La scatola dei ricordi : il racconto della domenica di Patrizia Patrizi     

Il “Pipi”

Il “Pipi” era il mio bisnonno, nonno del mio babbo. Era magrissimo e alto, sempre con il cappello e la giacca sopra la camicia. Abitava con la moglie, la bisnonna, in una piccola casa nel borgo, a circa 500 metri dal paese. La loro figlia era la mia nonna paterna e da piccina mi portava spesso a far loro visita.  La mia mamma, anche in quell’occasione, mi vestiva sempre con un abitino bianco come le scarpe e i calzettoni come se andassi in chiesa invece che in campagna, mai capito perché. A quei tempi la strada che conduceva al borgo era sterrata e a lato destro, scendendo dal paese, c’era un muretto a pietra, non molto alto, lungo tutto il percorso e che affacciava sui campi di mio nonno materno. Volevo sempre camminare sopra quel muretto, costringendo la nonna, fino all’arrivo, a tenere il braccio alzato per reggermi con la mano.  A metà strada, sulla sinistra scendendo dal paese, c’erano le “scalette”, chiamavamo così una specie di scalini piccoli e stretti,che conducevano fin dentro il centro storico. Quando iniziai ad andare al borgo anche da sola a trovare i bisnonni, facevo una tappa lì, sedendomi a metà salita, per osservare il boschetto di fronte. Poco più su c’era una casa crollata, solo i tre lati erano rimasti in piedi, la nonna mi disse che l’avevano abbandonata prima del crollo, il perché però nessuno lo sapeva.  La mia bisnonna era una “donnona” che portava un grande fazzoletto in testa, nero con le rose colorate.Ogni volta che andavamo a trovarla metteva a fare il caffè sopra il treppiedi, al camino. Per me aveva sempre le caramelle. Dentro l’armadio della biancheria,teneva nascosta una collana di corallo rosso a filo doppio che mi piaceva tantissimo e che volevo mi regalasse. Lei ogni volta mi rispondeva: “ quando morirò, la prenderai te”. Cosi una volta le dissi: “Quando muori, nonna?”.  Penso che fosse dal quel giorno che la mamma, saputa la cosa, abbia preso la decisione che la collana sarebbe stata divisa in due parti: oggi, infatti,io ne ho un filo, l’altro mia sorella; è quando vado al cimitero, che vedo l’originale, nella foto della tomba della bisnonna.  La casa del borgo aveva una grande camera matrimoniale, una cucina con il lavandino in pietra, dove sopra erano sempre poggiate due belle brocche di rame che servivano per prendere l’acqua alla fonte del borgo, un grande camino con le panche dentro per sedersi e riscaldarsi al fuoco, e il “bagno” per cosi dire, una specie di armadio in fondo alle scale che aveva una tavola con un buco attraverso il quale tutto finiva nella stalla sottostante. Ho solo una vaga memoria di questo perché poi di lì a poco fecero i lavori di restauro e il bagno fu degno di chiamarsi tale.  La bisnonna mi chiamava “coco”, com’era d’abitudine a quei tempi chiamare i bambini.  Mi voleva tanto bene perché mi abbracciava sempre forte, forte. Voleva bene anche a una bambina che abitava lì accanto con la zia. Anche quella bambina la chiamava nonna ed era una delle mie amichette più care. Oggi, quando raramente ci incontriamo, proviamo lo stesso affetto. I bisnonni erano già molto vecchi quando io ero piccina; il “Pipi” poi mi sembrava proprio vecchissimo, le rughe del viso erano solchi profondi e le mani erano scheletriche e rattrappite. Non so molto di lui, mia nonna non mi ha raccontato niente della sua infanzia. Ricordo che mi disse di essere tornata nella casa paterna da vedova e da sfollata: suo marito era morto di ulcera e poco dopo la sua casa, che si trovava nel paese vicino, era crollata a seguito di un bombardamento aereo alla ferrovia.Così aveva afferrato la mano del mio babbo, allora undicenne, e si era diretta, a piedi, al borgo. Il bisnonno aveva accolto la figlia e suo nipote per pochi giorni a casa sua, in attesa che lei trovasse un lavoro. Per questo il mio babbo gli era molto affezionato. Un giorno mentre pranzavamo suonarono al campanello della nostra casa: avevano visto il bisnonno che camminava lungo la statale che porta al paese limitrofo. Era già a più di tre chilometri dal borgo!  Il babbo si alzò di scatto da tavola ed io gli corsi dietro chiedendo di portarmi con lui. Salimmo in macchina, che era sempre posteggiata davanti casa, e andammo a riprendere il bisnonno. Quando lo vedemmo, accostammo piano piano, il babbo scese e lo convinse a salire. Gli chiese, dove stesse andando e lui rispose: “ a casa mia perché di là, indicando con la mano la direzione opposta, c’è una donna vecchia che non conosco!”. Io risi a crepapelle… di là c’erano la sua casa e la sua moglie da settant’anni!  Poi il babbo mi disse:“vedi lassù sulla collina, quel podere? Il nonno voleva raggiungerlo, lì aveva abitato fino all’età di vent’anni. Purtroppo ricorda solo le cose vecchie, ha l’arteriosclerosi”. Fu la prima volta che sentii quel termine e capii che non c’era niente da ridere.  Oggi si chiama demenza senile ed è una malattia tremenda.