La scatola dei ricordi: il racconto della domenica di Patrizia Patrizi  

Tutti al mare!

Fin dai primi anni ’60, moltissime famiglie della provincia senese, si spostavano al mare sulla costa tirrenica. I cetonesi amavano andare a Follonica. I miei genitori mi hanno portato al mare dagli 11 mesi di vita fino ai 25 anni!!!   Il mese “del mare” da noi preferito era agosto, anche se qualche volta andavamo da metà luglio fino i primi di settembre.Quanto mi piaceva andare a Follonica!  Mi ricordo l’agitazione e la contentezza della mattina di partenza; ci svegliavamo prestissimo per caricare la macchina con tutte le cose che sarebbero servite per la nostra lunga vacanza. La mamma si era data da fare per giorni a preparare tutto, e il babbo aveva controllato più volte la nostra Ford Anglia. Portavamo via di tutto e  di più: oltre ai vestiti, agli asciugamani, ai costumi da bagno, alle varie ciabatte e sandalini, ai giochi, all’ombrellone e alle sdraio, al libro dei compiti estivi ( che non facevamo mai), anche molte cibarie. Alla casa del mare non potevano certo mancare il nostro olio, il nostro vino, le nostre uova, il nostro aceto e persino i ciambelloni della nonna (che poi diventavano secchi).  Prima di salire in macchina, io e mia sorella salutavamo i nonni sapendo con certezza che, oltre al bacino, ci davano i soldini per i gelati. Sorridevamo contente e li riponevamo nei nostri borsellini fatti di perline colorate. Ricordo che questa abitudine è durata per tutti gli anni che siamo andate al mare, così come ricordo di non aver mai sostituito quel borsellino con un altro.  La partenza da Cetona avveniva alle otto del mattino; la macchina, stracarica, si avviava lungo la strada che avrebbe portato a Follonica. Ci volevano molte ore prima di arrivare, a quei tempi; a Sarteano facevamo la prima fermata, io avevo già la nausea, mi faceva male la macchina!  Per un po’ di anni siamo passati per i paesi sotto l’Amiata, erano tutte curve…stavo malissimo! La mia sorellina, invece, dormiva per tutto il viaggio. A volte mi faceva pure rabbia!   Una volta il babbo scese me e la mamma affinché camminassimo, in modo da placare il mio mal di stomaco; lui ci seguiva con la macchina dietro. Fu durante una di queste camminate che, lungo la strada vecchia per Abbadia San Salvatore, vedemmo, dopo una curva, qualcuno buttare dalla strada giù per un dirupo, quello che ci sembrò un uomo. Che spavento! Il babbo urlò di fermarci; scese dalla macchina, impaurito, e si diresse verso il luogo, dove sembrava accadesse una cosa terribile. Passarono due minuti che sentimmo gridare: “ via di lì!” da qualcuno nascosto dietro ai cespugli sul lato opposto della strada. Sbucarono fuori una decina di persone, alcune delle quali munite di macchine da presa e fotografiche. Capimmo che stavano girando un film; quello che avevano buttato di sotto era un manichino vestito “alla western”. Che sollievo! E che risate poi! C’era stata una sfida…all’ok val d’Orcia anziché Corral! ( come disse il babbo ricordando il famoso film). Mia sorella non si era accorta di nulla, dormiva. Era davvero un’avventura andare a Follonica a quei tempi! Per tenermi su di morale e distogliermi dalla nausea, il babbo, già a Sant’Angelo in Colle, cominciava a dire: “adesso si vede il mare, sta attenta che ora si vede…guarda, guarda…” .   