Quattordicesima puntata con i canti del Paradiso della Divina Commedia “rivisitata” dal poeta Pietro Strocchi. In questo caso è un “canto aggiuntivo”

 

186 (CANTO N. 34 AGGIUNTIVO DEL PARADISO)

(LA BELLEZZA DELLE MERAVIGLIE DEL MONDO)

Sette erano le meraviglie al mondo, per convenzione
Ognuna di esse aveva il proprio nome ed una propria storia, così ci narra la tradizione
Ognuna di queste meraviglie si è trovata nella diversa condizione
Di svolgere nei secoli una propria specifica funzione.

187 (La bellezza della piramide di Cheope a Giza)
C’è la bellezza di una Piramide, gioiello di ingegneria
Progetto di 2500 anni prima di Cristo, oggi ancora in essere, ed importante crocevia
Di turisti, di storici, e di esperti di Egittologia.
Realizzata ad onore di Cheope il Faraone
Per la sua morte, qualsiasi fosse stata la ragione
Nel rispetto della sua pace perpetua
Imperitura nei secoli, di certo ancor meglio di una statua
Sopra piuttosto che sotto la terra, non in uno spazio perso
Ma proporzionata col resto delle misure del nostro universo.

188 (La bellezza dei giardini pensili di Babilonia)
La bellezza sono i giardini pensili di Babilonia, in Mesopotamia
Su diversi livelli realizzati
A terrazze di pietre o di mattoni smaltati
Era cosa nuova alla vista
Di tutto provvista
Dubbi invece esistono
Che siano esistiti per davvero.
Quando fu distrutta la Porta degli dei
Come veniva detta Babilonia
Erano passati quattro anni dal 486
Le lingue si mischiavano tra loro come frutti nella macedonia
Dal Persiano Ciro essa venne conquistata
Venendo dalla sua popolazione quasi subito abbandonata.

189 (La bellezza della statua di Zeus ad Olimpia)
È bellezza quella grande statua, dedicata a Zeus, ad Olimpia
Era la postuma speranza che ogni cosa si compia
Essendo sufficiente una giusta preghiera, che tutto realizza
Ma così non è: piuttosto certamente
Occorre esser sani nell’agire e nel pensiero della nostra mente.

190 (La bellezza del tempio di Artemide ad Efeso)
Ad Efeso in Turchia il tempio è di Artemide, è una bellezza che in sé raccoglie
La quarta delle terrestri meraviglie
Dea della caccia e della luna crescente, che il da farsi sempre consiglia
Diana vergine senza le trecce
Sotto voce ancora bisbiglia
Con arco, faretra e frecce.
Lì favorisce le nascite e la fertilità
Fonte di rinnovo dell’umanità.
Oltre mille metri di superficie, tempio davvero grandioso
Da terra elevato, molto spazioso
Ioniche di stile, e di più di venti metri di elevazione
Ben centoventisette colonne ne definivano la perimetrazione.
Che per secoli si sono fatte tra loro compagnia.
Riti ai più sconosciuti
All’interno compiuti
Con tutta la loro pomposa sinfonia.
Dedicato al dio che soleggiava

191 (La bellezza del colosso di Rodi)
È bellezza è il colosso di Rodi che ritto se ne stava
Trecento anni avanti Cristo
Ce ne vollero dodici per realizzarlo, fu sempre benvisto
Trentadue metri di altezza
Dalla scuola di Lisippo realizzato, di grande bellezza
E di rilevante impatto, settantacinque anni soltanto in piedi restò
Quando un furioso terremoto che in due parti, lo sezionò.

192 (La bellezza del tempio di Alicarnasso)
È bellezza il tempio di Alicarnasso, in Turchia
Tomba di Mausolo, satrapo di Caria
Che Ciro il Grande, nel governo persiano
In Satrapìe, divise il potere, che richiedeva impegno, davvero
Tra i Signori più capaci del suo Impero.
Assoluto fu il loro potere e forte
Mausolo fu il primo a farsene ragione
Sposata Artemisia, sua sorella, di molto capace, insieme a corte
Che ad Alicarnasso, qual sua consorte
Proseguì legittima la successione.
Opera importante, funeraria
Che divenne parametro di riferimento
Siamo nel 350 avanti Cristo
Per tutti i successivi condottieri, re ed imperatori
Tanto da diventare, il mausoleo
Per la memoria, per l’onore, ma anche per il perdono
Oltre che di giubilo, ed anche loro eterno giubileo.
Antichi fuochi prossimi al lido
Sulle colline venivano accesi, qual unico affido
Pei naviganti, il cuor loro alfin confortando
Chi terra sicura andavano trovando.

