Il personaggio del mese di ottobre 2021 : Cesare Verdacchi , un avvocato romano di origini umbre (Paciano) che ama il rock. Cantante, musicista e compositore: prossima l’uscita del  suo singolo “As One”. Risiede a Città della Pieve , “un borgo magico, nel quale  – racconta- ho composto e compongo la mia musica, e che è per me fonte continua d’ispirazione”

 Di Francesca Andruzzi

 

Cesare Verdacchi è un avvocato romano che ama il rock. E lo ama a tal punto, da essere diventato un bravissimo cantante, musicista, compositore e interprete di questo genere musicale a dire il vero…intramontabile.Dalle sue risposte, emerge una personalità sensibile e nello stesso tempo decisa, come sa essere il rock. L’Umbria, la regione che lo ha adottato e che per lui è fonte di ispirazione artistica, sarà protagonista del prossimo videoclip che promuoverà il suo singolo, As One. Nella vita di Cesare Verdacchi un posto di prim’ordine deve avere avuto la famiglia; si comprende dalla passione che riserva alla professione legale e, in pari misura, alla musica, entrambe lo vedono “figlio d’arte”. Gli affetti, si sa, sono forza, equilibrio e Cesare Verdacchi, nonostante abbia avuto l’onore di suonare con il batterista dei Deep Purple, mantiene i piedi ben saldi in terra e lavora alacremente per mantenere alta l’attenzione sulla musica che è cultura.      

D.: Iniziamo dalla professione che esercita dal 2004, prevalentemente in ambito famiglia e minori: considerata la sua passione per la musica, cosa l’ha spinta, invece, a laurearsi in Giurisprudenza e, successivamente, a scegliere di diventare avvocato? 

R.: Provengo da una famiglia di avvocati. Entrambi i miei genitori lo sono (anche se, poi, mia madre scelse di lavorare nella pubblica amministrazione). Era avvocato mio nonno paterno ed erano avvocati quasi tutti i membri della famiglia materna. Una scelta, perciò, quasi scontata, ma voluta fortemente. Interpreto il mestiere di avvocato come una vera missione e mi appassiona ancora oggi, giorno dopo giorno.  

D.: Nato a Roma, risiede a Città delle Pieve. Come si trova e, soprattutto, perché ha scelto di vivere in Umbria? 

R.: La famiglia di mio padre è originaria di Paciano, in provincia di Perugia, e ho sempre amato l’Umbria, ove da bambino ho trascorso buona parte delle mie vacanze. Successivamente, una decina d’anni fa, decisi di comprare una casa nella zona e mi innamorai subito della Pieve, stregato dal suo Palio e dalla posizione geografica mozzafiato. Naturale, quindi, che proprio qui decidessi di risiedere.  Città della Pieve è un borgo magico, nel quale, peraltro, ho composto e compongo la mia musica, e che è per me fonte continua d’ispirazione.

D.: Quando inizia la sua passione per la musica rock? 

R.: I miei genitori ascoltavano tantissima musica e mi hanno cresciuto, si può dire, con una bellissima colonna sonora. Sicuramente fu determinante l’ascolto, ad undici anni, per mano di mio padre, dei Deep Purple: rimasi letteralmente folgorato da quei musicisti strepitosi; tant’è che, di lì a poco, iniziai a studiare la chitarra, prima la classica e poi, quasi subito in verità, l’elettrica. Più avanti, ho iniziato a prendere anche lezioni di canto. Tutt’ora continuo a studiare canto con un insegnante di eccezione, il Maestro tedesco Ralf Scheepers.   

D.: Suona la chitarra elettrica, quella acustica, quella a dodici corde, la slide guitar, il banjo, il banjitar…e canta! In inglese, naturalmente, considerato il genere musicale che preferisce. Può spiegare ai nostri lettori perché la lingua italiana non si presta al rock?  

R.: La scelta di scrivere in inglese è stata del tutto spontanea. I testi che sviluppo durante il processo compositivo mi vengono naturalmente così, in lingua inglese. Forse, perché, da sempre, ho ascoltato più musica straniera che italiana. Ma anche perché, almeno per il genere rock, la lingua inglese si presta più facilmente ad essere inserita nella musica. Se vogliamo, è anche una scelta funzionale. Ovvio, comunque, che sia la mia personale opinione, basata sull’esperienza. Ci sono numerose realtà rock italiane che cantano nella nostra lingua, con risultati strepitosi e io stesso sono un fan accanito di Edoardo Bennato. Diciamo che fino ad oggi è stato così, ma chissà, magari in futuro… scriverò anche testi in italiano. Con la musica, mai porsi limiti!

D.: Ha suonato anche con il batterista dei Deep Purple, nel 2009. Con quali altri personaggi e gruppi famosi ha avuto il piacere di esprimersi musicalmente?  

R.: La musica è anche ragione di incontro e di scambio, spesso inaspettato, con altri musicisti. In passato, ho avuto il piacere e la fortuna di aprire due concerti del tastierista Brian Auger (già con John McLaughlin, Rod Stewart, ma anche Zucchero e Mango). Ricordo, inoltre, con grandissimo piacere l’incontro, tutto improvvisato, con Bernardo Lanzetti (PFM), che vive anche lui in Umbria, e quello con il grandissimo Enzo Vita (Rovescio della Medaglia).    

