Città della Pieve : intervista con il  direttore d’orchestra Mauro Fabbri, eccellenza italiana, cittadino del mondo. Dirigerà la prima mondiale di “Shim Chung” da domani 29 al 31 agosto

Di G.Laura Ascione

Incontriamo Mauro Fabbri direttore d’orchestra, ospite a Città della Pieve, per dirigere la prima mondiale di “Shim Chung”, opera in due atti su libretto di Christian Bygott (versione italiana di Angelo Inglese) e musica di Angelo Inglese. Toscano di nascita, cittadino del mondo si divide tra Italia, Germania e Finlandia.

D.Puoi raccontarci qualcosa del tuo primo incontro con la musica?

R.Il mio primo incontro con la musica è stato casuale nel senso che è stata la musica a cercare me. Mi ha affascinato fin da piccolo, anche quando all’inizio la mia famiglia non credeva che potessi intraprendere questo studio, curioso chiedevo a mio fratello più grande chiedevo informazioni sulle musiche dei film. Arrivato a frequentare la scuola media inferiore, la prima domanda che ho fatto alla mia professoressa di musica, è stata: “Lei che strumento suona?” mi rispose:” pianoforte” ed io di risposta “vengo a lezione”. Così ho cominciato a prendere lezioni di pianoforte nascondendolo alla mia famiglia. Per fortuna quando lo hanno saputo non vi è stata nessuna opposizione, sorpresi per la mia scelta ma senza sentirsi delusi, era già un po’ che la chiedevo e forse è stata la conferma che ero realmente intenzionato a fare questo.

D.Come coniughi la vita d’artista con la vita di famiglia, vivendo oltretutto in Germania?

R.Esatto! Come fa qualsiasi essere umano costretto a doversi spostare per lavoro. Sono in contatto giornaliero con la mia famiglia tramite i mezzi normali e al momento che ho la possibilità di avere qualche giorno disponibile torno in Italia per stare con la mia famiglia.

D.Il tuo incontro con Karen Lauria Saillant come è avvenuto?

R.Grazie alla stretta collaborazione con un mio amico compositore che incaricato di scrivere un’opera perKaren Lauria Saillant contattò me per la direzione della sua musica. Mentre la collaborazione tra questo mio amico compositore e Karen ebbe una battuta d’arresto, la mia andò in porto. Incontro quindi casuale anche se, d’altra parte, ero stato allievo sia di Pietro Rigacci, per la composizione, eper la direzione, del padre Bruno Rigacci, che aveva già scritto musica per Karen e per il quale nutre grande stima, fu diciamo una garanzia a mio favore.

D.Mi parli di Shim Chung e della sua musica?

R.Ho trovato la scelta della storia estremamente felice perché di suo estremamente teatrale, la musica di Shim Chung del compositore e maestro Angelo Inglese è enormemente bella. Sono rimasto affascinato appena l’ho letta perché è intrisa di tutta quelle che è la nostra tradizione operistica, ci sono spunti belliniani e verdiani e uno mascagnano e pucciniano molto radicato a testimonianza che il maestro Inglese ha ben chiara qual è la nostra storia operistica.

D.Cosa pensi della musica composta da Angelo Inglese?

R.E’ estremamente coinvolgente, è tutta la tradizione dell’opera italiana. Quell’opera che ha fatto piangere qualora fosse tragica o ridere se comica e ha fatto godere da secoli il pubblico di tutto il mondo. Tutto ciò è ben chiaro in questa partitura.

D.Come è stato il vostro primo incontro?

R.I nostri primi contatti sono stati telefonici per parlare della sua idea e conoscerci artisticamente. Di persona ci siamo incontrati qui a Città della Pieve. In attesa del suo arrivo avevo già lavorato sulla sua opera secondo quelle che erano le mie sensazioni, impressioni ed emozioni e quando ci siamo seduti al tavolo con la partitura davanti e ci confrontavamo su quale era la sua idea compositiva e su come io l’avevo saputa interpretare, ci siamo trovati decisamente vicini. Avevo indovinato il novanta per cento di ciò che lui aveva messo in partitura, sintomo anche di una scrittura ben fatta, chiara.

D.Si può provare un sentimento personale lavorando su una composizione non propria?

R.Assolutamente sì, ogni interprete filtra il lavoro degli altri con la propria personalità, quindi è normale che questo avvenga e se non fosse così la musica da sola in quanto tale non riuscirebbe a creare emozione nel pubblico.

D.Mi descrivi le tue emozioni, anche se non è facile a parole, quando hai letto per la prima volta la partitura?

R.E’ stato fare un salto completo in tutta l’opera italiana, da Rossini, Bellini fino ai giorni nostri nella tradizione più classica ed escludendo quella più sperimentale. Un emozione bella e la prima cosa che ho esclamato è stata :”dai quest’anno ci divertiamo”.

D.Quali sono le difficoltà che si incontrano dovendo dirigere un cast e un’orchestra di 24 nazionalità diverse?

R.Questa è una bella domanda. Le difficoltà sono molte a partire dalla semplice lingua, non tanto di comunicazione perché almeno con l’inglese si riesce a dialogare, quanto il tipo di vocalità o di scuola vocale, parlo dei cantanti, spesso non vicina all’opera italiana. Per quanto riguarda la parte strumentale le cose si complicano, la varietà non tanto legata alla nazionalità ma alle tradizioni, alla musicalità dalla quale provengono. In più gioca l’esperienza, molti sono solisti che non hanno mai suonato in orchestra di conseguenza il primo impatto risulta difficile, il lavoro consiste nel creare armonia portando tutti ad esprimere il meglio di sé nella famiglia orchestrale.Il tutto è facilitato dalle sensibilità personali, se c’è una buona conoscenza dell’opera italiana o se si è avuto modo di suonare in un’orchestra si sono potute sperimentare alcuni tipi di convenzioni dell’opera o convenzioni esecutive. Mentre rallenta se sono ottimi solisti quindi non così elastici ad essere inseriti in un contesto più ampio e assolutamente diverso.

D.Programmi o progetti per il futuro?

R.Rientrerò nel mio teatro a Stralsund, nel nord della Germania, fino alla fine di gennaio, dopo una pausa tornerò nel teatro di Helsinki dove ho avuto, per qualche mese, un nuovo incarico. Ormai cittadino del mondo mi dividerò tra Germania e Finlandia.