La scatola dei ricordi : il racconto della domenica di Patrizia Patrizi

Cambiamenti

 

Sul finire degli anni settanta, lo scenario sociale e politico mutò rapidamente. Dopo il rapimento Moro da parte delle Brigate Rosse, il 16 Marzo 1978, un’intera generazione, la mia, si ritrovò a fare i conti con il sogno rivoluzionario. Quel giorno, fu uno scossone indicibile. Ricordo che ero in classe, al liceo, lezione di filosofia. La professoressa fu chiamata al telefono e rientrò sconvolta. Era la sola nostra insegnante di sinistra. Ci comunicò la notizia e stette in silenzio per il rimanente tempo della lezione. Noi facemmo altrettanto. Quando tornai a casa, trovai il babbo davanti alla tv con le mani che tenevano il viso serio e preoccupato; ricordo che anche in quell’occasione la mamma urlò: “ basta con questi terroristi rossi, guai a te se nomini ancora la lotta continua”. Aveva messo insieme due soggetti diversi, comunque credo che,anche quel terribile evento, segnò la fine dei movimenti a sinistra del PCI. Il “privato” stava prendendo il sopravvento sul “ pubblico”. Molti andarono in India, molti si rifugiarono nelle droghe, molti scelsero la discoteca. Io lasciai il mio storico fidanzato e al ritmo de “la febbre del sabato sera”, cominciai ad andare a ballare.  Poi ci fu il boom delle radio libere. Tra Chiusi e Po’ Bandino nacque Radio Spot International con annessa discoteca. Io “mi arruolai” subito! Facevo la dj nel tempo libero, insieme a altri ragazzi, ci divertivamo moltissimo. La musica ci entrò nel cuore, prendendo il posto della politica. Era un rifugio diverso che però ci univa lo stesso. Eravamo un gruppo di ragazze e ragazzi che adorava il rock inglese e la west coast americana, con qualche eccezione italiana: i vecchi LP di Lucio Battisti, De Gregori e Guccini. Trascorrevamo molti pomeriggi a casa di un caro amico cetonese che aveva la più bella e fornita collezione di album musicali.Eravamo passati dal parlare dei problemi sociali, al parlare di noi, dei desideri, delle incomprensioni, della fragilità delle relazioni amorose.  Non ricordo di preciso il giorno ma ricordo che eravamo alla fine dell’inverno del 1980 quando la mamma decise che il mio futuro dovesse essere in banca, per questo avrei dovuto studiare per il concorso che ci sarebbe stato il 1 di luglio di quell’anno. Né io né il mio babbo concordavamo con questa decisione. Io non ci pensavo nemmeno a quella prospettiva di vita ordinaria; il babbo era contrario perché avrebbe dovuto chiedere (secondo la mamma) “consiglio” a un direttore di banca nostro lontano parente.  Non sia mai una raccomandazione! Non era proprio nelle corde del babbo!  Per non discutere troppo con la mamma, le dissi che ci avrei pensato.  Una mattina di fine giugno, la mamma entrò in camera mia e vide che stavo chiudendo una grande valigia. Rimase, per un attimo, sorpresa, poi disse: “cosa significa? Dove vai?” Mentre, con cautela, le passavo davanti e mi avviavo a scendere le scale, le risposi: “ parto per il mare, vado in Grecia, insieme alla mia amica, per tutto il mese di luglio, tornerò a casa il primo di agosto”. Scendevo frettolosamente le scale, seppur con l’ingombrante valigia, aspettandomi una scarpa in testa che non arrivò; in compenso arrivarono gli urli, rivolti a me e al babbo; a me urlò male parole, al babbo disse: “ ma tu lo sapevi? Così si gioca il futuro in banca!mica le avrai dato pure i soldi!”.  Eh si,  avevo avuto l’appoggio del babbo! La mia amica mi venne a prendere in piazza e partimmo per Roma. Avevamo l’aereo per Atene la mattina successiva. Poi nel pomeriggio avremmo preso il volo per Rodi. Da lì, una sua amica ci sarebbe venuta a prenderci per portarci a Lindos. Appena arrivati a casa sua a Roma, la mia amica guardò la mia valigia scuotendo la testa, l’aprì e cominciò a dire: “questo non serve, quest’altro nemmeno, questo poi no” e così via a pantaloni, magliette, vestiti, scarpe, maglioncini di cotone… rimasero: un jeans, quattro parei, quattro t-shirt, quattro costumi da bagno, un paio di Superga e uno di infradito. Li sistemò dentro una sua borsa di canvas marrone che mi porse e, seppur perplessa, risposi: “ ok, se pensi che serva solo il minimo indispensabile…va bene!” Partimmo