Quarto appuntamento con i canti del Purgatorio “rivisitati “ dal poeta Piero Strocchi

38 (canto n. 09 del Purgatorio) (Santa Lucia)
Luogo – (Anti Purgatorio, Valletta dei Principi, Porta del Purgatorio);
Guardiano – (Catone Uticense, Angelo Guardiano);
Peccatori – (Spiriti negligenti; Troppo presi dalla gloria mondana, attesero la fine della vita per pentirsi);
Pena – (Sostavano nell’Anti Purgatorio per il tempo di durata della loro vita);
Personaggi – (Santa Lucia come riferito da Virgilio).
Transitava nel mio sogno la dea Aurora che ogni dì recava con il suo carro, le prime luci dell’alba.
Quando in quella Valletta, mi appoggiai sull’erba fresca dove a capofitto mi buttai,
Ben presto profondamente mi addormentai.
Sognai perfino Afrodite, che per punire Aurora dei suoi leggeri e passeggeri amori, la fece invaghir di tanti mortali.
Forse la storia più intensa e meno scialba,
Aurora la visse in quel mio primo frammento di sogno con Titone, di cui veramente s’innamorò, come non le era capitato mai.
Aurora supplicò suo Padre Zeus di renderlo immortale
Il suo bel Titone, però dimenticando di chiedere per lui anche il dono dell’eterna giovinezza.
Aurora in realtà s’era innamorata, ma solo della bellezza del suo amato,
E quando lui invecchiò, per lei divenne un amore disperato.
Conclusa questa onirica narrazione, nella parte conclusiva del sogno ebbi la percezione che fosse giunta l’alba:
Quando solitamente la rondine garrisce,
Immaginando che volteggiasse un’aquila dal piumaggio d’oro, che nel sogno quasi mi ghermisce,
Recandomi in alto, così prossimo al solare fuoco,
Che ebbi l’impressione si trattasse di un bel gioco …
D’altra parte, alla fine del mio sogno ormai ero prossimo, e quindi vicino era il risveglio,
E allora ad esso io credetti, certo di non commettere uno sbaglio:
Ed immaginai me stesso come Ganimede rapito dagli dei e come lui, oltre procedetti.

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Mi risvegliai che il sole era già alto, ma dove fossi, ahimè non mi sovvenne.
C’era solo Virgilio: nessuno dei Principi negligenti era lì con me: il Maestro mi spiegò che stava tutto procedendo bene,
E che Santa Lucia mi aveva dolcemente prelevato, durante quel mio lungo sogno premonitorio,
Per portarmi lì dove ora ero: cioè dove si trovava la porta per entrar nel Purgatorio,

Per poi lasciarmi un istante prima del risveglio.
Come salii più su, ivi condotto dalle dolci mani di Santa Lucia,
Così ora mio lettore, il tono eleverò ancora della narrazione mia.
Lucia per la seconda volta mi ridonò la vista, a che il mio percorso scrutassi meglio;
Come quando da giovane, mi ridonò la vista,
Alquanto maltrattata dalle letture, che ormai s’era fatta assai modesta.

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Ero davanti alla porta del Purgatorio,
Superati tre scalini che mi separavano da quello sconosciuto territorio.
Procedetti per tre passi per realizzare, forse inconsciamente,
La simbologia del sacramento della confessione redimente.
Di quei tre scalini che avevo innanzi a me:
Il primo era in marmo bianco, per specchiarmi l’anima e per prendere atto e consapevolezza dei peccati ormai commessi;
Il secondo era in pietra scura, screpolata, che stava lì a ricordarmi l’animo da peccatore;
Il terzo, era di granito rosso, che identificava la carità dell’assoluzione, e che asseverava la volontà del peccatore a rimediare ai suoi peccati.
L’Angelo Guardiano, di una spada armato, qual simbolo di giustizia e della sua funzione sacerdotale, a me di fronte
La lettera “p” di “peccatore” per ben sette volte mi incise sulla fronte.
Dai sette peccati capitali mi dovrò comunque purificare lungo quel percorso e ognun di essi mi verrà cancellato al mio sortir da ogni Cornice.
Due chiavi recava con sé l’Angelo Guardiano:
L’una era d’oro, a simboleggiar l’autorità del confessore;
L’altra era d’argento, a rappresentar la scienza e la sapienza di chi assolve.
Queste due chiavi furono consegnate all’Angelo Guardiano, da San Pietro.
Entrambe adatte all’uso più sapiente,
Con ciò volendo io stesso evidenziare la facilità con cui la Chiesa distribuiva, nella mia stagione, le indulgenze.
Virgilio mi invitò a gettarmi devotamente ai piedi dell’Angelo Guardiano,
Per chieder misericordia, dopo essermi battuto per tre volte il petto con la mia mano.

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L’angelo con sguardo dolce e tono fermo, ci disse in forma scarna:
“Ora la porta io vi apro ma pur vi avverto: chi volgerà lo sguardo indietro, indietro subito ritornerà”.
Stridette non poco all’apertura, quella porta:
Era il primo passo dentro al Purgatorio, e udimmo un canto ecclesiastico, appena venne aperta.