Dopo vari salatini per tamponare lo stomaco e varie fermate, arrivavamo a Paganico; poco prima, sulla strada diritta, c’erano una chiesina con un campanile che si vedeva da lontano, tre case e una trattoria. Lì il babbo fermava la macchina e facevamo uno spuntino a base di panini con prosciutto e salame che io mangiavo avidamente. Poi, sull’Aurelia, finalmente, la gioia, per lo stomaco a posto e per l’imminente arrivo a destinazione, prendeva il posto di tutti i lamenti e il piagnucolio fatti fino ad allora.Per gli ultimi chilometri ero cosi impaziente di arrivare, che non sopportavo il babbo si fermasse all’orto del padrone della casa, appena prima dell’ingresso nella cittadina, per salutarlo e dirgli “eccoci!” . Si chiamava Cristoforo, sua moglie Domitilla; erano come due nonni per me: per tanti anni sono stati i nonni del mare. Mi hanno visto crescere e negli anni successivi condivisero la preoccupazione con la mamma, per le mie “avventure” estive…ma per queste, forse, ci saranno altri racconti… Arrivati a Senzuno, quartiere di Follonica con la pineta e la spiaggia, dove si trovava la nostra abitazione, ricordo che salivo in casa di corsa, mettevo il costume da bagno e via di corsa in mare. Il babbo si tratteneva solo per i fine settimana, dal lunedì al venerdì c’era la mamma con noi, anche se io e mia sorella trascorrevamo tutto il giorno in spiaggia, dentro l’acqua e in pineta con gli amici a giocare e a chiacchierare. Rientravamo in casa per cena e dopo di nuovo fuori per andare a prendere il gelato dal Pagni, (famosissima gelateria dove si faceva la fila anche per mezz’ora prima di entrare) o per andare a pattinare al parco dei divertimenti. Ricordo che, i primi anni, ritrovavamo altri cetonesi a Follonica; ho l’immagine della mamma che passeggia su e giù per il bagnasciuga con le sue amiche di sempre, e io che gioco con i miei amici…di sempre. Poi conoscemmo altri bambini così come in seguito altri ragazzi e la cerchia di amici si fece via via più grande. Per un mese, e più, era solo allegria e divertimento; i giorni della settimana scorrevano veloci e felici; il sabato mattina aspettavamo, con trepidazione, il babbo che arrivava da Cetona, puntualmente per le dieci e mezzo; lui faceva molto prima viaggiando da solo!Ogni sabato, per pranzo, mangiavamo il cacciucco che prendevamo alla rosticceria di fronte alla casa, ci piaceva tantissimo. Con gli anni diventò una tradizione, il menù fisso del sabato al mare. La domenica mattina si partiva per Punta Ala; a quei tempi era solitaria e bellissima, poco organizzata e con la spiaggia piena di pigne. Quelle erano le domeniche più familiari che ricordo; nel senso che stavamo solo noi quattro tutto il giorno insieme, a giocare, a fare le foto con la polaroid, a fare il bagno io, mia sorella e il babbo, mentre la mamma non si bagnava mai più delle gambe, ma stava lì vicino a noi.Ricordo la coperta verde a quadri con le righe nere e bianche dove ci mettevamo seduti mentre mangiavamo i panini, la pizza e i bomboloni. Nella stessa coperta, dopo, facevamo un pisolino,in attesa delle 16.30, ora in cui era permesso fare il bagno. Alle sette di sera si rientrava a Follonica. “Lessi” per il sole e il mare, facevamo la conta per chi sarebbe stato il primo a farsi la doccia. Unica sera, quella della domenica,in cui non si usciva, il letto era più allettante del gelato. Il lunedì mattina, il babbo ripartiva per Cetona; scendeva sempre una lacrima sulle mie guance quando lui saliva in macchina, anche se, appena si allontanava, giravo in direzione opposta e correvo alla spiaggia trepidante per un altro giorno pieno di allegria e spensieratezza.  Passavano così veloci i giorni! Già al 20 del mese ci prendeva un po’ di tristezza, al pensiero che la fine del mese era vicina! Ricordo che, per qualche anno, abbiamo prolungato la nostra permanenza al mare anche nei dieci giorni di settembre. Questo perché dovevamo recuperare: non era insolito che, dopo il 15 agosto, piovesse per tre o quattro giorni costringendoci a stare in casa. Alle nostre proteste, allora il babbo decideva di farci rimanere a Follonica ancora per un po’, anche se questo spesso significava stare da soli, senza amici, poiché tutti rientravano al paese il giorno 31; ma c’erano il mare, la spiaggia e la pineta, i gelati dal Pagni e il parco divertimenti e anche qualche nuovo amico follonichese o dei paesi vicino, eravamo felici lo stesso!