da Roma- Fiumicino e atterrammo  all’aeroporto di Rodi alle dieci di sera. La sua amica, che ci venne a prendere, aveva un Ford transit rosso. Mi accomodai dietro e percorremmo nel buio più fitto i quasi cinquanta chilometri di distanza tra Rodi e Lindos. Precisamente ci sistemammo a Lardos. Era buio, le persone che ci vennero incontro avevano le torce in mano, riuscii a vedere solo una bellissima bouganville all’ingresso di quella che sembrava una casa, ma non ne ero sicura.Entrammo in una grande stanza con letti alla turca; io stanca e un po’ spaventata mi misi a piangere. La mia amica, stupita, mi disse: “vedrai, domani, non piangerai!” e si addormentò, vestita, sul letto, dal duro giaciglio, salutando appena l’amica che ci aveva accompagnato.Feci altrettanto, curiosa di scoprire un nuovo mondo. Cosi fu: al mattino, il cielo azzurro intenso, i colori scintillanti dei fiori, il loro profumo inebriante, il calore del sole, mi riempirono i sensi. Avevamo dormito con la porta aperta, la stanza dava su una specie di cortile pieno di bouganville e limoni, con un grande tavolo sotto una pergola di uva; al lato destro c’era la stanza da bagno (meno male all’italiana, seppur senza bidet) e al lato sinistro c’era la stanza della cucina. Si fa per dire perché erano dei piani appoggiati sopra a dei muretti divisi al centro da una specie di braciere e alla fine della fila si trovavano due fornelli collegati ad una bombola a gas. Le pentole erano appese e i piatti, i bicchieri, qualche bottiglia, erano su una mensola. Non c’era frigorifero. L’acqua era fuori nel cortile, usciva da una bellissima fontanella in pietra. Accanto c’erano due secchi di plastica e un catino. Dal cortile, attraverso una porta in legno che divideva il muro di cinta sommerso dalle piante rampicanti, si usciva sulla strada di ciottoli che conduceva, da lì a qualche decina di metri, alla piccola piazzetta del paese, dove si trovava l’unico negozio e una specie di baretto. Poi percorrendo una strada sterrata si arrivava o alla spiaggia o a Lindos. O meglio, nel luogo più magico che avevo visitato fino allora. Le case bianche sotto l’acropoli, arroccate sulla collina a picco sul mare turchese, mi sembravano un sogno. Un posto che era pieno di giovani: italiani, francesi, inglesi, tedeschi, americani e persino svedesi. Conobbi un sacco di gente. Ebbi, dopo pochi giorni, un flirt con un tedesco bellissimo e simpatico.  Di giorno stavamo tutti insieme, al mare, al sole; di sera, ci riunivamo per ballare o ascoltare la musica in spiaggia; alcuni ragazzi si erano attrezzati con un giradischi e lampadine colorate appese ad un filo elettrico proveniente da una casa poco distante. Altre sere, c’era chi suonava la chitarra e si cantava in coro. Mangiavamo a ore impensate, cibo greco, ma a casa cucinavamo, alla meglio, spaghetti che ci dettero gli altri italiani, invitando, nel nostro cortile, tutti gli amici della spiaggia. Una mattina la mia amica mi disse: “stasera fatti bella! Perché andremo a cena in un posto bellissimo insieme a gente famosa. Non ti dico niente ma sarà una bella sorpresa per te. Mio fratello mi ha inviato un telegramma, arriverà nel pomeriggio con la barca, a Lindos, insieme ad  alcuni ospiti speciali”. Io le risposi: “con quello che hai deciso portassi, non c’è che dire…ho una gran scelta da mettermi eh?”. Misi il pareo più bello a mo’ di vestito, raccolsi i capelli,mi feci prestare un paio di saldali da una ragazza americana e mi preparai alla sorpresa. Per quanto avessi cercato di immaginare chi fossero gli ospiti famosi del fratello della mia amica, mai mi sarei aspettata di vedere chi fece l’ingresso nella terrazza sul mare di un piccolo ristorantino in cima alla collina: David Gilmour e Richard Wright! I Pink Floyd!!!  Rimasi a bocca aperta incapace di dire una parola per un paio di minuti. Poi quando ci presentammo e ci abbracciammo dissi per ben tre volte: “ I’m so happy, I’m so happy, I’m so happy!”

La magia di quella serata rimarrà sempre nella mia mente. Potrei descrivere ogni dettaglio, emozione e sensazione che vidi e che provai, potrei scrivere delle parole che ci dicemmo e delle canzoni che cantammo insieme…eravamo giovani e ci sentivamo liberi. Eravamo davvero felici.