193 (La bellezza del faro di Alessandria)

Il Grande Alessandro, in Alessandria fu innovatore
Grande faro facendo innalzare
Terrena bellezza, con luce adatta alle notturne ore
Quarantacinque piani di altezza oggi diremmo
Ma del 280 avanti Cristo stiamo parlando.
Sulla spiaggia d’Egitto, ad Alessandria, nella città moderna
Grazie ad un sistema di specchi in bronzo
A terra posti per esser riflettenti, approdo sicuro per il navigante savio, ma nel caso anche sbronzo,

Venne posta quella grandiosa lanterna.
I suoi 130 metri caddero a terra
Col tempo, ma più ancora coi terremoti per cui divenne materiale di zavorra

194 (La bellezza della saggezza nel vivere, che ci insegna il saggio)
Il mondo è come una nave
E magico è il potere della vicinanza
Più che alla forma occorre badare alla sostanza, come fa il saggio quando si siede a tavola per mangiare
Sia d’oro oppur di legno la sua posata,
Il saggio quando mangia questo non lo nota
Piuttosto presta più attenzione
A ciò che c’è nel piatto
Fosse carne, oppure uova di storione.
Questo per dir che c’è chi bada all’apparenza
E a chi invece gli interessa di più o soltanto la sostanza
Vecchia diatriba non solo di pancia
Che segna tutt’ora una grande differenza.
Ma posata è anche le sua idea
Che il saggio manifesta con prudenza e discrezione
Anzitutto perché potrebbe anche sbagliarsi di opinione
E poi perché dentro al giardino non c’è soltanto l’orchidea.
Aristotele notava che il saggio pensa sempre ciò che dice
Ma non sempre dice tutto ciò che pensa
E questo è un agire ricco di prudenza
Dove piccola è la ferita, e dove quindi non ci sarà una cicatrice.
Sta piuttosto nella capacità di ascolto di chi sente
Distinguere se il saggio è veritiero
Oppur se in parte omette o mente
Che poi non c’è più sordo al mondo
Di chi non vuol sentire, lui invece ben potendo.
Il saggio scelga pur liberamente la sua posata
Che questo agire gli è del tutto indifferente
Siano piuttosto altri ad ascoltare attentamente
Le parole che promana dalla sua bocca così bene controllata.

195 (La bellezza degli animali che ci insegnano la bellezza con i loro eroismi ed i loro misteri)

Una delle tante meraviglie del mondo
È l’agire degli animali
Ricco di logica, senza risentimento profondo
Come spesso si dimostra invece l’agir dell’uomo nei suoi atteggiamenti più illogici e brutali.

196 (La bellezza dell’eroismo del salmone)

Proficuo insegnamento dovremmo trarre dall’eroismo del salmone
La cui femmina risale il fiume due o tre volte nella sua vita
Per offrire alla prole l’acqua più ossigenata,

Ma poiché nella risalita, che può essere anche di oltre quattromila chilometri, mamma salmone non si nutre,

Occorre dire che sua è una gran faticata,
Meravigliosa prova di eroico altruismo,
Che va contro le regole dell’insipido umano egoismo.

197 (La bellezza dell’infallibile barbagianni)

Rapace notturno, elegante
Dal muso bianco a forma di cuore
Attento osservatore
Piumaggio dal tono dorato e marrone
A volte con più sfumata gradazione
Occhi dallo scuro colore
Talvolta con fare un po’ corsaro
Mostra il suo petto, candido e chiaro.
Paziente il barbagianni nella sua attesa
Controlla tutto intorno per poter al meglio riuscire nella sua impresa
Enigmatico ma efficace rapace
Elegante mostra soprattutto di notte ciò di cui è capace.
Luminoso piumaggio, vista infallibile
Nei suoi silenziosi voli notturni, per nulla attendibile
Riluce con la sua piuma fosforescente
Silenzioso, che le prede non si accorgono di niente.
Simpatico risulta a prima vista
Invece poderoso quando dall’alto punta con efficacia la sua posta
Nelle notti di luna illuminata
Soprattutto se bianco di piume, la sua preda, stordita, abbaglia
E a questo punto, non c’è più battaglia…

