Il personaggio del mese di dicembre 2019: Marilisa Cuccia, un’amante dell’arte e della natura. La positività e l’energia nella gioia di vivere sono le caratteristiche che la contraddistinguono, nonostante abbia avuto anche alcuni momenti meno felici nella sua vita. Una energia, la sua, rilasciata anche dall’Abbazia di Spineto a Sarteano che lei e il suo compagno hanno riportato a nuova vita. Impegnata molto nel sociale, è vice Presidente dell’“Istituto di valorizzazione delle Abbazie storiche toscane”

Di Giulia Benocci

“Ora, lege et labora” recitava la regola benedettina che invitava i monaci non solo a pregare, ma anche a studiare e lavorare, per comprendere meglio l’uomo come entità e singolo e il gruppo per costruire un processo virtuoso con le attività svolte. Probabilmente è proprio l’energia rilasciata dall’imponente Abbazia di Spineto, per secoli dimora di monaci dell’ordine di San Benedetto, che ha spinto Marilisa Cuccia e il suo compagno, quando nel 1989 hanno acquistato l’antico monastero, a riportarlo a nuova vita, un paradiso terrestre immerso nel verde della campagna Toscana, facendolo tornare un importante luogo non solo di studio e cultura, ma anche di una fiorente vita agricola, e proprio come succedeva al tempo dei monaci fonte di lavoro per molte famiglie. “Fu un innamoramento improvviso e capimmo che era il momento di cambiare vita, a volte si hanno questi colpi di fulmine, ed io sono convinta che sono più i luoghi a scegliere che noi i luoghi – ha dichiarato la signora Cuccia durante l’intervista – . Abbiamo trovato qui un energia particolare che ci ha veramente stregato, la cosa curiosa è che entrambi abbiamo avuto questo colpo di fulmine ed abbiamo capito che qui sarebbe stato il nostro luogo dell’anima”. Marilisa Cuccia è una gentile e distinta signora che ormai da 30 anni risiede all’Abbazia. Padovana di nascita e sarteanese di adozione, è un’amante della natura e dell’arte, con un background da interior designer; proprio l’unione tra la prima e la seconda parte della sua vita le hanno permesso di realizzare molti dei suoi progetti. Infatti è molto impegnata in iniziative dal grande interesse culturale e sociale: tra cui quello di essere scelta come una delle tre dimore che esistono in tutta Italia per ospitare il progetto “Speak in Italy”, un campus di perfezionamento dell’inglese in 8 giorni con docenti madrelingua, in cui gli studenti conversano solo in inglese per l’intera durata del soggiorno. Cuccia per facilitare il compito ai suoi ospiti parla con loro con un inglese fluente dedicandosi al progetto con entusiasmo e passione, tanto che gli organizzatori  hanno previsto una suo tour all’interno della struttura durante il quale racconta episodi e storie legate all’antico monastero e alle opere che ha collezionato nell’arco di una vita, come lo si farebbe con degli amici e non studenti o ospiti di una struttura ricettiva ed è proprio la sua energia e il suo positivismo che la contraddistinguono. 

D: Nel 1989 insieme al suo compagno ha deciso di trasferirsi in Toscana, acquistare e ristrutturare l’Abbazia di Spineto. Cosa vi ha spinto? E al livello emozionale, quale fu la vostra prima impressione?