42 (canto n. 10 del Purgatorio) (Prima Cornice) (Superbi)
Luogo – (Purgatorio, Prima Cornice);
Custode – (Angelo Guardiano);
Peccatori – (Superbi);

Peccato – (Mancanza di amore verso il prossimo)
Pena – (Le anime penitenti erano ricurve sotto un grande macigno ed erano costrette a guardare in basso; mentre in vita con presunzione miravano in alto).
Appena entrati nel Purgatorio, alle nostre spalle quella stridente porta velocemente si richiuse.
Fui ben attento a non volgere indietro il mio sguardo: era una delle attività che lì mi erano precluse.
Prima dell’incontro con le anime penitenti all’interno di ogni singola Cornice, avremo delle visioni orientate nell’opposta direzione dei peccati lì puniti.
In quel momento il nostro percorso appariva complicato,
Ecco perché Virgilio mi invitò a camminar con attenzione su quell’instabile e contorto selciato.
Arduo e movimentato si presentava sin dall’inizio quel percorso di salvezza e contrizione;
D’altra parte eravamo lì per una giusta finalità, e per noi il procedere era quasi una liberazione.
Arrivammo quindi alla Prima Cornice, quella dove erano presenti le anime penitenti dei Superbi.
Procedendo come sempre arditi e caparbi,
Lungo quel cammino scorgemmo sculture e bassorilievi sullo zoccolo, posti ad ornamento proprio là,
Così mirabili alla sguardo che neanche Policleto, l’Architetto greco del IV° Secolo a.C. – quando progettava i suoi più armoniosi frammenti a decoro –
Avrebbe potuto meglio disegnare, che la sua arte io pure ben conosco e pur tanto la ammiro.
A rappresentare il sentimento opposto alla superbia: ovvero l’umiltà.

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Come quel bassorilievo che raffigurava l’arcangelo Gabriele nell’atto di annunciare a Maria la nascita del Gesù:
Talmente era reale e veritiero che quasi appariva dicesse alla Madonna: “Ave”; la quale: “Ecce ancilla Dei” par gli rispondesse pur da dove ella stando, leggermente più in su.
Un pò spostata sulla destra invece vidi un’altra incisione nella roccia: era un carro che trasportava l’Arca dell’Alleanza trainato da buoi, con intorno i sette cori che cantavano all’unisono: anche qui la scultura mi apparve veritiera e pertinente.
L’Arca era preceduta dall’umile Re David, che par suonasse la cetra, con la veste sollevata in far danzante:
Di fronte sua moglie Micòl che osservava quella scena da una torre, che mi apparve leggermente infastidita.
Re David per i Cristiani fu l’antenato di Giuseppe, il padre putativo di Gesù Cristo; per gli Ebrei il Re di Israele e l’antenato del Messia; per gli Islamici il Profeta predestinato.
Re David si macchiò però di un grave peccato: mandò a morire un suo ufficiale in guerra, per sposarne la vedova Betsabea con la quale già aveva una relazione, ma fu così umile nel suo profondo pentimento a fronte di quel gesto compiuto, da essere addirittura perdonato.
Non sappiamo se la storia andò davvero così o si trattasse di una leggenda; qui il fatto io lo narro perché si possa dare il giusto peso all’umiltà intesa come distacco dal proprio orgoglio, ed all’eccessiva sicurezza in sé, riferita.

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Una terza scultura mi si presentò alla vista: anch’essa sembrava mi parlasse.
Pur con altri personaggi mi apparve così realistica da lasciarmi lì stupito ad osservarli.
Rappresentava l’imperatore Traiano a cavallo:
Gli stendardi con l’aquila imperiale mi apparvero sventolanti, così nitidi e trasparenti quasi si trattasse di una scultura di purissimo cristallo.
Prossima all’imperatore si scorgeva una vedova, in lacrime e sofferente,
Che pareva dirgli con animo dolorante:
“Mio imperatore, vendica mio figlio, per la cui morte ora mi dispero”;
“Appena rientrerò dalla guerra provvederò certamente”, le rispose Traiano;
“Mio Signore – ribadì la donna – e se tu non dovessi più tornare?”
“Nel caso chi sarà al mio posto ti renderà giustizia” concluse con parole un pò distaccate l’imperatore,
“E come potrà tornare a tuo giovamento ciò che non fai quando invece devi?” ancora tenace ribadì la vedova.
Punto nell’orgoglio Traiano riuscì a liberare tutta la sua umiltà.
“Ebbene ti darò retta: l’atto di giustizia che mi richiedi lo compirò ora, sì, prima di partire”.
Anche in questo caso quella divina scultura mi fece vivere proprio lì, mentre ero presente quello scambio di battute che appena ho narrato, e trovai a dimostrazione come la superbia possa trovare il proprio giusto contrappasso soltanto nell’umiltà.
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Nella Prima Cornice del Purgatorio la pena dei Superbi, lì presenti,
Li rendeva simili alle cariatidi dei capitelli della architetture romaniche, mantenuti a sostegno degli architravi.
D’altra parte le cariatidi sono figure umane, femminili, che recano le ginocchia al petto, appunto tali sembrano quelle anime penitenti che sopportando davvero un gran dolore,
Recano sulle proprie spalle grandi massi che quale loro contrappasso, fino a fine pena, lì dovranno portare
E che le costringe a muoversi ritorte con fatiche rilevanti:
Esattamente l’opposto di quanto i Superbi invece fecero in vita, con i loro portamenti elevati ed i loro sguardi verso tutti gli altri assai sprezzanti.
Per essi l’unica consolazione era che nella peggiore delle ipotesi, la loro pena finirà,
Non più tardi del giorno in cui il Giudizio Universale arriverà.