198 (La bellezza dei misteri dell’aquila)

All’infinito puoi fissare il sole
Senza cedergli lo sguardo
Vigili a volo ampio anche sopra le nuvole
E nel caso non usi alcun riguardo.
Drone naturale
L’occhio come laser ti orienta puntuale
Fendi le ali come fulmini nel celeste abisso
Che ti cede benevolo il passo.
Porgesti il nettare a Zeus
Già divino, seppur ancora bambino
Lì stava scritto il tuo destino
Poi sullo scettro di Zeus, pur se dormiente
Hai protetto l’Olimpo da ogni pericolo emergente.
L’anima, dal corpo separata
Aquila si fa per la sua dipartita
Durante il percorso non può esser lacerata
In alto, solo dove tu arrivi
Può essere portata.
Aquile divennero Adamo ed Eva
Compiuto il segnato percorso
Nel terrestre giardino
La vita in eterno fu scritta
Nel loro singolare destino.
Signora dei cieli, incontrastata leonessa
Rechi con te indomita fierezza
Dalle fiamme infernali per gli Egizi sei nata
Ogni dieci anni ti immergi nell’acqua
Fosse anche l’acqua del mare
Dalla quale, come la fenice, ogni volta tu sei rinata.

199 (La bellezza del lupo che dicono perda il pelo ma non il vizio)

Che il lupo col caldo rimoduli il suo pelo
È fatto non certo discusso
Piuttosto è fatto vero
Ma del vizio nel detto enunciato
Si crede ben poco
Ritenendo che invece si parli dell’uomo
Che con animo stolto
Piuttosto lo copre col velo.
Ormai quindi s’è davvero appurato
Che si sparla sul vizio del lupo
Ed allora dobbiamo capire
Come mai questo modo di dire
Assuma importanza
Ma in realtà contraddica sé stesso
Mescolando situazioni diverse
Mettendole tutte nello stesso contesto.
Quanto meno dobbiamo sapere
Se il lupo veramente possiede quei vizi
Che l’uomo talvolta fa vedere
Capitali son detti quei vizi
E l’agir quotidiano
Facilmente ne traccia gli indizi.
Il lupo avaro non è
Semmai tutto consuma
Non accumula nulla
Almen per sé stesso
Nel caso per i cuccioli in culla.
Indifferente, accidioso
Veramente così lo vorremmo chiamare?
Sebbene si muova con scaltro suo ardire
Pigro, annoiato, inattivo
Così si può dire del lupo
Quando agisce con far combattivo?
Se alla gola si pensa come vizio del lupo
Cosa più falsa non si può certo dire
L’istinto lo guida ma non certo è la gola
Che orienta il suo agire.
Ed ancora, all’altrui bene stare
Il lupo non pensa e mai penserà
Non perché qualcuno possiede
Qualcosa che lui non avrà
Piuttosto perché è cacciatore
E si prende le cose che vuole
E per questo non è certamente invidioso
Di natura piuttosto vincente
Semmai se la preda non coglie
Può restare anche un po’ rancoroso.
Forse l’ira può essere l’unico vizio
Che il lupo può dirsi possieda
Ma soltanto se la preda mansueta
A lui non si piega.
In tal caso con ira reagisce così furibondo
Che sembra arrivata la fine del mondo.
La lussuria nel lupo veramente non s’è mai sentita
Non è naturale, non gli appartiene
È diverso dall’uomo che con tutte le pene
Va a cercare variopinto piacere
Ma che resta di poi ancora più cupo
Se non riesce a raggiunger lo scopo.
Stima di sé, il lupo di certo ne ha
Ma di animale si tratta
E perciò non si vanta di quello che fa.
Piuttosto lo dicono gli altri
Che il lupo è superbo
Lui neanche lo sa
E vive tranquillo seguendo soltanto il suo verbo.
Qui la storia del vizio del lupo finisce
Però son sicuro che si capisce
Come il lupo faccia a non perdere il vizio
Se mai lui quel vizio, di cui l’uomo parla
In realtà non l’abbia mai avuto sin dall’inizio!!!
Quindi senza timore alcuno, superiamo gli steccati ed anche le siepi,

E tra noi auguriamoci sempre: “in bocca al lupo”, che vuol dir buona fortuna,

E piuttosto che risponder: “crepi”
Rispondiamo invece: “VIVA IL LUPO” perché questa è la risposta più opportuna …

