Siena: Pd provinciale, “il  ‘Codice Rosso’ non basta contro la violenza sulle donne. Il governo giallo-verde punta sulla centralità della punizione anziché sulla prevenzione e ci regala una norma vuota di chiara impronta populista”

“Dopo l’approvazione del Senato, il disegno di legge di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere diventerà effettivo con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Titoli trionfali sui quotidiani “giustizia più rapida per le donne” le parole dei politici sostenitori del testo di legge “soldi perché le donne non siano ostaggi, contro i maschi aggressivi non bastano le leggi” ma c’è da chiedersi se sia davvero così. Prima di entrare più nel merito del dettato legislativo, va ricordato che a presentare questo disegno di legge è un Governo a guida Lega-M5S, la stessa maggioranza che ha incardinato il testo del Senatore leghista Pillon sull’affido condiviso, un provvedimento maschilista e reazionario che colpisce le donne più deboli, non guarda all’interesse preminente del minore e che rischia di intrappolarle in relazioni violente, mettendo a repentaglio la loro incolumità e quella dei figli. Da diverse fonti e soprattutto dalle voci delle professioniste della Rete Di.Re, la Rete dei Centri Antiviolenza emerge che il testo è stato blindato in Senato senza dare voce alle critiche presentate in audizione dalle esperte; del resto non sono state accolte nemmeno le osservazioni proposte dalle Commissione del CSM sul termine definito troppo rigido dei 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, entro i quali il Pubblico Ministero deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato. Vi è il timore che tale previsione legislativa rischi di creare un inutile disagio psicologico alla vittima e un appesantimento difficilmente gestibile per gli uffici giudiziari e le forze di polizia. Inoltre, permane la possibilità di delega alla polizia giudiziaria e, a causa della carenza di organico nelle Procure, le donne saranno sentite da Carabinieri e Polizia. Il testo di legge affronta il tema della violenza maschile contro le donne in termini securitari e repressivi, cavalcando l’emotività popolare e come al solito agitando lo spettro delle pene più severe come l’unica risposta possibile e la più efficace. Ed ancora, a giudizio della Rete Di.Re, la rete dei Centri Antiviolenza, non sono previsti interventi per accorciare i tempi del processo penale che in media dura 7/8 anni e quelli della sentenza definitiva che può arrivare dopo 10 anni. Servirebbe invece, mettere in campo interventi integrati ed a più livelli allontanando le donne dagli uomini violenti insieme ai figli, sostenendole nei percorsi di ricerca del lavoro e di autonomia economica.La legge prevede aumenti dei fondi per la prevenzione ma è necessario verificare l’assegnazione a tutte le Regioni valorizzando il lavoro portato avanti dai centri antiviolenza e che la previsione degli investimenti per la formazione delle Forze dell’Ordine e del personale giudiziario siano stabili nel tempo. E di tutto questo non vi è alcuna certezza quindi niente più che una buona intenzione per il futuro, un auspicio populista e demagogico.Unici elementi di novità l’introduzione del reato di revengeporn (già presentato mesi fa dalle forze di sinistra e bocciato allora per poi riappropriarsene qui per ostentarne un percorso autonomo e innovativo), il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, la deformazione degli dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, la costrizione e induzione al matrimonio.Una delle parole chiave della legge è però “l’invarianza finanziaria”, ci chiediamo allora, come lavorare nella direzione più efficace e proficua per le donne vittime? Il nulla su risorse, organici, specializzazioni, troppo poco per promuovere la Ministra leghista Bongiorno a difensora delle donne, anch’essa in piena sintonia con chi assegna i ruoli e complice della chiara impronta maschile che porta dentro di sé questo provvedimento. Troppo modesto e banale l’elenco delle norme previste per parlare di “rivoluzione”; una ennesima legge-manifesto vuota se non dannosa che lascia le donne ancora più sole”.