Ambulanti a rischio estinzione: grido d’allarme di Fiva (Federazione Italiana Venditori su Area Pubblica)-Confcommercio che chiede di riaprire i mercati che possono garantire elevati standard di sicurezza

“Gli ambulanti rischiano l’estinzione”. Il grido d’allarme arriva da Fiva-Confcommercio Arezzo, la federazione che riunisce gli operatori su aree pubbliche. “Siamo ormai arrivati al secondo mese di chiusura totale, cinquanta giorni di inattività sono davvero troppi per una categoria come la nostra, che vive dei flussi di cassa giornalieri”, spiega preoccupato il presidente provinciale e regionale della Fiva Rodolfo Raffaelli, che nelle settimane scorse ha inviato a tutti i Sindaci della provincia di Arezzo una lettera con la richiesta di sospensione della Cosap. “Dobbiamo almeno fermare le uscite, in questo periodo in cui le entrate non ci sono, altrimenti ci vediamo costretti a chiudere le nostre imprese”.  Ma, soprattutto, Fiva-Confcommercio chiede ai Comuni la riapertura dei mercati. “Chiediamo di tornare a lavorare. Oltre tutto i mercati si svolgono all’aperto e possono garantire standard elevati di sicurezza e di rispetto del distanziamento sociale. Noi siamo disposti a fare la nostra parte perché le regole siano rispettate da tutti, operatori e clienti. Ma vogliamo e dobbiamo lavorare”. Confcommercio e Fiva lanciano quindi l’idea di una task force provinciale sul tema sicurezza nei mercati: “ovvio che in questo momento la salute debba essere il primo pensiero di tutti, ma dobbiamo subito progettare un modello di lavoro che permetta un graduale ritorno alla normalità anche nei mercati, conciliandolo alle esigenze di contenimento del contagio. Siamo disponibili a supportare le amministrazioni comunali per individuare le migliori soluzioni per una riapertura sicura dei mercati, partendo il prima possibile dal settore alimentare, poi allargandosi agli altri”. Per gli ambulanti il momento è drammatico. “Da inizio marzo”, racconta Raffaelli, “siamo tutti bloccati, a parte quelli che vendono prodotti alimentari, frutta e verdura. E anche fra di loro c’è chi preferisce non ripartire perché, considerando che solo pochi (e piccoli) Comuni consentono lo svolgimento del mercato, i costi sarebbero superiori ai guadagni. Con il rischio, tra l’altro, di dover offrire alla clientela prodotti non sempre freschi o di doverli buttarli via. Ovviamente va peggio per chi vende prodotti non alimentari come abbigliamento, intimo, calzature, casalinghi. Si prospettano tempi bui e di grande difficoltà economica. Di questo passo a fine anno chiuderemo in rimessa».