Toscana: oggi lunedì 1° marzo in undici città toscane  su iniziativa di Confcommercio e Confesercenti  si è svolta la “catena umana” del terziario. Imprenditori uniti per chiedere di far convivere salute e lavoro

MANIFESTAZIONE ESERCENTI IN PIAZZA DUOMO STEFANO BERNARDINI E LEONARDO NANNIZZI

Si è svolta oggi lunedì 1° marzo , in contemporanea in 11  città toscane, la mobilitazione “Salviamo le imprese” organizzata dalle associazioni di categoria Confcommercio e Confesercenti per rivendicare una diversa gestione dell’emergenza pandemica, in grado di conciliare diritto alla salute e diritto al lavoro. Ad Arezzo la manifestazione, statica, composta e silenziosa, ha visto una “catena umana” lunga poco meno di un chilometro snodarsi lungo corso Italia, l’antico borgo maestro della città, dalla Pieve di Santa Maria ai Bastioni di Santo Spirito. A comporre la catena oltre 450 imprenditori, professionisti e dipendenti delle imprese del terziario di tutta la provincia, che – uniti simbolicamente da un nastro tricolore, ma distanziati l’un l’altro come vogliono le normative di sicurezza antiCovid – hanno voluto manifestare pubblicamente la propria sofferenza e le difficoltà in cui vivono ormai da un anno, potendo lavorare solo a scarto ridotto (ad esempio, i pubblici esercizi) o addirittura per nulla (il mondo dello sport, dello spettacolo, degli eventi e dell’intrattenimento). “Se il Governo continua, dopo un anno, a non garantire il diritto al lavoro in nome della salute, avrà sulle spalle la responsabilità civile, morale e sociale della distruzione economica del nostro Paese”, dicono con fermezza i presidenti della Confcommercio di Arezzo Anna Lapini e di Confesercenti Mario Landini, che hanno coordinato la manifestazione aretina insieme alla vicedirettrice di Confcommercio Catiuscia Fei e al direttore di Confesercenti Mario Checcaglini.   I dirigenti delle due associazioni di categoria hanno dato il via al “flash mob” di fronte alla Pieve di Santa Maria, poi hanno percorso insieme il corso camminando a fianco della “catena umana” per arrivare ai Bastioni di santo Spirito e, da lì, dirigersi verso la Prefettura per consegnare nelle mani del Prefetto il documento unitario contenente dieci richieste degli imprenditori del terziario, con la preghiera che il massimo esponente locale dello Stato se ne faccia portavoce presso il governo nazionale. Tra i presenti, anche i rappresentanti della Regione Toscana, della Provincia di Arezzo e molti sindaci dei Comuni aretini. “Dieci richieste ma che possono riassumersi in due principali: poter tornare tutti al lavoro, pur con le regole e limitazioni imposte dalla necessità di arginare la pandemia, e – laddove questo non fosse possibile – avere ristori dignitosi e sufficienti per tirare avanti continuando a garantire l’occupazione”, dicono i presidenti Lapini e Landini. A Siena una ristretta delegazione di Confesercenti e Confcommercio si sono recate dal Prefetto per consegnare il documento con  le difficoltà e le richieste urgenti delle imprese. E’ stata effettuata in questa forma a Siena la mobilitazione “SALVIAMO LE IMPRESE”,  proclamata  in tutta la Toscana.  “Salvare la possibilità di lavorare è importante quanto la tutela della salute; non di più, ma neppure di meno – fa notare Leonardo Nannizzi, presidente Confesercenti Siena – .Chi ha fatto e continua a fare immani sacrifici per tenere in vita la propria attività non può esser lasciato solo nel nulla. Tanto più se in questi mesi si è attrezzato per accogliere i clienti in sicurezza, e tutto questo poi di fatto non serve a niente. Siamo disposti ad attuare ulteriori precauzioni, ma questo deve metterci in condizione a chi li mette in pratica di restare davvero aperti. Altrimenti le spese sostenute in questo senso saranno state un ulteriore esborso senza effetti concreti”. “Alle preoccupazioni sanitarie si sommano quelle economiche, la situazione rimane veramente critica e soprattutto non si riesce a vedere il futuro – commenta Stefano Bernardini, presidente Confcommercio Siena – Una programmazione migliore, anche se capisco che sia difficile trovare delle soluzioni, così come negli altri paesi europei, va fatta. Non si può continuare con i Dpcm che ti dicono che il giorno dopo devi stare chiuso. I ristori inoltre ancora non sono arrivati del tutto, ancora ad oggi non ovunque è arrivata la cassa integrazione. Spero ci sia una accelerazione su ciò che è stato promesso. Inoltre, è la vaccinazione è urgente per coloro che stanno a contatto al pubblico nel commercio. Ora deve finire il tempo delle parole. E deve iniziare quello dei fatti. Su mutui, tasse che sono state solo rimandate. Ora bisogna agire”.