D.: Oggi è arrivato il momento della pubblicazione del suo primo singolo, dal titolo As One e il videoclip sarà girato interamente in Umbria. L’ha definito una ballata rock, ispirata dal romanzo Cime Tempestose, di Emily Bronte. Può fornirci qualche anticipazione o è tutto… top secret?  

R.: As One è un brano nato a Città della Pieve e narra di una storia d’amore. Sinteticamente, senza magari spoilerare tutto: descrive la vicenda di un uomo che ha perso l’amata e non sa darsi pace, fino a quando lei, sotto forma di fantasma, lo verrà a trovare e… non aggiungo altro per ora! Ambientato in due diverse epoche, stiamo lavorando ad un video che accompagnerà l’uscita del brano, girato interamente in Umbria, nella zona del Trasimeno. Alla regia ci sarà Gianni Leacche, già regista in Rai ed autore di tanti splendidi film. Il brano è un duetto. Accanto alla mia voce potrete ascoltare quella della bravissima Kate Sale (in arte Hekate), che ha saputo interpretare il testo in maniera semplicemente straordinaria. Registrato a Roma, il singolo è stato mixato in Germania, agli RS Vocal Works. Se tutto va bene, singolo e video usciranno proprio a ottobre.   

D.: Ha dichiarato di amare e preferire le esibizioni “live”, dal vivo. Ritiene che l’adrenalina contribuisca a rendere migliore la performance o la presenza del pubblico è l’unico motivo che spinge un musicista a dare il meglio di sé?  

R.: Sicuramente la dimensione live è quella più coinvolgente e appagante per un musicista. Il contatto col pubblico aiuta infatti a dare il 110% e anche ad osare, improvvisando, e magari, perché no, stravolgendo le versioni originali dei brani, modificandone struttura, arrangiamento.  Ho sempre pensato, a maggior ragione nel rock, che il musicista si valuti soprattutto sul palco. E ho sempre cercato, proprio per questo, di vedere i miei beniamini live, per capire se quanto inciso sul disco corrispondesse a ciò che trasmettevano anche dal vivo.

D.: Questo periodo pandemico ha segnato un percorso doloroso non solo sul piano sanitario, ma anche economico e per molte categorie di lavoratori. Lei, tra avvocatura e spettacolo, ha scelto, in tempi non sospetti, proprio due strade professionali tra le più colpite. Come ha reagito? E può confermare, comunque, che, al di là delle perdite in termini di reddito, il suo lato artistico ha conosciuto maggior creatività, come dichiarato da molti suoi colleghi?   

R.: Il Covid ha messo in ginocchio l’Italia e, a mio parere, le conseguenze e gli strascichi della pandemia, che è tutt’ora in corso, peseranno per molti anni ancora. La musica e le forme d’arte e spettacolo sono, senz’altro, state massacrate, anche in virtù di una visione culturalmente molto miope di chi ci governa ed ha governato. Un problema antico del nostro Paese, che sulla cultura investe poco e crede poco. Speriamo che quanto accaduto serva da monito e sia di lezione alla politica, per giungere ad un cambiamento di rotta in tal senso; anche se le premesse non sono incoraggianti. Ovviamente parlo, di politica centrale, statale, ché a livello locale, spesso, le piccole amministrazioni hanno cercato di venire incontro alle istanze della cultura. Qui, nel territorio del Trasimeno, ad esempio, quest’estate ho potuto assistere e partecipare a numerosi eventi culturali organizzati dalle amministrazioni locali con encomiabili sforzi. E per rispondere alla ulteriore domanda: sì, è vero, anche io ho notato una maggiore spinta creativa e compositiva.  

D.: Progetti per il futuro, dopo As One 

R.: Tanti! Attualmente sono in studio di registrazione. Infatti, più o meno contemporaneamente a As One, farò uscire un altro singolo. Seguiranno altri due singoli entro la fine di quest’anno, uno dei quali molto, molto rock. L’altro accompagnato da un videoclip al quale prenderà parte un bravissimo attore, ma non voglio fare nomi, per ora… Ovviamente, riprenderò anche l’attività live.   

D.: Si ricorda la famosa distinzione di Adriano Celentano tra ciò che è rock e ciò che è lento? Ebbene, quando torneremo ad una vita, si spera presto, cosiddetta normale…saremo più rock o più lenti

R.: Bella domanda! Ma difficile dare una risposta. Prima di tutto, non credo che torneremo tanto presto alla vita ‘normale’. Spero, però, che ci sia in molti di noi una sana voglia di rinascita e di rivincita, che, sicuramente, se ben gestita ed incanalata nella corretta direzione, potrà farci uscire bene dall’abisso nel quale siamo precipitati. Sicuramente, un ruolo importante potranno e dovranno esercitare gli esponenti del mondo della cultura, della musica in primis, perché se è vero che dove c’è musica – parafrasando Cervantes – nulla può esserci di cattivo, allora avremo bisogno di più musica e, in generale, di più cultura.  Io, certamente, farò di tutto per essere più rock, anzi… super rock!