella programmazione, cercare nuovi spazi per gli spettacoli dal vivo, estendere e rafforzare il progetto culturale della Fondazione, a partire dalla didattica musicale, anche nei diversi Comuni nostri partecipanti, affinché il territorio sia culturalmente più unito.

D.Il 46° Cantiere si è appena concluso con grande successo di critica e di pubblico, non sempre, invece, in accordo tra loro. A cosa pensa sia dovuta questa convergenza?

R.È vero che, spesso, ciò che piace alla critica non sempre è apprezzato dal pubblico. Ancora devono essere pubblicati i commenti sulle riviste specializzate, ma, complessivamente, direi che c’è stata un’ottima accoglienza degli spettacoli da entrambe le parti. Ciò è dovuto alla qualità che abbiamo offerto, alla preparazione da parte degli artisti più giovani, che hanno beneficiato della collaborazione con i professionisti più affermati per formarsi e crescere; e, poi, la voglia di andare in scena e dire che l’arte è vita, è coesione, è linguaggio universale, senza il quale saremo tutti più poveri.

D.Se dovesse descrivere, per i nostri lettori, il valore del Cantiere…

R.Abbiamo una bellissima squadra, con la quale riusciamo a raggiungere gli obiettivi prefissati dal Consiglio di indirizzo dalla Fondazione Cantiere, così che siamo conosciuti ed apprezzati nello scenario internazionale. È un lavoro certosino, che impegna tutti i giorni dell’anno. Ma il valore è anche quello di partire dal basso, dai bambini, dal coinvolgimento delle famiglie per la maturazione culturale delle popolazioni.

D.Insegnanti e artisti, tutti lavorano per il Cantiere a titolo gratuito pur di diffondere arte che è cultura, da lei definita un diritto fondamentale. Esiste dunque, ancora la “passione”, quale spinta fondamentale per raggiungere gli altri, nella doppia accezione del termine?

R.Esiste ed è tangibile, ancora giovani talenti e grandi artisti offrono la loro arte per la sola voglia di essere presenti. Se consideriamo che ogni anno passano dal Cantiere circa quattrocento artisti, provenienti da ogni parte del mondo, posso affermare che non ve ne è uno che non conosca il Cantiere o che non vi abbia partecipato. Ognuno ha condiviso e offerto il proprio talento per passione o per esibirsi su un palco. Una sfida professionale per molti, una opportunità per altri, ma tutti uniti dall’amore per l’arte.

D.Parliamo un po’ di lei, della donna, moglie, madre e impegnata su più fronti lavorativi e anche in politica. Privato, lavoro, servizio pubblico: in quale veste si sente maggiormente a suo agio e perché?

R.Ogni aspetto della vita è parte e completamento di una persona. Ho sempre lavorato e mi sono dedicata alla politica come forma di volontariato per dare un apporto costruttivo ed essere a disposizione della comunità. Non avrei potuto conciliare tutto questo senza il supporto della mia famiglia, a partire da mio marito, con il quale ho sempre condiviso i carichi familiari, l’educazione dei figli, il supporto ai nostri genitori.

D.Liceo classico che si fonde con una di una laurea in scienze dei servizi giuridici. Ma la sua anima è più classica o più tecnica?

R.Con gli studi classici ho imparato ad amare moltissimo la storia dell’arte, anche grazie alla mia insegnante, che ricordo con grande affetto, con la quale ho, poi, avuto un rapporto di amicizia, la Professoressa Maria Russo. I classici ti insegnano valori che rimarranno eterni, universali e comunicativi. In fondo, però, la professione, i successivi studi e corsi formativi, la politica e gli impegni istituzionali mi hanno indirizzato ad essere una persona pragmatica e razionale, con decisioni da assumere in maniera veloce e decisa insieme al nostro staff professionale e competente. 

D.Il suo lavoro principale si svolge in ambito sanitario. Come ha vissuto il periodo dell’emergenza, peraltro non ancora concluso, e cosa ha cambiato nel suo modo di percepire il quotidiano, che fino a un anno e mezzo fa sembrava offrire certezze? 

R.È rimasto, in noi che operiamo nella sanità, un senso di incertezza e inquietudine per la pandemia e per un quotidiano difficile da affrontare sempre con tempestività. Ho vissuto la solitudine degli anziani, specialmente nelle case di riposo, senza contatti con i familiari, il loro smarrimento, la paura di tutti coloro che sono stati contagiati, il dolore per la perdita di persone care; ho vissuto la grande umanità di molti colleghi nell’adoperarsi per le vaccinazioni, e, allo stesso tempo, una solitudine lavorativa. Le emergenze dovrebbero far emergere la parte migliore di noi e incoraggiarci a essere maggiormente solidali. Talvolta si percepisce, invece, un certo individualismo, come se tutto il dolore, che ci è passato addosso, fosse già un ricordo.

 D.Domanda fantastica: se dovesse organizzare uno spettacolo del Cantiere per i potenti della Terra, che genere sceglierebbe? 

R.Questa domanda si presta a notevoli interpretazioni. Potrei rispondere: uno spettacolo di fantascienza, perché i potenti sono spesso distanti dalla normalità. Per far loro comprendere i sacrifici cui sono costrette famiglie e persone comuni per sopravvivere, spesso con lavori precari, mutui, figli a carico, disabili da accudire, direi: uno spettacolo intimo, un racconto semplice del quotidiano, che esprima tutto questo. Ma, in realtà, è molto più gratificante una diffusione popolare della cultura, perciò sarei lieta di organizzare l’esibizione della Banda Poliziana per il Primo Maggio, come i saggi degli allievi delle Borse di Studio; è qui che si percepiscono la genuinità e le emozioni trasmesse dalla musica e dalle arti.