R: La storia con l’Abbazia di Spineto inizia nell’89, quando con il mio compagno l’abbiamo scoperta per caso; allora era trascurata ed in condizioni veramente di abbandono. Gli ex proprietari erano un imprenditore romano, l’Ingegner Palmieri, che aveva venduto ad una persona che era più interessata ad un investimento immobiliare piuttosto che alla meraviglia di questo posto. Questa persona non aveva fatto in tempo a fare molto, perché quando siamo arrivati noi aveva comprato da poco; poi siamo arrivati subito noi, con l’idea di convertire l’Abbazia nella nostra casa, ma soprattutto in  una grande dimora da aprire al pubblico. Fu un innamoramento improvviso e capimmo che era il momento di cambiare vita. A volte si hanno questi colpi di fulmine ed io sono convinta che sono più i luoghi a scegliere che noi i luoghi. Abbiamo trovato qui un energia particolare che ci ha veramente stregato, la cosa curiosa è che entrambi abbiamo avuto questo colpo di fulmine ed abbiamo capito che qui sarebbe stato il nostro luogo dell’anima. Quindi in mezza giornata abbiamo capito che avremmo cambiato totalmente la nostra vita e quindi ci siamo impegnati anche mentalmente in questa grossa sfida. Si trattava di un grosso investimento, non solo dal punto di vista economico ma anche in termini mentali e di energie fisiche. Avevo 30 anni di meno e quindi era già una situazione più fattibile e poi abbiamo capito che dovevamo cercare di ridare una nuova vita a questa struttura, ma rispettando la sua vita passata perché era stata un’Abbazia Vallombrosana, e si sa che i monaci benedettini avevano molteplici attività , dall’accoglienza, allo studio e copiatura di testi sacri, all’agricoltura. I monaci da un luogo pieno di rovi e gli spini, da cui prende il nome Spineto, che ricoprivano questo luogo, lo trasformarono in una sorta di oasi; avevano creato un feudo religioso, in cui davano anche lavoro a molte famiglie.

D: Nata e cresciuta a Padova, ma quali sono le sue origini?

R: Io sono nata a Padova ed ho fatto lì tutti i miei studi, perché mio padre per motivi professionali doveva stare a Padova. La mia famiglia però, è per metà di origine greco-albanese, che ha fondato Piana degli Albanesi in Sicilia, insieme ad un gruppo di esuli, allora si chiamavano esuli non immigrati  che fuggivano dai turchi quando ci fu l’occupazione. Per metà sono romana da parte di madre.

D: Prima di trasferirsi in Toscana era una interior designer, a Padova e a Milano, ci racconti quella parte della sua vita.

R: Io mi sono dedicata per la prima metà della mia vita professionale all’interior design ed ho avuto modo di frequentare il periodo più felice del design italiano, gli anni d’oro; ho avuto modo di frequentare l’Europa con tutto il suo contributo al design, soprattutto dei Paesi Scandinavi, per cui sono molto legata anche a quei periodi molto interessanti. Poi in seguito ad un gravissimo incidente di macchina , mi sono dovuta fermare, e quindi il fatto di scoprire in un momento in cui ero ferma questo luogo è stato per me uno stimolo interiore a riprendere un’attività che era una sfida. Arredare interni era ciò che avevo sempre fatto ed ho cominciato a pensare a come rendere questo posto non solo adatto come nostra dimora, ma anche per far stare bene gli ospiti che venivano qui. Quindi c’è stato anche questo aspetto ulteriore che in fondo si è legato in qualche modo alla mia vita precedente.

D: Pensa che questo incidente, sia stato una forma di segno del destino per farla venire qua nell’Abbazia di Spineto?

R: Non succede mai niente per caso, o quanto meno diciamo che è bello tradurre in positivo qualcosa che ci colpisce e che può essere considerato un male. Io credo sempre nella possibilità di convertire qualcosa di brutto in qualcosa di buono.

D: Parliamo del progetto “Speak in Italy”, ormai ha aderito da anni, è una delle tre località in tutta Italia: le altre due sono in Puglia e Piemonte. Chi vuole imparare l’inglese può farlo qui, in mezzo alla natura in 8 giorni con docenti madrelingua. Come è venuta a conoscenza del progetto e come mai ha deciso di portarlo anche nella sua struttura?

R: Nella struttura ,dopo il restauro, abbiamo scoperto che ci sono 11 poderi dislocati nella proprietà, un po’ come succede nei Campus universitari, così per questo abbiamo chiamato “Progetto Campus” il nostro restauro. Data la struttura e l’idea che fosse una casa aperta, tre anni fa ho deciso di aderire ad un nuovo progetto, “Speak in Italy”. Il progetto è organizzato da 3 persone, madrelingua inglese che erano docenti e che hanno pensato di realizzare un programma dedicato al perfezionamento della lingua. Sono state scelte 3 strutture in Italia, una in Piemonte, una in Puglia ed una è proprio Spineto. Hanno tutte e 3 delle cose in comune, per esempio sono tutti edifici storici. Il corso dura 8 giorno ed è frequentato da persone che conoscono già l’inglese ma hanno bisogno di migliorarlo. Per questo l’unico metodo è parlare, non ci sono lezioni frontali ma conversazioni “one to one” con madrelingua provenienti da ogni continente per far abituare lo ‘studente’ ad ogni tipo di accento. È una settimana in full immersion perché parlano costantemente inglese da quando arrivano fino alla fine. Pure noi comunichiamo in inglese per facilitarli e vediamo che le persone rimangono soddisfatte. Gli ‘anglos’, chiamiamo così i docenti, stabiliscono un rapporto simpatico con gli studenti, e quindi diventa anche un’esperienza di vita accanto alla natura.

