Il personaggio del mese di luglio 2019: Chiara Romagnoli di Sarteano che ha una grande passione : il disegno a mano libera, tanto da non aver rinunciato al sogno di diventare fumettista. Figlia ventenne  di un noto tecnico informatico, Stefano, con la passione per la civiltà etrusca,i nonni di Chiara erano degli artisti. Nonno Flavio un bravissimo disegnatore e nonno Aldo uno scultore. Parla tre lingue ed è una patita di libri del genere horror-Thriller di Stephen King

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Di Francesca Andruzzi

 

Figlia di un noto tecnico informatico, Stefano, con la passione della civiltà etrusca, Chiara Romagnoli è una bella ragazza sarteanese di appena vent’anni. Colpisce il suo bel volto, un fisico ancora in erba che promette meraviglie e un cervello da fare invidia a coloro che, in ragione dell’età non più verde, si ritengono maturi. Ha appena trovato lavoro nel settore dell’accoglienza turistica, ma la sua vera passione è il disegno a mano libera, tanto da non aver rinunciato al sogno di diventare fumettista, una carriera non facile per l’era digitale, così piena di immagini pret à porter, fatte di fotografie che ridondano nel web fino allo sfinimento. Nella terra dove ancora vive la moglie di Andrea Pazienza (Marina Comandini), Chiara Romagnoli sente di non dover rinunciare al suo sogno – “ho ancora tempo e tanta voglia” – come è giusto che sia per chi ha appena compiuto vent’anni. 

D.: Sei nata e cresciuta in un piccolo centro dell’Italia centrale come Sarteano. Cosa invidi ai tuoi coetanei cittadini di grandi metropoli anche europee e quali opportunità, invece, pensi di avere avuto in più rispetto a loro? 

R.: Da quando sono fidanzata con Giorgio, che è nato e cresciuto a Pisa, ho acquisito una mentalità più aperta, ho imparato a non dare troppa importanza ai giudizi e alle voci di paese, che per alcuni anni mi hanno condizionata. Come si dice? Il paese è piccolo e la gente…mormora! Ecco, ho imparato da Giorgio a non dare effetto e fornire conseguenze alle voci, perché la vera differenza tra la città è il paese non sta nella assenza o presenza della maldicenza, che è un male comune, ma negli effetti che essa spiega su chi la riceve. Nelle città c’è meno attenzione per cose negative, che vengono considerate poco o non vengono considerate affatto. Però, rispetto ai miei coetanei metropolitani, debbo dire di aver avuto la possibilità di vivere una vita a contatto con la natura, una seconda madre che mi ha insegnato tanto.   

D.: La passione per il disegno a mano libera. Quanto conta il DNA e quanto fattori esogeni? 

R.: Credo che conti di più il DNA! I miei nonni erano degli artisti. Nonno Flavio un bravissimo disegnatore e nonno Aldo uno scultore. Lei che ne pensa? Io dico che il sangue non è acqua!

D.: Sei nata nell’ultimo anno del secolo scorso che ha coinciso con l’ultimo anno dello scorso millennio. Sei una figlia dell’era digitale, dei social, della comunicazione in tempo reale. Studiando la storia, anche quella più recente, ti sarai resa conto che i tuoi vent’anni valgono almeno tre secoli di progresso…. Credi che questa consapevolezza abbia inciso sulla tua formazione e su quella dei tuoi coetanei? 

R.: Personalmente vorrei tanto rallentarlo questo progresso o almeno rallentare gli effetti che sta avendo sulla popolazione mondiale. Più si va avanti con la tecnologia, maggiormente cresce la disinformazione, la mancanza di cultura, di sensibilità. Sembra una contraddizione, ma è così. Bambini di appena tre anni incollati ad un tablet! Gli occhi dei bambini dovrebbero incontrare quelli dei genitori, dei nonni, degli zii, non uno schermo fluorescente. Internet è utile, per carità, ma è sempre l’uso corretto della tecnologia a segnare i limiti da non superare. Anche gli adulti ormai comunicano tramite i social, le e-mail, ma quando si trovano faccia a faccia, occhi negli occhi, sembrano perdere ogni capacità di comunicazione. Io non ho vissuto l’epoca precedente, quella non poi così lontana in cui il telefono fisso era la normalità. Ma dai racconti dei miei, considerato pure che mio padre è un informatico, credo di aver colto, e fatta mia, un poco della loro nostalgia.  

D.: Parli correntemente altre tre lingue. La generazione precedente alla tua spesso e volentieri incontra difficoltà anche con l’italiano. Ma hai un po’ di rimpianto per non aver studiato le cosiddette lingue morte, il latino e il greco antico?

