Il personaggio del mese di ottobre 2020: Sonia De Francesco, medico oculista ricercatrice alle Scotte di Siena, per curare e salvare i bambini dal retino blastoma. La rivista Oncology Times le ha conferito l’ “Award international exellence in oncology”. “Ogni volta che salvo un occhio – racconta la dottoressa che a 18 mesi le fu diagnosticato un retinoblastoma unilaterale all’occhio destro-è come se riprendessi un pezzettino del mio, che non c’è più!”

di Francesca Andruzzi

 

Sulla Dottoressa Sonia De Francesco, calabrese, ma da quindici anni in Toscana, dove lavora come medico oculista ricercatrice, per curare e salvare i bambini dal retinoblastoma, ci sarebbe molto da dire, compreso il fatto che ha ricevuto, proprio quest’anno, un importante riconoscimento internazionale. Ma ogni parola in più, rispetto a quanto ci ha raccontato nell’intervista che segue, rischierebbe di rovinare l’emozione che, certamente, travolgerà i nostri lettori. Le risposte della De Francesco rivelano l’assenza di timore nel mettersi a nudo. E quando si parla di eccellenze italiane, la De Francesco merita un posto d’onore, per la sua bravura e per la sua storia. Il medico adulto che oggi combatte, con forza e competenza, il retinoblastoma, è stata una bambina che ha sofferto per questa odiosa malattia. 

D.: Intanto cominciamo dalle sue origini. Dalla Calabria alla Toscana. Come e perché

R.: Sono arrivata con un treno notturno inseguendo un sogno, diventare oculista oncologo e curare i bambini, come me, con retinoblastoma. Avevo appena 18 mesi quando mi fu diagnosticato un retinoblastoma unilaterale all’occhio destro. Sono stata curata a Siena e ci sono tornata per poter dare agli altri la possibilità di rinascere, proprio come era stata data a me.

 

D.: Da quindici anni, dunque, svolge la professione di medico oculista e ricercatrice al Policlinico Le Scotte di Siena. Come sono i rapporti con i colleghi uomini? Esiste la parità di genere nel suo ambiente lavorativo?

R.: Personalmente posso dire di avere ottimi rapporti e pari opportunità.

 

D.: Ora appare superfluo chiederle perché abbia scelto la specializzazione in oculistica…

R.: Come dicevo prima, volevo curare i bambini affetti di retinoblastoma, ma soprattutto arrivare ad evitare loro l’enucleazione, la chemioterapia sistemica e la radioterapia esterna. Non potrò mai dimenticare le sofferenze fisiche e morali. Nella malattia ho capito che non volevo sopravvivere, ma vivere, che non potevo concedermi il lusso di camminare dietro al “problema” e nemmeno di sorpassarlo, poiché i segni fisici ed estetici non ti abbandonano mai. Almeno, però, camminare fianco a fianco … che dire … decisi di ‘allearmi’ con il nemico.

 

D.: Quest’anno ha ricevuto un riconoscimento importante a livello internazionale. La rivista Oncology Times le ha conferito l’ “Award international exellence in oncology”. Può spiegare ai nostri lettori di cosa si tratta?

R.: L’inizio dello scopo, terapie focali non sistemiche, niente effetti collaterali a breve e lungo termine, tempi di trattamento e guarigione rapidissime, niente enucleazioni e, soprattutto, niente invalidi!

 

D.: Da quel che si legge su di lei e dalle sue ricerche, emerge che i bambini e la loro salute le stanno particolarmente a cuore. E da quanto ha detto, si capisce il perché…

R.: Sì, è vero, e ogni volta che salvo un occhio è come se riprendessi un pezzettino del mio, che non c’è più!

 

D.: A proposito di difficoltà, inutile sottolineare quelle di questo 2020, soprattutto per chi, come lei, lavora in ospedale. Ma sentirle raccontare dalla voce di chi ha vissuto in prima persona e sul campo questa disastrosa pandemia può rendere maggiormente il senso del grande sacrificio cui alcune categorie sono state e sono tutt’ora sottoposte. C’è un episodio particolare che ha vissuto in questa emergenza e che ha segnato il suo animo? E qual è il suo parere sui prossimi sviluppi per il nostro Paese?

R.: L’oncologia oculare non si è mai fermata, con i tumori non si può perdere tempo, nemmeno al tempo del Covid. Molteplici gli episodi che non potrò mai dimenticare. Tra questi, una madre messicana che ha lasciato marito ed altri due figli nella propria nazione e senza paure e tanto coraggio è rimasta a Siena, non potendo tornare a casa, pur di dare al figlio la possibilità di salvare l’unico occhio rimastogli!

 

D.: Conciliare famiglia e lavoro per un medico ospedaliero è una gran fatica, per una donna medico ancor di più. Il suo segreto?

R.: Organizzazione! Sono madre di due gemelli, ma non è poi così dura conciliare lavoro e famiglia quando c’è un marito meraviglioso che supporta e sopporta!

 

D.: Torniamo agli occhi. Si dice siano lo specchio dell’anima. Da “tecnico”, è d’accordo? E quale consiglio può dare ai nostri lettori per mantenere questi preziosi organi sempre in salute?

R.: Gli occhi sono la nostra testa, le nostre gambe e le nostre braccia. Nulla è più prezioso a parer mio! Fate esaminare il fondo oculare dei vostri figli già alla nascita e, poi, periodicamente, perché la precocità della diagnosi è la nostra vera arma contro il retinoblastoma.

 

D.: Con gli occhi, tra l’altro, si legge. Quali le sue letture preferite?

R.: Un po’ pesantucce direi: Dostoevskij, “Delitto e Castigo”. L’avrò letto dieci volte. Il Giocatore … non a caso … “Il suo destino è segnato: Aleksej si trascinerà da un casinò all’altro, con qualche parentesi in prigione, e con la speranza, forse fatalmente illusoria, che «domani, domani tutto finirà»”.

 

D.: Cosa le manca della Calabria e di San Lucido, in particolare, il paese dove è nata?

R.: Direi tutto … ma il mare, tantissimo.

 

D.: In genere concludiamo le nostre interviste con una domanda fantastica. Se potesse incontrare un medico dei tempi passati, uno di quelli che hanno fatto storia, chi sarebbe e perché? E, soprattutto, cosa vorrebbe domandargli?

R.: Scelgo Carl Kupfer che, nel 1953, primo in assoluto, introdusse il trattamento conservativo degli occhi affetti da retinoblastoma. Già sapeva che sarebbero arrivati i nostri tempi e concludeva le sue letture magistrali così: “The battle is not over but the future holds many exciting possibilities.

Che dire … un Grande!