D: È mai capitato che qualcuno volesse ripetere l’esperienza?

R: Sì, c’è qualcuno che ha  in programma di tornare e qualcuno che è tornato. E’ molto bello, si stabilisce un rapporto amichevole, “friendly” per dirlo in inglese ed è molto bello, un’esperienza piacevole.

D:Mi racconti alcune esperienze del progetto. Gli studenti parlano veramente perfettamente inglese quando escono ? Si potrebbe dire che ha trovato la formula perfetta: serenità e studio intensivo, sono un ottimo incentivo per apprendere meglio?

R: Non è merito nostro, il merito è di chi ha organizzato questo progetto, al quale però noi dedichiamo molto entusiasmo e passione. Per esempio le persone mostrano molto interesse in questo luogo e per le opere d’arte che abbiamo all’interno. Allora gli organizzatori  hanno previsto una mia passeggiata all’interno della struttura, durante la quale racconto qualche episodio alle persone e qualche storia legata alle opere che abbiamo, proprio come si farebbe con degli amici ed è molto bello.

D:Questo meraviglioso “Paradiso Terrestre” però, non solo è un luogo dove si può venire per imparare l’inglese, , ma si presta molto bene anche per meeting politici, lontano da occhi indiscreti, ha ospitato incontri del Governo Letta, del Governo Prodi e molti altri. Secondo lei perché scelgono proprio questo posto per i loro convegni?

R:Credo per la riservatezza del luogo, che noi abbiamo cercato sempre di rispettare al massimo: è un luogo lontano da certe contaminazioni e silenzioso.  Devo dire che ho dei bei ricordi degli incontri che abbiamo avuto con i politici che hanno frequentato questo luogo, a prescindere da quelli che sono gli orientamenti ideologici, perché qui diventano persone e quindi si stabilisce un altro tipo di rapporto. Ho avuto anche la fortuna di incontrare personaggi come Mario Draghi, che è venuto una volta a tenere una lezione importante. È bello incontrare queste persone in una dimensione anche umana, perché qui quando si è in mezzo alla natura, nel silenzio si ritrova una dimensione umana, c’è un atteggiamento informale perché è il luogo stesso che lo richiede.

D: Il terreno dove si sviluppa l’Abbazia è immenso, circa 800 ettari. Chi sono i suoi “aiutanti” per gestire la Tenuta? Ha dei collaboratori che sono qui con lei da quando ha acquistato la proprietà nell’89?

R: Pressappoco sì, qui ho delle persone molto fidelizzate, che in un certo senso si sono formate qui. Alcuni sono con me da più di 20 anni, quindi li ho sempre considerati come parte di una grande famiglia. Non saprei dire se le persone si fidelizzino di più al luogo, ma comunque si è creato un bel rapporto. Ho uno staff flessibile, circa una ventina lavorano qui full time, mentre altri sono part-time, dipende dalle esigenze e dal tipo di evento che ospitiamo.

D: Le è capitato talvolta di fare del lavoro manuale, come per esempio cogliere le olive nei suoi terreni? Se sì, preferisce occuparsi di lavori più manuali nella sua campagna? O dedicarsi ad iniziative più culturali contornata da un ambiente bucolico, dato che è molto impegnata anche nel sociale?

