La scatola dei ricordi: il racconto della domenica di Patrizia Patrizi     

Novità e avventure a Cetona, meta dei Vip

 

Gli anni settanta, per me, furono un’esplosione di vitalità; nel senso che tutto era nuovo, imprevedibile, tutto mi sembrava possibile; ai sogni per il futuro, si intrecciava la vita quotidiana densa di cose nuove. Avevo un fidanzato e gli amici con cui condividevo ogni cosa, andavo al liceo, conoscevo tante nuove persone, vivevo intensamente ogni emozione e sensazione. Di novità a Cetona ce ne furono parecchie: molti vip, come li chiamavamo, molte persone che avevamo visto in tv o al cinema o che conoscevamo attraverso i giornali, avevano scelto il mio paese per trascorrere le vacanze e anche per risiedere stabilmente.  Una sera il mio fidanzato mi disse: “ domani mattina,andiamo a trovare Philippe Leroy, è qui con la sua compagna che vorrebbe conoscere qualche ragazza per avere un po’ di compagnia”. Non ricordo come il mio ragazzo l’avesse conosciuto, ma so che erano diventati amici. L’attore francese aveva comprato un vecchio casale a circa quattro km dal paese e lo stava ristrutturando. La sua compagna era una ragazza più giovane di lui, bellissima, più grande di me di undici anni. Abbronzatissima, con i ricci capelli corvini, mi accolse con un sorriso smagliante e modi molto gentili. Diventerà la mia migliore amica per oltre quarant’anni. Oltre a Philippe Leroy, a Cetona erano arrivati Giuliano Gemma, Giovanna Ralli, Gianna Serra, Ettore Scola, Ottavia Piccolo, Rodolfo Baldini… insieme a giornalisti, architetti e arredatori, contesse, intellettuali, anche un armatore, uno scienziato e persino un industriale. Una domenica mattina io e il gruppo di amici eravamo, come di solito, in giro a distribuire il quotidiano del nostro movimento politico. A un certo punto vedemmo solcare la piazza da Gianni Agnelli. Era venuto a trovare il fratello Umberto che aveva comprato un vecchio casale non molto lontano dal paese. Ricordo che io e una mia amica andammo, spavalde, a vendergli il nostro giornale, con la risposta pronta, qualora lui non ci avesse considerato. Invece fece di più: ci sorrise, prese il giornale, lo sfogliò, ci dette mille lire. Mille lire per Lotta Continua! Noi eravamo tutte contente, nel ritornare dal gruppo con quei soldi ma il sorriso di trionfo si spense subito, quando il mio fidanzato ci disse:“ riportate il resto! Non sia mai che i padroni finanziano la nostra lotta!”Il lunedì mi svegliavo prestissimo la mattina per andare al liceo a Città della Pieve. Eravamo in sei che partivamo dal paese a un quarto alle sette; andavamo a Chiusi, aspettavamo un’ora dentro la hall della stazione ferroviaria, poi prendevamo l’autobus per Città della Pieve, facendo il giro lungo per Moiano. Già il viaggio era un’avventura. Poi il liceo era un’altra. Nuovi amici, tra questi due ragazzi, non proprio delle mie stesse idee politiche, ma molto simpatici, ai quali ho voluto e voglio ancora oggi, un gran bene. Il babbo aveva scelto Città della Pieve per i miei studi perché era convinto che fosse “più calma” rispetto a Montepulciano, dove c’era “più agitazione” come diceva a chi gli chiedeva perché mi mandasse alla Pieve per studiare. Allora era un quiete paese umbro. Mai convinzione fu più errata: il 10 Ottobre del mio primo liceo, iniziammo l’occupazione dell’istituto per protestare contro qualcosa che nemmeno ricordo. E allora le scuole iniziavano il primo ottobre! Fu una vera e propria avventura per cinque giorni. Facevamo assemblee, manifesti, letture dei giornali, discussioni e ovviamente ci divertivamo. Anche il quiete paese umbro non era sfuggito alle agitazioni giovanili di quegli anni. Il mio babbo però, fu alquanto comprensivo: mi accompagnava al liceo, stava un po’ lì, poi tornava a casa e veniva a riprendermi nel pomeriggio. Era un’occupazione controllata, diciamo. Poi finì, cosi com’era cominciata e riprendemmo le lezioni. Almeno una volta al mese però, io, la mia nuova amica e i due compagni di classe facevamo “salina” ; così chiamavamo l’assenza ingiustificata da scuola. Ce ne andavamo a Perugia con la macchina di uno dei ragazzi più grandi del liceo, a fare passeggiate per il corso mangiando il gelato. Rientravamo in tempo per prendere l’autobus come se niente fosse. Un giorno invece io e la mia amica fummo tentate dal treno in stazione a Chiusi che era in partenza per Arezzo. Lo prendemmo senza pensarci su due volte. Purtroppo fummo sfortunate: appena scese dal treno incontrammo un’amica dei miei genitori che mi riconobbe e mi guardò male. Era una signora che veniva tutti i venerdì a Cetona. Il sabato mattina il mio babbo si alzò insieme a me e disse: “ com’è andata ieri a scuola?” Io farfugliai qualcosa ma lui continuò dicendo: “ stamani vengo alla Pieve, ti accompagno io al liceo e che … non capiti mai più…intesi?” Io pensai subito male della signora che avevo incontrato alla stazione di Arezzo e risposi al babbo che fare i pettegolezzi è peccato; lui mi guardò stupito non capendo che dicessi. In macchina, mentre mi accompagnava al liceo, mi spiegò come avesse scoperto la mia “salina”: la notte del venerdì aveva avuto un gran mal di testa e aveva cercato nel mio astuccio delle penne, una cibalgina, sapendo che io tenevo di scorta lì la medicina per la mia emicrania. Aveva scoperto così il biglietto del treno… e io che avevo pensato male di quella signora!