Elezioni politiche: intervista con il sindaco di Montalcino Silvio Franceschelli (Pd) candidato nel collegio uninominale di Siena-Arezzo-Grosseto per il Senato. “Ho deciso di candidarmi – dice- per portare la voce e i bisogni dei territori in Parlamento”
Di Fabrizio Camastra
“ In una fase così difficile per il nostro Paese, ognuno di noi deve sentire la responsabilità di mettersi a disposizione del proprio territorio con il proprio bagaglio di esperienza”. Ecco perché il sindaco di Montalcino Silvio Franceschelli ha deciso di accettare la candidatura del Pd per il Senato nel Collegio uninominale U01 Siena-Arezzo-Grosseto . Una decisione che era da parecchio tempo nell’aria e infatti Franceschelli lo aveva intuito e aveva già dato le dimissioni da Presidente della Provincia di Siena ‘subendo’ così anche la spinta dei sindaci del territorio che ogni giorno si trovano a dover dare risposte ai cittadini. “Da Sindaco della città di Montalcino e da amministratore – ha fatto presente sempre Franceschelli -conosco le molte difficoltà ma anche le grandi opportunità che la Toscana del sud ha davanti a sé. Infrastrutture e collegamenti, mantenimento dei servizi sanitari e sociali, riorganizzazione degli enti locali, digitalizzazione delle aree anche quelle più marginali, agricoltura e mondo venatorio, turismo della saggezza con una grande attenzione al territorio. La mia è una candidatura nata dal lavoro della segreteria provinciale che si è fatta carico di prendere una decisione importante, in sinergia tra la base del partito e gli amministratori locali”.
D. Le sue parole fanno pensare a criticità che voi sindaci rilevate tra ciò che viene deciso a Roma e quello che poi siete chiamati ad applicare.
R.“Più che di criticità io parlerei di necessità di adottare una vera e propria rivoluzione burocratica in termini di semplificazione amministrativa. Il processo di digitalizzazione intrapreso dalla Pubblica amministrazione è ancora lento e necessita di un’accelerazione. Le risorse umane nei comuni sono scarse e spesso destinate ad attività imposte dal sistema burocratico che può tranquillamente essere telematizzato, con il risultato di processi che potrebbero dare un output in tempo reale. Tutto ciò rappresenterebbe per i comuni un indubbio risparmio di risorse, ma per il privato si tradurrebbe in maggiore dinamismo imprenditoriale”.
D. Tutto ciò sarebbe un vantaggio anche in ottica PNRR?
R. “Certamente. L’autonomia gestionale è fondamentale per far correre le risorse che ci vengono messe a disposizione. Diversamente se la macchina amministrativa è lenta perché assoggettata a obblighi burocratici, tutta la filiera diventa lenta, con il risultato che il cittadino e l’impresa devono soggiacere a tempi che per loro possono essere assurdi, se non addirittura in alcuni casi fatali”.
D.Da qua nasce il consenso degli amministratori locali nei suoi confronti?
R.“ Da presidente della Provincia ho avuto un confronto costante su queste problematiche, le sono sincero a trecentosessanta gradi, ci siamo confrontati con amministratori anche di partiti diversi dal mio, le problematiche sono le stesse di tutti”.
D. Lei accennava alla sua esperienza di presidente della Provincia di Siena, immagino si sia fatto una idea anche su questa tipologia di enti dopo la riforma.
R. “Le province non possono rimanere così come lasciate dal 2014. Si tratta di enti che hanno deleghe importanti che necessitano di scelte dinamiche, di tempi rapidi oltre che di risorse. Se prendiamo l’esempio delle province di Siena e Grosseto si parla di territori molto vasti, con competenze su strade, ponti, scuole, dove solo di Siena si parla di 12mila studenti, con una riduzione pesantissima di personale dal 2018 al 2022 a fronte di servizi che sono rimasti invariati. La governace è affidata al solo presidente senza giunta, così le cose non possono rimanere”.
D. Quindi lei ritiene che se le province funzionassero meglio sarebbe a beneficio delle comunità e delle imprese?
R. “Faccio l’esempio della funzione turistica perché i nostri territori vivono anche di turismo. Potenziare la funzione di coordinamento tra distretti potrebbe avere quale effetto l’aumento della permanenza e di conseguenza una maggiore redditività delle imprese che operano nel settore”.
D. Lei è sindaco di Montalcino dal 2012, e ora è al suo terzo mandato; vanta quindi l’esperienza di sindaco di uno dei comuni italiani più conosciuti al mondo.
R.“Montalcino è un comune di seimilacinquecento cittadini e milleseicento imprese, ha un PIL di 1,8 miliardi di euro. Il 23% dei cittadini viene da fuori, ciononostante non c’è tensione sociale, perché c’è il lavoro a dirimerle. Poi dove non arriva il lavoro l’amministrazione si è fatta carico di politiche positive mirate al sostegno familiare, alimentare, abitativa, tutte cose che si traducono in integrazione sociale. Tradotto in parole molto semplici in serenità di quei nuclei familiari che hanno meno possibilità materiali, ma non per questo private anche di risorse culturali”.
D.Supponiamo che da candidato volesse prendersi la licenza di dare dei consigli elettorali al suo partito, cosa suggerirebbe al PD?
R.“Di continuare a parlare alla gente dei problemi di tutti i giorni, evitando le suggestioni delle campagne politiche di lanciare spot elettorali per prendere pezzi di società”.
D.“Lei viene visto come una di quelle figure che mettono d’accordo tutti. Ciò nasce da un suo atteggiamento, da una scelta, come si fa a mettere tutti d’accordo?
R.“Io dico sempre che il confronto nel partito non deve essere condizionato da questioni personali o caratteriali, da profili e approcci che devono rimanere privati, nelle mura domestiche. Quando si analizzano problemi di una società il confronto nelle differenze è essenziale. Guardi, io ho moltissimi difetti ma mi riconosco un pregio: non trasformo mai le cose in questioni personali”.