R: Personalmente amo molto anche lavorare manualmente, però data la mia età ed i problemi che ho con la schiena, non posso fare certe attività più pesanti però mi piace moltissimo lavorare. Noi abbiamo un giardino, che è il mio giardino un po’ segreto che si chiama “Arometo” dove ci sono le erbe aromatiche: era il vecchio ‘ortusconclusus’ dei monaci e lì io lavoro sempre almeno un’ora, un’ora e mezza al giorno.Mi dedico ai limoni e alle erbe. Trovo che lavorare a contatto con la natura sia molto terapeutico. Anni fa quando ero più giovane andavo anche a potare le olive, adesso non ce la faccio più. La mia attività principale però è quella di pensare ad iniziative di vario tipo. In questo momento sono molto impegnata con l’Accademia Italiana di Cucina. Mentre per quanto riguarda l’ecologia abbiamo un premio che ogni anno si svolge nel ‘Teatro degli Arrischianti’, abbiamo una buona collaborazione con il Comune e soprattutto il supporto di “Aboca”. Mi piace molto questa attività e il premio perché è qualcosa di non molto istituzionale, ma nasce spontaneamente da una piccola realtà e vuole continuamente additare esempi, sia che siano scienziati, imprenditori, artisti, insomma tutti coloro che hanno una visione ecologica. Secondo me dobbiamo usare ciò che il progresso ci ha dato in modo consapevole e gestendolo in maniera responsabile. Sono anche Vice-Presidente dell’“Istituto di valorizzazione delle Abbazie storiche toscane” con l’obiettivo di portare all’attenzione di tutti il grande patrimonio di abbazie storiche che abbiamo qui in Toscana, un grande tessuto di monasteri fondati prima del 1492. Oltre 60 Comuni hanno già aderito al nostro Istituto, abbiamo svolto ricerche, fatto pubblicazioni di libri , ma vogliamo portarle anche all’attenzione del pubblico, far conoscere e visitare le abbazie. Per maggio 2020 stiamo organizzando un importante convegno proprio sul recupero ed il riuso delle abbazie storiche. Abbiamo un bel gruppo di lavoro ed il nostro Presidente è l’avvocato Paolo Tiezzi Maestri, che è un vulcano di idee e sta svolgendo questa attività con grande passione e dinamismo e tutti insieme cerchiamo di fare un bel lavoro.

D: L’Abbazia di Spineto ha una storia molto antica, che parte nell’anno 1080 circa. Può raccontare ai lettori la storia di questo luogo?

R: La cosa interessante a mio avviso è proprio l’inizio della storia che comincia un po’ prima del 1085, quando l’ultima erede della famiglia Manenti, di origine Longobarda, fece una donazione affinché il monaco Rodolfo, proveniente da Abbadia San Salvatore, potesse costruire una Chiesa ed un Abbazia. Credo sia un momento molto importante della storia, intanto per l’origine Longobarda, come tanti altri luoghi di questa zona. Interessante anche l’intento della Contessa Willa che desiderò creare un punto di attività religiosa ma non si sa fino a che punto sia stato per un suo orientamento verso il Sacro, o se lo fece per un interesse “politico”, per dimostrare che aveva un buon rapporto con la Chiesa. Era solito fare così tra le famiglie potenti all’epoca. Ciò diede il via ad un’intensa attività dei monaci e ad una presenza forte dei monaci Benedettini che si collegarono alla congregazione Vallombrosana, nata più o meno a quell’epoca. Quindi si creò questo “faro” per l’area circostante. Il Feudo religioso aveva varie attività, tra cui ospitare i pellegrini che arrivavano verso la via Francigena, perché non  dimentichiamo che l’Abbazia di Spineto si trova in un punto dove la traversa che veniva dalla Via Teutonica si collega, andando verso Radicofani, alla Via Francigena. Quindi i monaci dell’abbazia erano molto impegnati nell’ospitare i pellegrini e nella loro cura, insieme all’attività culturale di scrittura e copiatura dei manoscritti, ed all’attività agricola, hanno costruito un centro importantissimo. Ciò ha lasciato un’impronta molto forte che si è tradotta nell’energia che ancora oggi sentiamo quando veniamo qui e la sentono tutte le persone; ospiti con origini diverse e religioni diverse, ma comunque riescono ad avvertire questa forte energia ed è molto interessante perché vuol dire che quindi c’è qualcosa di oggettivo. La vita dell’abbazia si svolse in maniera stimolante fino all’epoca di Napoleone, poi cominciò il periodo di declino. L’abbazia passò alla Regola Cistercense e cominciò un po’ alla volta a diminuire il suo potere, anche perché i monaci non erano più in grado di pagare la legione di mercenari che li proteggeva. L’abbazia ha avuto Abati molto importanti che provenivano dalle famiglie nobili più potenti d’Italia, tutto ciò gli dava un certo alone di prestigio…ma quando noi siamo arrivati purtroppo tutto questo era finito.

