San Quirico d’Orcia : il “manifesto con il no dei territori Val d’Orcia e Amiata alla centrale in Val di Paglia” inviato  ai ministri Franceschini, Cingolani e Giorgetti, all’Unesco al presidente della regione Giani, alla Soprintendenza di Siena-Arezzo-Grosseto, al Prefetto di Siena, ai segretari di tutti i partiti e dei sindacati  e a tutte le associazioni e istituzioni interessate.

Il testo contenente il “Manifesto del NO dei territori Val d’Orcia e Amiata alla centrale in Val di Paglia” (dopo la manifestazione di ieri a Radicofani ) è stato firmato da 35 firme  di sindaci, istituzioni locali, associazioni, imprenditori, ed è stato inviato da Ecosistema Val d’Orcia, a numerosi  soggetti istituzionali compresi i ministri Franceschini, Cingolani e Giorgetti, al  Presidente Bernabè della Commissione UNESCO Italia, al Presidente della Regione Toscana Giani, a tutti gli assessori e consiglieri  regionali, al Soprintendente Siena Arezzo Grosseto. Inoltre è stato inviato al Prefetto di Siena e , tra gli altri, anche ai segretari di tutti i partiti presenti di area e provinciali, alle associazioni di categoria provinciali dei settori commercio, agricoltura e artigianato,  ai sindacali, alle associazioni ambientaliste e di tutela del territorio e comitati locali.

Di seguito il “ Manifesto del NO dei territori di Val d’Orcia e Amiata alla centrale in Val di Paglia”

“ Ecosistema Val d’Orcia è un coordinamento costituito da un nutrito gruppo di associazioni, amministratori, operatori economici, studiosi, professionisti, cittadini, in costante rapporto con altre realtà e comitati costituiti sul territorio provinciale e regionale. Siamo tutti soggetti operanti nel sud della provincia di Siena, in un’area considerata troppo spesso periferica rispetto alla sede regionale; soprattutto l’Amiata, nella quale da decenni si sfrutta intensamente la risorsa geotermica. Risorsa sulla quale da tempo ci interroghiamo, coinvolgendo persone qualificate in convegni, iniziative pubbliche, rapporti istituzionali che si occupano di un argomento tanto complesso e che richiede, per noi che lo viviamo da vicino, un approccio multiplo e attento.  Perché, se è vero che la risorsa geotermica può essere rivendicata come centrale per la Regione, coprendo già ben il 70% dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in Toscana, è altrettanto vero che sempre più interessi si stanno muovendo verso una risorsa che per i nostri territori ha già superato da tempo i suoi margini di sfruttamento.   Ecco, quei margini noi li conosciamo bene, perché da anni seguiamo i tanti progetti di permessi di ricerca e di nuove centrali geotermiche che stanno spuntando un po’ ovunque sul nostro territorio; come conosciamo, del resto, il forte e crescente malcontento sociale che questa condizione sta generando.  Il territorio, dunque. Nelle parole di chi non vive queste terre, noi saremo probabilmente quei terribili reazionari còlti da sindrome NIMBY, quelli che dicono: “Fatele pure, ma non nel mio giardino”… In realtà, a ben vedere, non è proprio così: perché noi nel nostro giardino le centrali le abbiamo eccome, e da decenni, E con loro abbiamo anche i tanti problemi ad esse collegati.  Qualcuno, poi, potrebbe dire che siamo anche quelli della sindrome NIMTO , perché un po’ di acronimi ormai non si risparmiano a nessuno; ovvero quella sindrome che prenderebbe alcuni amministratori pronti ad esclamare: “Non nel mio mandato!”.  In effetti siamo accompagnati anche da molte istituzioni locali. E sentiamo vicini anche enti nazionali, che non mancano di condividere un certo numero di preoccupazioni sui nuovi progetti di centrali che vanno profilandosi all’orizzonte, istituzioni come le Soprintendenze, ad esempio, oggi tanto spesso attaccate.  Ma sulle istituzioni locali, vorremo dire questo: evidentemente in passato ci sono stati amministratori che hanno detto: “Va bene, facciamole le centrali”, magari anche a fronte di appetibili argomentazioni compensative. Oggi le situazioni sono in buona parte cambiate, se non addirittura radicalmente cambiate.  Oggi siamo di fronte a territori che hanno ben chiara la propria vocazione culturale ed economica, amministratori che non intendono tradire gli impegni assunti con i cittadini, imprenditori che hanno investito con passione in agricoltura biologica, turismo di qualità, servizi, su un territorio che ha nel paesaggio una risorsa fondamentale, un’idea stessa di attenzione e cura dell’ambiente sempre più interiorizzata dalle nostre comunità locali, comunità che intendono decisamente essere protagoniste attive del proprio futuro. Non abbiamo bisogno di star che vengano a insegnarci come abbellire il nostro territorio. La Convenzione europea del paesaggio è molto chiara sul tema: “Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni”, non come imposta dall’alto dai manager, dai professionisti profumatamente pagati, magari da aziende che vivono tutto questo come occasione per l’ennesima forma di capitalismo estrattivo: non siamo una miniera da depredare. E crediamo nella partecipazione. Quella partecipazione dal basso che deve essere uno dei pilastri di qualsiasi pianificazione di area; perché coinvolgere i territori nelle scelte che li riguardano, e coinvolgerli fattivamente non solo in linea di principio, significa migliorare quelle scelte, significa non imporle, non rinchiudere i momenti di decisione nelle stanze di un capoluogo lontano, terribilmente lontano, in un’ottica unilaterale e miope. La partecipazione deve essere una regola e una regola cogente, imprescindibile, inclusiva, che prenda atto della voce dei territori, non una bandiera da sventolare nei dibattiti. Per tutto questo, noi oggi diciamo no a progetti calati dall’alto, che snaturano la vocazione delle nostre terre e la volontà degli abitanti che li abitano, li vivono, li curano e li sentono come la loro casa. Perché la nostra bellezza è energia; una bellezza costruita e difesa da generazioni, una bellezza che oggi non lasceremo ferire e mettere in pericolo, che tuteleremo e svilupperemo, consci del suo valore, della sua forza, della sua storia.”