200 (La bellezza del mistero dell’ultimo canto del cigno)

Il cigno poco prima di morire
Intona, per l’unica volta, un canto d’addio alla vita
Che l’istinto lo guida su una strada a lui del tutto sconosciuta
Come fosse sublime manifestazione del suo gioire.
Si lamenta per la morte
Canta il suo struggente dolore
All’abbandono della vita non vuole affidare la sua sorte
Per questo reca in sé anche un poco di rancore.
Il cigno è l’uccello di Afrodite e di Apollo
Patrono del poeta e del caciarone musicista
Qui non è stato teso alcun tranello
È il più dolce suono che al mondo esista.
Cigno muto era addirittura nominato quel cantore
Che subendo del sole il gran bagliore
Della bellezza naturale restava talmente esterrefatto
Come capita anche al saggio, in quel momento, prima di diventare matto.
Primo ed ultimo canto
Quale urlo doloroso
Ma ancora assai desideroso
Di stare in questo mondo, ancor per molto…

 

201 (La bellezza dell’agire quotidiano)

Non solo le tracce lasciate dall’uomo, il bello del mondo è l’amore, la famiglia, i figli, il sorriso di un bimbo, un gesto d’affetto
L’amicizia, l’altruismo, la generosità, un abbraccio, un gesto eroico, l’emozione di ricevere un regalo e poi il donare con spontaneità, senza compiere gesti ad effetto.
Aiutare chi ci tende la mano, chi è in difficoltà con la vita, chi è malato
Chi chiede sostegno, chi è fragile e troppo riservato,

Chi è povero si sente inadeguato,

E sulla strada si sente abbandonato.
Chi è rimasto solo e chiede compagnia o chi non ha sostegno
E fare queste cose con gioia e con impegno.
Il bello della vita è essere onesti, guardare il prossimo dritto negli occhi
Soccorrere gli altri se ne hanno bisogno
Non voltare lo sguardo verso interessi farlocchi
Vivere nella vita reale e non raccontarsi un sogno…

202 (Le bellezze della natura)

Una delle bellezze della vita è la natura, l’ambiente sano, il sole, il mare, gli animali, le albe che vediamo, ed i tramonti
Il fiore che sboccia, la pianta che cresce,

Una tavola imbandita di carne alla brace oppure di pesce,

La pizza napoletana, il risotto allo zafferano, il tonnarello cozze e pecorino, o mari e monti.
Lo strudel, la torta Sacher, il babà e la sfogliatella, la crema pasticcera, la cioccolata al latte e quella fondente, per non fare a nessuno un torto
La bontà della frutta di stagione, l’estasi del gorgonzola, il profumo intenso del pecorino invecchiato e sapiente,

Il vino a giusta temperatura e l’acqua di sorgente
L’amaro dopo un robusto pasto, oppur la grappa, la vodka, il bianco gin pomeridiano, e davanti al tuo camino un rosso porto.

203 (La bellezza delle piccole cose)

Il piacere di un sigaro toscano
Oppur se sei sofisticato, l’aroma delicato di un cubano
Un bicchierino di grappa dopo mangiato
Per godere di quel pasto che hai goduto,

Forse poco tolgono alla vita
Se fumi o bevi con gran moderazione, magari solo dopo un lauto pasto o quando la giornata è già finita…
L’aroma di un profumo ricercato
Che la tua donna si cosparge sul suo corpo sinuoso e delicato.

204 (La bellezza dell’eroismo di Gesù Cristo e degli eroismi dell’uomo)

È stato un eroe Gesù Cristo, che ha pagato la pena più grave per salvare l’uomo dalla dannazione,
Dandogli così lo strumento per valutare liberamente il suo presente ed il suo futuro con ogni propria decisione.
È eroe chi sprezzante del pericolo e rischiando la propria vita, portò in salvo un bimbo di pochi anni, per errore caduto tra le rotaie della metropolitana che stava arrivando in corsa:

Fatto successo a Milano, quando il destino par che ti sottragga alla morte per forza…
Ma altre volte lo sforzo umano, per quanto esagerato
Par non venga ripagato…
Il bambino Alfredino caduto nel pozzo a Vermicino,

Quarant’anni fa, che tutta l’Italia gli fu vicino,

Ma nonostante tutti gli sforzi fatti, Alfredino rimase laggiù:

Aveva otto anni Alfredino, e questo è un fatto che non dimenticheremo più …
Onore a tutti coloro che con sprezzo del rischio in tutti i modi di portarlo in salvo hanno tentato
Ma quella volta, ahimè, il miracolo non si è avverato!