R.: Per il latino sì, un vero rimpianto, anche perché mi sono resa conto, crescendo, della quantità di parole italiane, a volte di difficile comprensione, che proprio dal latino derivano. E poi, per quello che ho potuto apprendere, era una lingua sintetica, mica i tanti giri di parole utilizzati da personaggi importanti per esprimere un concetto e che, a volte, ti fanno perdere il filo del discorso. Però ho anche sentito dire che per imparare facilmente il latino occorre essere bravi in matematica. Quindi, penso che avrei avuto non poche difficoltà… (sorride) 

D.: Se pensi alla tua nazionalità, ti senti più italiana, più europea o più cittadina del mondo?

R.: Voglio essere sincera. Io non sono mai uscita dall’Italia. Spero in futuro di fare viaggi culturali fuori dai confini. Intanto, però, se penso a me, penso ad una Italiana, spero che nessuno si offenda, ma è la verità. Magari, crescendo e venendo a contatto con altre culture arriverò anche a sentirmi cittadina europea e del mondo. Sottolineo “anche”, però, perché io sono e sarò sempre orgogliosa di essere italiana. 

D.: Sei innamorata di Giorgio, questo lo hai detto all’inizio della nostra intervista. Nel tuo futuro, quanto conta un progetto matrimoniale o di convivenza? E avere due genitori ancora insieme dopo tanti anni, ti fa sentire una mosca bianca? 

R: No, non ho progetti in questo senso. Sono ancora troppo giovane, ma nello stesso tempo non voglio ritrovarmi a sposarmi e fare figli ad una età in cui potrei essere nonna, sia chiaro! E poi i matrimoni si fanno in due. Per rispondere a questa domanda bisognerebbe sentire che ne pensa Giorgio…Per i miei genitori, che dire, sono fortunata. 

D.: Cosa pensi dei tuoi coetanei – le statistiche dicono essere molti – che non studiano e non lavorano?

R.: Penso che oggi è difficile trovare la propria strada e spesso la mancata comprensione dei ragazzi per il mondo che li circonda viene scambiata per pigrizia. In realtà, in molti casi, credo sia confusione. Quando i giovani sono confusi, dovrebbero avere accanto i genitori ad aiutarli, consigliarli, meglio ancora a spronarli, anche se hanno vent’anni. Purtroppo, però, capita che accanto a giovani confusi vi siano genitori assenti o non autorevoli, che preferiscono dare la colpa alla pigrizia dei figli. 

D.: Lo studio, il lavoro, impegni principali per chi ha la tua età. Ma molti giovani sono impegnati anche nel volontariato. Che approccio hai con questa buona pratica?

R.: Ancora non ho avuto modo di fare esperienza in questo campo, pur avendo avuto delle occasioni. Ma mi sono dovuta concentrare sul lavoro e il volontariato richiede tanto tempo. Spero un domani, quando avrò trovato la mia strada, di poter essere di aiuto a chi ha bisogno. 

D.: Chiara e il cibo. Necessità, gratificazione, tentazione…che rapporto hai?

R.: Oggi buono. Non sono golosa, apprezzo il buon cibo, sono selettiva, ma anche  curiosa e mi piace sperimentare cibi nuovi. Tuttavia questo mio “equilibrio” è frutto di una precedente sofferenza. Da adolescente ero un po’ paffuta e le critiche mi hanno spinta ad evitare il cibo, perché ero molto permalosa. Fortunatamente è stata solo una breve parentesi. Fortunatamente si cresce… 

D.: E passando ad argomenti meno materiali, come vivi la tua parte spirituale? 

R.: Non ho una fede, se è questo che intende, particolare, insomma…non sono religiosa. Voglio studiare anche su questo argomento. Però credo fermamente che qualcosa, sopra e oltre noi, ci sia. 

D.: Ti piace leggere libri? Se sì, qual è il tuo autore preferito e perché… 

R.: (risponde pimpante) e me lo chiede? Stephen King…sono una patita del genere horror-thriller. 

D: Domanda fantastica: ti invitano a partecipare ad un reality avvertendoti che non potrai usare il cellulare o il pc, e quindi internet, per un mese. Chi porteresti con te, pensando che non potresti fare a meno, anche solo per trenta giorni, di restare in contatto con la persona che indicherai come accompagnatore?

R.: Giorgio, il mio fidanzato! Però, mi scusi, siamo sempre lì….bisognerebbe chiedere a lui se fosse disposto a stare trenta giorni senza internet….