Montepulciano: circa 400 ragazzi dei licei poliziani hanno ascoltato, in religioso silenzio, il messaggio del coraggioso “Capitano Ultimo”, oggi Colonnello dei Carabinieri Forestali, che nel secolo scorso con i suoi uomini catturò il boss dei boss della Mafia, Totò Riina. “Controllare e stimolare l’operato dei vostri rappresentanti – ha detto il Capitano al quale hanno tolto la scorta sostenendo  erroneamente che non corre più alcun pericolo – affinché essi non pensino di esercitare il potere, ma prendano coscienza di essere al vostro servizio”

Di Francesca Andruzzi

“Controllare e stimolare l’operato dei vostri rappresentanti affinché essi non pensino di esercitare il potere, ma prendano coscienza di essere al vostro servizio”. Questo, in estrema sintesi, il messaggio forte e coraggioso del Capitano Ultimo, al secolo Sergio De Caprio, il valoroso Ufficiale dei Carabinieri che organizzò e portò a termine la cattura di Totò Riina, “il capo dei capi” di Cosa Nostra, il sanguinario corleonese che, con la sua ascesa al potere mafioso, determinò gli anni più oscuri per il nostro Paese. Il giorno in cui la fiera sanguinaria fu assicurata alla giustizia da questo ‘Eroe nazionale’, molti dei quasi quattrocento, tra ragazze e ragazzi, presenti a Montepulciano stamattina, neanche erano nati. Per loro si tratta di storia del secolo scorso, il secolo degli omicidi, delle stragi, delle bombe, degli acidi che non risparmiarono neppure i bambini. Il secolo scorso, quello che vide la morte, per mano della mafia, del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa – ricordato da “Ultimo” come il suo maestro di strategia investigativa – di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i Magistrati, anch’essi servitori dello Stato, dallo stesso Stato lasciati soli, come solo è oggi, in questo secolo, il Capitano Ultimo. Forse sarebbe stato più giusto che i giovani avessero assistito alla celebrazione dell’Eroe nazionale, anziché prendere atto della solitudine istituzionale in cui versa l’Eroe . Citano Foscolo e Brecht gli altrettanto coraggiosi organizzatori dell’incontro, l’Avvocato Simona Giovagnola, Presidente della Fondazione Torrita Cultura, il Dirigente scolastico Marco Mosconi, i Sindaci di Montepulciano e Torrita di Siena, Michele Angiolini e Giacomo Grazi. Sì, ci sarà sicuramente un giudice a Berlino anche per il Capitano Ultimo, un giorno o l’altro. Nell’attesa, però, lui riesce a catturare l’attenzione del giovane pubblico che lo segue estasiato e attento, sintomo che le sue parole smuovono le coscienze.  Incita, sollecitato dalle domande del giornalista Pino Di Blasio de La Nazione, a controllare e spronare gli amministratori pubblici, a non lasciare deleghe in bianco a chi governa il Paese, a tutti i livelli. Stimola alla fratellanza, al mutuo soccorso, ad essere come le dita di una mano, tutte insieme fanno un pugno, come gli disse il capo Apache, che segnò l’inizio della passione di “Ultimo” per i falchi e le aquile. Ricorda ai giovani presenti l’unione degli italiani nel dopoguerra e prima ancora quella dei primi cristiani, sotto lo sguardo compiaciuto del Vescovo Stefano Manetti, i quali in nome di un Uomo – che si creda o meno essere figlio di Dio, comunque un vero Uomo – proprio grazie all’unione, segnarono la fine di un sistema il cui motto era, al contrario, divide et impera. E allora la solitudine istituzione del Capitano Ultimo viene spazzata via dai quasi mille occhi che lo guardano, anzi lo fissano, riconoscendo in lui quello stimolo, quella spinta di cui tutti hanno bisogno per andare avanti, per diventare migliori. I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere, diceva Plutarco, e stamani, a Montepulciano, è divampato un incendio, molto più grande, molto più intenso di quello che avrebbe prodotto, in questi giovani, la visione di “Ultimo” (come sarebbe stato più che giusto) portato in trionfo da uno Stato che molto gli deve e che sembra aver dimenticato il suo eroe, arrivando a negargli una scorta, sull’erroneo presupposto che egli non corra più pericoli. Erroneo, perché anche i bambini sanno che quando le mafie emettono condanna, il loro agire non conosce limite di tempo. Oggi è così: la scorta del Capitano Ultimo è fatta di volontari e delle coscienze di questi ragazzi che, oggi, sono tornati a casa diversi, accesi.

Non è vero che le sentenze non possono essere criticate. Quando la critica è costruttiva, possono essere criticate, eccome. Devono essere eseguite, su questo non c’è dubbio. Ma il nostro ordinamento permette ancora che esse possano essere riformate. Aspettiamo, allora, con pazienza, gli esiti del riesame. Nel frattempo, il Capitano Ultimo sa di poter contare sul “popolo”, quel popolo che egli stesso ha citato più volte, per ricordare a chi appartenga la sovranità. E mentre “Ultimo” parlava, con il volto semicoperto, una croce al collo e una penna di aquila sulla spalla, le sue parole ricordavano quelle del Santo patrono d’Italia, che, già nel 1200, ricordava “a coloro che sono costituiti in autorità sopra agli altri”, che se essi si sentissero più che chiamati a lavare i piedi ai loro fratelli, la loro anima sarebbe in grave pericolo. Nulla è, in confronto, il pericolo che corre ogni giorno, da decenni, questo coraggioso servitore dello Stato, Ultimo di nome, Primo di fatto.