Castiglione del Lago: importanti risultati dagli scavi archeologici al Poggio. Un grande complesso di epoca imperiale prova l’esistenza di una Castiglione antica

Da più di un cento anni, storici e archeologi sono convinti che a Castiglione del Lago ci sia stato un insediamento romano. Tuttavia, non si è mai trovata prova dell’esistenza di tale sito, tranne per la presenza dei resti delle cosiddette “Bucacce”, come i castiglionesi chiamano la zona dove è sempre stata visibile una struttura composta da quattro arcate a cui si appoggia una grande struttura attraversata da un canale per il deflusso delle acque.All’incontro pubblico  a Palazzo della Corgna hanno partecipato in tanti, addetti ai lavori ma soprattutto castiglionesi curiosi che hanno ascoltato la presentazione dei primi risultati delle indagini che hanno visto all’opera ventidue ricercatori, tra archeologi e studenti di “The Umbra Institute”, “DePauw University” e “Associazione Acqua”, sotto la direzione scientifica dei professori Rebecca Schindler e Pedar Foss, l’assistenza degli archeologi Stefano Spiganti, Giampiero Bevagna e Giancarlo Santarelli, grazie alla concessione del Ministero della Cultura sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, nella persona della dott.ssa Paola Romi. Da sottolineare la collaborazione fattiva e il grande impegno dell’associazione castiglionese “Archeo Trasimeno”. Ha introdotto la conferenza l’archeologo Stefano Spiganti, presidente dell’Associazione Acqua, spiegando l’interesse verso questo sito da parte del nucleo di lavoro che opera dal 2015 attraverso il progetto TRAP “Trasimeno Regional Archaeological Project” che prevede la ricerca, il recupero e valorizzazione dei beni archeologici presenti sul territorio del castiglionese, iniziativa nata grazie alla stretta collaborazione tra la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, il Comune di Castiglione del Lago, The Umbra Institute di Perugia, il Dipartimento di Studi Classici della DePauw University di Greencastle (Indiana, USA), l’associazione castiglionese “Archeo Trasimeno” e l’Associazione Acqua. «È una scoperta straordinaria per Castiglione del Lago – ha commentato il sindaco Matteo Burico – che ci ricorda l’alone di mistero e di fascino che aleggiava nella mente dei ragazzini di tante generazioni diverse, me compreso. Conoscevamo tutti l’esistenza di questo sito, ma oggi, grazie a una nuova sensibilità, soprattutto grazie all’associazione castiglionese Archeo Trasimeno, che fa animazione culturale autentica nel territorio, e all’intesa consolidata fra “The Umbra Institute”, “DePauw University” e “Associazione Acqua”, abbiamo accertato che questo territorio ci può fornire importanti novità che possono essere veramente una base non solo per riscoprire le nostre radici, che sono importanti per guardare al futuro, ma anche per attività di marketing territoriale, fondamentale per il nostro territorio. Naturalmente ringrazio la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria rappresentata dalla dottoressa Paola Romi, con la quale abbiamo un rapporto consolidato».Paola Romi ha parlato di svolta nella scrittura della storia del territorio e ha ringraziato il proprietario del terreno Antonello Malvagia per la generosità e la disponibilità dimostrata: «A mio avviso questa è un’occasione da non perdere per applicare in concreto quello che è lo spirito autentico della Convenzione di Faro che promuove una comprensione più ampia del patrimonio culturale e della sua relazione con le comunità e la società. Qui a Castiglione le evidenze sono chiare e incontrovertibili: il paese e lo scavo sono un tutt’uno e credo ci saranno sviluppi futuri tali da prevedere una valorizzazione del sito. L’Amministrazione di Castiglione del Lago è presente, disponibile, consapevole del valore di queste scoperte e la comunità scientifica che opera è altamente qualificata». I professori Rebecca Schindler e Pedar Foss hanno spiegato ad un pubblico attento e partecipe le novità emerse. «Per questa prima campagna di scavi abbiamo avuto tre obiettivi: capire se l’occupazione romana del poggio si estendesse oltre le rovine visibili della struttura a volte; determinare la funzione della struttura a volte durante il periodo romano; capire come, attraverso i secoli della storia di Castiglione, le varie vicende umane e ambientali abbiano costruito la sequenza archeologica di questo versante del Poggio. Abbiamo quindi individuato specifiche aree di indagine ed abbiamo aperto alcuni saggi di scavo sulle tre terrazze che si sviluppano lungo la scalinata che porta in via Belvedere».Rebecca Schindler ha parlato iniziando dalla struttura già conosciuta. «Dall’inizio della campagna è stato chiaro che il livello d’occupazione romana era stato completamente distrutto. Si può vedere dove sono le tegole alla base del muro che indicavano il livello del pavimento romano; sotto le arcate è visibile il banco di roccia naturale che indicano i piani di vita nell’antichità. La tecnica di costruzione in “opus mixtum” (pietre sistemate a reticolo insieme a tegole o laterizi) indica che questo edificio è stato costruito in età alto-imperiale, entro un arco cronologico compreso tra la fine del I secolo a. C. e il periodo adrianeo. È possibile che di fronte alle arcate fosse presente un ambiente per la produzione e immagazzinamento di prodotti del territorio e forse principalmente del lago». «Appoggiato alla struttura a volte – ha affermato la professoressa americana – c’è il grande canale per il drenaggio dell’acqua. Questo tunnel sembra partire dalla terrazza più in alto dove il cunicolo si interrompe con un pozzetto costruito in laterizio. Quest’anno abbiamo scavato sia di fronte al canale che in parte all’interno, per capire come è stato costruito e quanto è grande. Proprio di fronte al tunnel c’erano tanti frammenti ceramici, tra cui una coppa di bucchero e parecchi pesi ad anello per la pesca. La cosa più interessante di questa campagna è la prova che la struttura a volte fosse parte di un più grande complesso romano. Nelle terrazze superiori la preservazione delle rovine è ottimale, grazie al terrazzamento realizzato nel XVIII secolo. Sulla terrazza centrale si trovano una serie di stanze dello stesso periodo della struttura “a volte”. Abbiamo ancora da scoprire la planimetria completa di questo edificio che conserva alzati fino a quasi due metri di altezza. Negli strati più profondi raggiunti abbiamo intercettato un livello pieno tracce di legno carbonizzato che testimoniano un grande incendio, forse la fase finale della occupazione romana».

«Nella terrazza più in alto – ha concluso Schindler – abbiamo scoperto una grande pavimentazione costituita da basoli, una grande area scoperta verosimilmente identificabile come una strada o un cortile; negli strati di terra che la ricoprivano sono emersi numerosi frammenti di vernice nera o addirittura di bucchero nero, che potrebbero far ipotizzare la pavimentazione come di epoca etrusca».