D: Lei si è sposata per la prima volta molto giovani, a 21 anni, matrimonio da cui ha avuto i suoi due figli Stefano e Andrea. Come è il suo rapporto con loro? Vivono qui anche loro?

R: Ho un bellissimo rapporto con tutti e due i miei figli. Stefano il più grande vive a Padova con la compagna, ci sentiamo quotidianamente e vengono volentieri a trovarmi, infatti tra poco durante le festività scenderanno per qualche giorno. Andrea invece si è sposato e vive a Sarteano; ha collaborato molto con noi, siamo vicini ed abbiamo un rapporto ottimo.

D: Adesso passiamo un argomento più delicato. Non molto tempo fa è scomparso il suo compagno di vita, il suo grande amore a seguito di un incidente di caccia, Franco Tagliapietra. Se le va, mi racconti come vi siete conosciuti e come è nato il vostro amore. Cosa vi ha unito per tutti questi anni?

R: Il mio compagno è scomparso tragicamente esattamente 5 anni fa, abbiamo avuto un rapporto straordinario per 43 anni, un rapporto fatto non solo di amore, ma anche di solidarietà ed amicizia, che ci ha portato a fare molte cose insieme (si emoziona). Ci siamo conosciuti quando abitavo ancora a Padova, attraverso comuni amici: è stato sicuramente un amore a prima vista anche se non immediatamente dichiarato, ma comunque c’era qualcosa e da lì siamo stati sempre insieme, uniti da molte passioni e c’era veramente una forma di simbiosi.  Il nostro impegno qui è stato esaltante e lo abbiamo vissuto entrambi con grande passione ed entusiasmo. Oggi che lui non c’è più, per me è come se continuasse ad essere qui. La cosa più bella è avere dei sogni e cercare di realizzarli, se questi sogni sono condivisi è una fortuna, noi abbiamo avuto la fortuna di condividere un sogno.

D:Ormai si sente più sarteanese o padovana? Quale è il suo rapporto con la gente del paese?

R: No, non sono mai stata padovana, mi sento cittadina del mondo, però devo dire che qui ho trovato un luogo dove sto molto bene, quindi mi sento adottata. Il mio rapporto con i sarteanesi è bellissimo, da parte mia c’è una grossa apertura nei confronti della comunità di Sarteano, l’ho sempre desiderato, fin dal primo momento che siamo arrivati qui e sono stata ricambiata.

D: Dicembre è il mese delle feste natalizie, lei con chi le festeggerà? Sta organizzando qualcosa di speciale per gli ospiti che verranno a passare Natale o Capodanno a Spineto?

R: Quest’anno per il terzo anno di fila festeggeremo il Natale e Capodanno con il programma “Speak in Italy”, è un modo particolare di festeggiare e stare insieme con gli ospiti, mi fa molto piacere, è un modo tranquillo e piacevole di stare insieme. Ovviamente avrò momenti con gli amici, momenti con i miei figli e le loro compagne. Non amo fare grandi festeggiamenti, mi piace avere un periodo tranquillo; una volta festeggiavo il Capodanno con tutti gli amici, da che è scomparso il mio compagno, non ho più lo spirito per fare queste cose, quindi frequento gli amici un po’ alla volta, senza fare grandi festeggiamenti.

D: Alla luce di tutte le sue esperienze, come si definirebbe  oggi come persona?

R: A questo punto della mia vita posso dire che ho avuto una vita molto intensa, con alcune esperienze negative, ma direi che la positività è stata prevalente. Credo che il mio approccio verso la vita sia sempre con il bicchiere mezzo pieno. Ho anche un forte amore per la natura ed il contatto che si vive qui con la natura è molto forte e mi influenza positivamente.