Toscana :Coronavirus, filtro in aeroporto. Rossi: “Funziona, ma servono i dati di tutta Italia”. Sono stati aperti gli sportelli d’accoglienza: sabato a Pisa e domenica a Firenze. Rossi propone anche “di lanciare una campagna di screening sierologico e con tamponi molecolari, a campione e su base volontaria, nei luoghi dove la movida ha una maggiore rilevanza”
di Walter Fortini
Controlli sui voli in arrivo dall’Albania e dal Marocco: per raccogliere le autocertificazioni che ciascun passeggero dovrebbe compilare prima di partire, farle riempire se uno ne è sprovvisto, inserire i dati in un database e informare ciascuno che per quattordici giorni se ne dovrà stare isolato a casa, in sorveglianza attiva, al domicilio toscano indicato. Gli sportelli di accoglienza delle Asl voluti dal presidente Enrico Rossi, con obbligo di quarantena per chiunque sbarchi da voli che provengono da fuori Europa – anzi, più precisamente per chi arriva da fuori l’area Schengen – a Pisa sono stati tenuti a battesimo sabato e a Firenze ieri. Una misura decisa dopo l’esplosione di focolai di origine straniera, che si è registrata negli ultimi giorni. Su cinquantadue nuovi casi Covid-19 riscontrati nella settimana, ben trentuno riguardano infatti stranieri e di questi ventisette sono per l’appunto albanesi. Il problema non si ferma solo agli scali toscani. “Il filtro che abbiamo predisposto funziona: consentirà di monitorare lo stato di salute di arriva” commenta Rossi. Chi arriva nella regione potrebbe però atterrare altrove. Per questo il presidente toscano ha scritto una lettera ai ministri dell’Interno e della Salute. Intanto però in Toscana ci si è attrezzati. E il bilancio dei primi tre giorni è positivo. Un po’ di fila all’arrivo del primo volo forse, un vettore abbastanza affollato, una novantina di persone a bordo, atterrato sabato a Pisa da Tirana. Ma poi nessun intoppo: neppure con chi, anziano, magari non parla molto bene l’italiano. Gli operatori possono contare infatti su un’interprete al telefono e così anche l’eventuale barriera linguistica viene facilmente superata. A Firenze atterrano tre voli a settimana che partono dall’Albania, tutti da Tirana. Arrivano sempre la mattina alle 8.40. Il check-point fiorentino, gestito dalla Asl Centro con l’intervento dei volontari della Misericordia, ha filtrato per adesso i primi due aerei giunti – il primo ieri e il secondo oggi – mentre il terzo è atteso per venerdì. In teoria i passeggeri dovrebbero salire a bordo già con il questionario compilato. In realtà pochi lo fanno o comunque non sono in grado di esibirlo quando all’arrivo viene loro richiesto. Così gli viene fatto riempire sul posto, vengono informati degli obblighi che hanno di starsene in isolamento per quattordici giorni e tutti i dati, in tempo reale, vengono caricati su una piattaforma informatica.Fino a poco tempo fa la media di sbarchi era di 350-400 persone a settimana. I primi numeri dopo i controlli e l’obbligo di quarantena segnano però una battuta di arresto, almeno temporanea: solo una quarantina erano i passeggeri arrivati ieri, ancora meno (appena ventitré) oggi. Chi entra deve essere naturalmente residente od avere comprovati motivi di lavoro, studio o salute per recarsi in Toscana.La situazione non è molto diversa a Pisa, dove i numeri degli arrivi sono però maggiori. Nello scalo Galilei atterrano infatti dieci voli a settimana provenienti dall’Albania e due dal Marocco: di fatto almeno uno al giorno. Chi giunge dal paese africano ha quasi sempre il questionario già pronto e compilato, non altrettanto può dirsi invece per chi proviene dall’area balcanica. Di aerei ne sono atterrati sabato, quando lo sportello di accoglienza è stato tenuto a battesimo, ben quattro: tutti provenienti da Tirana, un po’ meno di duecentocinquanta i passeggeri complessivamente. Ieri un altro volo albanese ed oggi invece da Casablanca, con oltre centodieci persone a bordo solo in quest’ultimo. Ci sono persone che vengono a trovare i figli che vivono in Toscana o che tornano a lavoro dopo essere state a trovare i parenti nel proprio paese di origine, studenti, imprenditori italiani anche con aziende all’estero o familiari che si sono messi in viaggio per partecipare ad un funerale. Tutti costretti a starsene per quattordici giorni in isolamento. Ma è l’unico strumento a disposizione per contenere il rischio di contagi. Intanto annunciata ieri, la lettera del presidente Rossi nel pomeriggio di oggi è partita. Destinari: i ministri dell’Interno Lamorgese e della Salute Speranza. Obiettivo: ridurre il rischio di nuovo focolai Covid-19 innescati da chi giunge da Paesi extra-Ue o extra-Schengen e dai loro successivi contatti. Il problema è quello dell’autodichiarazione che ogni passeggero dovrebbe compilare, indicando il proprio stato di salute e il domicilio (oltre ad un contatto telefonico) dove effettuare i quattordici giorni di isolamento fiduciario. Non tutti lo fanno. Non velocemente quei dati vengono registrati sulla piattaforma informatica, in modo da programmare monitoraggio, test diagnostici specifici e indagine epidemiologica. Ogni giorni, secondo i dati in possesso della Regione, tra gli aeroporti di Firenze e Pisa atterrerebbero circa quattrocento persone provenienti da Paesi extra-Ue. Soggetti che non si registrano nel sito regionale. E poi c’è chi atterra altrove in Italia (e poi magari si sposta in Toscana) o che fa scalo in area Schengen. Così Rossi propone ai ministri due soluzioni: obbligo di compilare l’autocertificazione al momento dell’acquisto del biglietto aereo o comunque prima della imbarco. Così fanno ad esempio nel Regno Unito e in questo modo all’arrivo potrebbe scattare in automatico la sorveglianza sanitaria e ogni Regione avrebbe immediata notizia di tutti i viaggiatori che entrano sul proprio territorio. Oppure, seconda soluzione, il controllo del passaporto per chi arriva in Italia da Paesi extra-Ue facendo scalo in Paesi di area Schengen. In questo caso chiaramente diventa fondamentale la collaborazione delle forze di polizia aerea. Oltre ai voli extra Ue Rossi individua anche un altro fronte da aggredire: quello della movida estiva, su cui impegnare le forze per contrastare il rischio di una ripresa dei contagi. Il caso della Spagna e in particolare della costa catalana, ma anche i più recenti casi in Italia, dimostrerebbero una relazione forte tra nuovi focolai, vita notturna – dove le distanze e le precauzioni sono più difficili da mettere in pratica- ed abbassamento dell’età media dei positivi. “L’idea – spiega Rossi – è dunque quella di lanciare una campagna di screening sierologico e con tamponi molecolari, a campione e su base volontaria, nei luoghi dove la movida ha una maggiore rilevanza”. Il presidente pensa prima di tutto, visto che siamo in estate, alle città di mare e balneari e alle città d’arte”.