Questi i dati portati all’attenzione del Prefetto:

2020: l’anno peggiore

  • 150 miliardi in meno di PIL a prezzi correnti (-9,1% reale);
  • Circa 2.600 euro pro-capite a prezzi costanti (1,3 volte le perdite complessive del periodo 2010-2014, quelli immediatamente dopo la «grande crisi» del 2008);
  • 120 miliardi di consumi in meno, concentrati nei servizi di mercato;
  • Particolarità di questa crisi: valore aggiunto e consumi in riduzione quasi esclusivamente dal commercio non alimentare e servizi di mercato (turismo, ristorazione, cultura, attività ricreativa e benessere);
  • L’occupazione formalmente tiene, grazie anche agli interventi di cassa integrazione e blocco dei licenziamenti, ma l’input di lavoro è a -10% circa nei primi 9 mesi;
  • Il futuro non è roseo e non sono condivisibili le attuali stime del Governo. Nel 2021 il PIL crescerà secondo l’ultimo bollettino di Banca d’Italia (gennaio 2021), di circa il 3,5%.

Crollo di imprese e consumi

Per il sistema produttivo colpito dal Covid-19, il 2020 si chiude con un bilancio drammatico.

Quasi mezzo milione tra imprese (305mila) e lavoratori autonomi (circa 200mila) potrebbero chiudere l’attività per il crollo della domanda per consumi.

Il riflesso statistico si vedrà nei registri camerali solo del 2021.

Siamo di fronte ad una vera e propria «economia ibernata».

Indicatore consumi: un quadro preoccupante

Variazioni tendenziali in quantità

 

2019            2020

SERVIZI                                                                            0,8                -30,3

BENI                                                                                0,6               -7,9

TOTALE                                                                         0,7             -14,7

 

Beni e servizi ricreativi                                                  0,0             -19,5

Alberghi e pasti e consumazioni fuori casa           0,9             -41,2

Beni e servizi per la mobilità                                    -0,8             -24,2

Beni e servizi per la comunicazione                          7,5               8,7

Beni e servizi per la cura della persona               -0,2             – 6,2

Abbigliamento e calzature                                         1,1            -23,0

Beni e servizi per la casa                                             1,5             -3,5

Alimentari, bevande e tabacchi                                   0,0              1,8

 

Nel 2020 oltre 300.000 imprese in meno

Rispetto al 2019, riduzione dell’11,3% del totale delle imprese attive, cioè circa 305mila unità in meno, come saldo tra circa 392mila cessazioni e quasi 87mila iscrizioni.

Chiusure definitive 2020 (-305mila): 80% a causa del Covid-19, cioè 240mila

Con l’emergenza sanitaria, il tasso di mortalità delle imprese rispetto al 2019 risulta:

  • quasi raddoppiato per le imprese del commercio (dal 6,6% all’11,1%);
  • più che triplicato per i servizi di mercato (dal 5,7% al 17,3%).

 

Tra i settori piu’ colpiti:

  • Tempo libero (attività artistiche, sportive e di intrattenimento, etc..);
  • Agenzie di viaggio;
  • Abbigliamento – calzature;
  • Ristorazione;
  • Trasporti.

Pesanti effetti della pandemia anche su attività professionali

 

Contesto negativo

Fermo del Turismo/Fiere-convegnistica

Smart Working

Chiusure Università/scuole

Desertificazione commercio di vicinato (in particolare Centri Storici)

 

Tra le imprese più colpite

La filiera del tempo libero, tra attività artistiche, sportive e di intrattenimento, fa registrare complessivamente un vero e proprio crollo con la sparizione di1 impresa su 3

 

I lavoratori autonomi più  colpiti

Circa 200mila professionisti, tra ordinistici e non ordinistici, operanti:

  • nelle attività professionali, scientifiche e tecniche;
  • nell’amministrazione e nei servizi;
  • nelle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento e altro.

Da tutto questo, in un’ottica di «filiera», possibili ulteriori impatti negativi anche sul terziario.