Chiusi: in consiglio comunale il ‘caso’ del Carbonizzatore Acea dopo la sentenza del Tar della Toscana che ha annullato in parte una delibera comunale  del 2020 accogliendo il ricorso presentato da Acea Ambiente srl. Sindaco Sonnini,”la sentenza non è ancora definitiva; occorre cercare un punto di incontro  per evitare  una richiesta di risarcimento danni nei confronti del Comune, per un importo pari a 2.525.000 euro”. La proposta del sindaco è di provare ad aprire un dialogo con ACEA sulla destinazione futura dell’area coinvolta che si trova nella zona industriale di Chiusi Scalo

Il consiglio comunale di Chiusi ha affrontato  il ‘caso’ del Carbonizzatore Acea dopo la sentenza del Tar della Toscana che ha annullato in parte una delibera comunale  del 2020 accogliendo il ricorso presentato da Acea Ambiente srl. Carbonizzatore che doveva sorgere in una zona, acquistata da Acea, nell’area industriale di Chiusi Scalo ma che , dopo accese polemiche, di alcuni comitati di cittadini  nettamente contrari alla sua realizzazione soprattutto per motivi ambientali, venne abbandonata in attesa di trovare una soluzione diversa. Il Sindaco Gianluca Sonnini, intervenendo in consiglio comunale, ha ricordato che ”la sentenza non è ancora definitiva; occorre cercare un punto di incontro che possa realmente tutelare l’interesse della nostra comunità per evitare  una richiesta di risarcimento danni nei confronti del Comune, per un importo pari a 2.525.000 euro”. Questo in estrema sintesi. Il ‘caso’ è stato infatti affrontato  partendo dalla recente sentenza del TAR Toscana  che ha annullato, in parte, una delibera del consiglio comunale del 2020, accogliendo il ricorso presentato da ACEA Ambiente s.r.l. Delibera che conteneva il divieto – esteso a tutto il territorio comunale – di realizzare ““𝒏𝒖𝒐𝒗𝒊 𝒊𝒏𝒄𝒆𝒏𝒆𝒓𝒊𝒕𝒐𝒓𝒊 𝒅𝒊 𝒓𝒊𝒇𝒊𝒖𝒕𝒊; 𝒄𝒂𝒓𝒃𝒐𝒏𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒐𝒓𝒊; 𝒕𝒆𝒓𝒎𝒐𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒊𝒛𝒛𝒂𝒕𝒐𝒓𝒊; 𝒅𝒊𝒔𝒄𝒂𝒓𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒊 𝒓𝒊𝒇𝒊𝒖𝒕𝒊; 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒊 𝒊𝒎𝒑𝒊𝒂𝒏𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒕𝒓𝒂𝒕𝒕𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒓𝒊𝒇𝒊𝒖𝒕𝒊 𝒊𝒏𝒔𝒂𝒍𝒖𝒃𝒓𝒊 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒂 𝒄𝒍𝒂𝒔𝒔𝒆, 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒅𝒆𝒇𝒊𝒏𝒊𝒕𝒊 𝒅𝒂𝒍 𝑫.𝑴. 5 𝒔𝒆𝒕𝒕𝒆𝒎𝒃𝒓𝒆 1994 𝒆 𝒔𝒖𝒄𝒄𝒆𝒔𝒔𝒊𝒗𝒆 𝒎𝒐𝒅𝒊𝒇𝒊𝒄𝒉𝒆”.Secondo Sonnini  “questo significa che se un privato ha motivi fondati per pensare di poter realizzare un impianto su un terreno acquistato dal Comune, allora l’Amministrazione, prima di bloccare quel progetto, deve spiegare bene perché lo fa e dimostrare che l’interesse pubblico è davvero superiore.Nel nostro caso, il TAR ha detto che la società aveva fondati motivi per fidarsi.In parole semplici: non bastava vietare tutto a livello generale, ma serviva una spiegazione precisa del perché si voleva impedire quell’impianto proprio lì, nonostante gli accordi precedenti.La sentenza ricorda anche che “𝑖𝑛 𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑛𝑐𝑖𝑝𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑟𝑠𝑖 𝑙𝑒𝑔𝑖𝑡𝑡𝑖𝑚𝑎 𝑙’𝑒𝑠𝑐𝑙𝑢𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑜𝑟𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑠𝑒𝑑𝑖𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡𝑎̀ 𝑐𝑙𝑎𝑠𝑠𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑡𝑒 𝑖𝑛𝑠𝑎𝑙𝑢𝑏𝑟𝑖 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑐𝑙𝑎𝑠𝑠𝑒”. Quindi, anche se il Comune ha libertà di decidere, non può chiudere – ha fatto presente il primo cittadino -a ogni possibilità, senza motivare bene, in tutto il territorio”. A questi proposito Sonnini ha sottolineato che “la sentenza del TAR non è ancora definitiva. Il Comune ha 60 giorni di tempo dalla notifica della sentenza, che ancora ACEA non ha esercitato – oppure 6 mesi dalla sua pubblicazione (se non notificata) – per valutare se impugnarla davanti al Consiglio di Stato.Questo non significa che il Comune intenda fare ricorso. Significa semplicemente che abbiamo un tempo utile per riflettere e, soprattutto, per provare ad aprire un dialogo con ACEA sulla destinazione futura dell’area coinvolta coinvolgendo i comuni limitrofi. Finché i termini per l’impugnazione non saranno scaduti, ACEA potrebbe essere più disponibile ad ascoltare e a valutare soluzioni condivise, proprio per evitare che il Comune presenti ricorso.Una volta che questi termini saranno trascorsi senza impugnazione, la sentenza – che oggi dà ragione ad ACEA – diventerà definitiva. E a quel punto, l’azienda non avrebbe più alcun interesse a trattare o modificare i propri piani.Per questo crediamo sia fondamentale sfruttare al meglio questo tempo, da subito e con decisione, per cercare un punto di incontro che possa realmente tutelare l’interesse della nostra comunità.. Il percorso dovrà essere 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐩𝐚𝐫𝐞𝐧𝐭𝐞 e 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞𝐜𝐢𝐩𝐚𝐭𝐨, orientato a definire in modo condiviso la destinazione complessiva dell’area interessata.Dobbiamo essere tutti consapevoli che, su questa vicenda, resta aperta la possibilità che Acea possa avanzare una richiesta di risarcimento danni nei confronti del Comune, per un importo pari a 2.525.000 euro, come già preannunciato nella diffida trasmessa al sottoscritto nel dicembre 2021 — uno scenario che ci auguriamo – ha concluso -di poter scongiurare attraverso il dialogo e il buon senso.”