Toscana : indagine Irpet ; assessore regionale Marras, ‘piccolo commercio ancora determinante, prevale dimensione relazionale’

Il commercio in Toscana illustrato grazie all’indagine, aggiornata, curata da Irpet. Un rapporto che sottolinea ancora la grande forza della piccola e piccolissima impresa, dell’importanza di queste realtà per il tessuto economico e sociale di tanti centri. E che individua anche le sfide per il futuro, a partire dall’affermazione del commercio digitale fino alla necessità di fare rete ed unirsi per riuscire a restare competitivi. Se n’è parlato a Palazzo Strozzi Sacrati in occasione della presentazione. “E’ un settore – ha detto l’assessore all’economia Leonardo Marras – che negli ultimi 10 anni ha subito profonde trasformazioni. Sono arrivate le grandi catene e prevale l’idea di un commercio legato alle grandi superfici di vendita, anche se in realtà la Toscana resta una delle regioni con il più alto numero di negozi di vicinato e dove quindi la dimensione relazionale costituisce un punto di forza. I numeri parlano chiaro: dal 2007 al 2019 le imprese complessivamente sono calate del 17% e nelle aree interne addirittura del 25%. In calo anche addetti e salari. Insomma luci ed ombre, ma in generale un sistema che ha saputo reggere agli urti più rilevanti, come la pandemia”. L’avvento del commercio online è stato un fattore determinante. “Un elemento da mettere in evidenza – ha aggiunto Marras – è la capacità del settore di sfruttarne le potenzialità: ha permesso di aumentare l’offerta di servizi e può diventare una chiave di volta per trovare nuovi spazi sul mercato”. Grande distribuzione contro piccola e piccolissima impresa. “Il dominio dei grandi centri commerciali – ha concluso l’assessore – è stato frenato anzitutto con la fissazione di un limite di legge alla superficie, scoraggiando nuovi investimenti. Ma anche l’offerta, in questi grandi centri, si è trasformata: si assiste all’integrazione con forme di intrattenimento, di ristorazione ed altri tipi di servizi. Anche in queste realtà è diventato importante l’elemento relazionale, il rapporto con la produzione locale, la qualità dei prodotti”.

Commercio, la situazione in Toscana secondo il rapporto Irpet 

Un’istantanea del commercio in Toscana, settore che contribuisce per il 10% al fatturato regionale, con oltre 28 mila imprese e che si è trasformato nel tempo, sia per il progressivo aumento delle dimensioni medie degli esercizi che per la diffusione di nuovi modi e modelli di distribuzione e di vendita online. Articolazione, diffusione, rilevanza per il sistema economico regionale. Sono gli elementi che caratterizzano il commercio al dettaglio in Toscana e che derivano dall’importanza del turismo e dall’esistenza di molti centri urbani anche di piccole dimensioni. Un settore tuttavia vulnerabile (maggioranza delle imprese piccole o piccolissime, basso valore aggiunto sul fatturato, bassi stipendi), alle prese con fenomeni di concentrazione territoriale dovuti da un lato al consolidamento della presenza dei grandi spazi commerciali, alimentari e non, nelle aree maggiormente urbanizzate della regione, dall’altro alla progressiva contrazione della presenza commerciale nelle aree periferiche e alla maggiore diffusione di formati piccoli e medi nei principali centri urbani. Ma, al tempo stesso, capace di attutire meglio di altri settori l’impatto della pandemia, ampliando i canali di vendita e prevedendo una riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro. 28mila imprese e oltre 33mila unità locali: il commercio in Toscana, nonostante la diffusione dei grandi formati, è fatto soprattutto di imprese piccole e piccolissime, il 66% delle quali operano nel settore non alimentare e, di queste, il 25% sono negozi di abbigliamento, l’8% cartolerie, il 6% calzature e ferramenta. Gli esercizi alimentari sono circa un quarto del totale: il 26% di questi vende prodotti legati al tabacco, il 17% sono macellerie e il 12% negozi di ortofrutta. I non specializzati sono poco meno del 10% del totale. In termini di addetti copre tutta la regione e si concentra nelle principali aree urbane ed in quelle a maggior vocazione turistica dove, sebbene la presenza della GDO sia consistente, il piccolo commercio prevale per sfruttare la stagionalità dei flussi. Nelle città oltre alla quantità di esercizi commerciali diventa importante anche la loro qualità, per la presenza di consumatori in grado di sostenere mediamente un livello di spesa più alto. Situazione opposta nelle aree industriali, dove i piccoli negozi sono più rari in quanto poco attrattive per i turisti e nelle quali la presenza di realtà più grandi è più marcata. Maggiori le difficoltà nelle arre interne appenniniche a causa della riduzione demografica. Il commercio al dettaglio incide sull’economia regionale per il 9% in termini di addetti e di imprese e per il 10% in termini di fatturato. Il valore aggiunto sul totale del fatturato è del 19% e viene mediamente destinato per il 42% al pagamento di salari e stipendi. Il commercio al dettaglio alimentare ha il più basso valore aggiunto per addetto ed i salari più bassi per lavoratore dipendente.I lavoratori indipendenti sono il 36% e due terzi degli occupati nel commercio al dettaglio è di genere femminile. Sono i giovani (il 34% ha tra i 15 e i 29 anni) e gli over 50 (34%) ad essere i maggiori impiegati nel settore e prevalgono gli italiani (87%). Un dipendente su 3 ha un titolo della scuola secondaria di I grado, il 47% è diplomato. Lo stipendio medio annuo è circa 22mila euro, -14% rispetto a quello medio calcolato sul complesso dell’economia e -25% rispetto alla manifattura. Nel commercio alimentare il salario medio supera di poco i 17mila euro annui, nella GDO e nel commercio non alimentare supera i 22mila euro.Le province col numero più alto di unità locali per abitante sono Grosseto e Livorno, seguono Siena, Massa Carrara, Lucca e Arezzo. In generale dalle 11 attività/1000 abitanti del 2007 si passa alle 9 del 2019. Le uniche province dove, nello stesso periodo, è aumentato il numero di addetti sono Firenze e Prato mentre in tutte è cresciuta la dimensione media aziendale. In termini di presenza di servizi commerciali in rapporto alla popolazione, le aree più turistiche, i sistemi agrituristici e quelli della costa hanno la maggior diffusione. Sempre nel periodo 2007-19 nelle aree interne le imprese diminuiscono del 25% (e -14% di addetti), nei sistemi agrituristici e in quelli balneari del 19%: qui la diminuzione più contenuta degli addetti indica non solo una minore diffusione di questo settore ma anche una maggiore presenza dei formati più grandi. Nelle aree urbane, con la diffusione dei formati di dimensioni maggiori, la perdita di unità locali è accompagnata da una sostanziale tenuta dei livelli occupazionali.E’ il piccolo commercio alimentare, nel periodo 2007-19, a subire le maggiori perdite, in termini di addetti e di unità locali, rispettivamente -18% e -14%. Segno opposto per la GDO: +30% di unità locali, +10,3% addetti. Le aree interne, nel periodo di riferimento, sono quelle che hanno subito la contrazione più consistente (in linea con il trend della popolazione): -25% di unità locali e -14% di addetti con leggero aumento delle dimensioni medie degli esercizi. Riduzione anche per aree rurali e costa, parzialmente controbilanciata dalle nuove aperture della GDO. Nelle città aumenta la GDO a danno del piccolo commercio, alimentare e non.