205 (La bellezza dei coraggiosi ai quali volge il suo sguardo la fortuna)

Sosteneva Seneca nella sua opera breve “La Provvidenza”, che solo ai coraggiosi volge il suo sguardo la fortuna
Talvolta, non sempre, certo
Non degna di attenzione l’inedia ancor più che la paura
Perché sa bene che l’uomo non può andar contro natura
La fortuna è come infilare ad occhi chiusi, l’ago nella cruna
È come ritrovar, senza una bussola, la strada nel deserto
Come tornare a riva, nuotando in mare aperto.
La fortuna non dà certezza alcuna
Non si sa quando arriva
Né quando riparte, nulla motiva
Non si sa quant’è la sua durata
Neanche la sua forza, leggera e coordinata
E se non ti adoperi, neanche t’importuna.
Ognuno di noi ha tanta fortuna
Se sa sfidar la propria vita, con fare rigoroso ed ambizioso
Che chi invece aggira l’ostacolo soltanto con furbizia
Deve capir che quella strada non è affatto redditizia
Occorre cuore, accender del sentimento il sacro fuoco
Che l’ardimento pur da solo presenta più di una lacuna.
Perché altrimenti ogni gesto che si possa definir ardimentoso
Meriterebbe, dalla fortuna, pari trattamento
Ma ciò non è, fortunatamente, e io non me ne lamento
Obiettivo sano, per aver fortuna, deve avere l’uomo coraggioso.
Spesso ci si chiede come possa la fortuna scendere a patti
Con uomini instabili o completamente matti
E questo mistero mai lo capiremo
Se a combatter quell’ardimentoso folle
Non scendesse in campo un uomo coraggioso
Illuminato e con le palle
Che la fortuna se la mantiene in tasca, con fare molto rispettoso.

206 (La bellezza degli “angeli del fango” a Firenze)
Alle cinque del mattino di quel quattro di Novembre,
L’Arno uscì dal proprio letto ed invase la città,
Che ancora la popolazione non aveva aperto le sue palpebre,
All’alba di quell’anno, era il 1966, e quel ricordo inciso nella nostra mente per sempre rimarrà.
Per cinque metri stazionò quell’acqua nel centro cittadino ed in periferia
Saltò la luce, tutto si bloccò,
Le ferrovie, i trasporti cittadini, tutto si fermò
Firenze una Venezia affondata
Doveva essere salvata.
La televisione per fortuna prestò informò l’intera nazione
Da ogni dove nel mondo ragazze e ragazzi, volontari, e uomini capaci, da soli si adoperano per rimediare a quella grave situazione
Morirono 35 persone, la violenza della natura distrusse 10000 negozi, 8500 botteghe, 250 alberghi, 600 aziende, circa 15000 abitazioni, e si crearono trentamila disoccupati,
C’erano i quadri degli Uffizi da salvare,
Così come i 130000 libri antichi, molto pregiati della Biblioteca Nazionale e dell’archivio di Stato negli Uffizi, e ormai zuppe erano le loro storie che avrebbero dovuto ancora al mondo raccontare.
Le collezioni degli strumenti musicali, gli arazzi pregiati, il Crocifisso del Cimabue,
La Crocifissione del Beato Angelico,
le sculture lignee di marmo o di altro tipo, di Michelengelo, Benvenuto Cellini, del Giambologna, e di Arnolfo di Cambio,
La Madonna in pietra del Sansone,
I dipinti di Taddeo Gaddi in Santa Croce,
Le porte divelte del Battistero,
Quarantasette codici miniati dell’Opera di Santa Maria del Fiore,
L’armeria del Bargello che venne addirittura trasferita a Vienna,
I reperti archeologi,
I macchinari,
I preziosi tessuti,
I paliotti lignei,
Addirittura il cannocchiale di Galileo ed altri suoi oggetti,
Nonché tante pergamene.
Trecentoventi dipinti si tavola furono danneggiati,
Settecento dipinti su tela,
Cinquecento sculture di marmo di bronzo, di legno, di terracotta, di stucco e di gesso.
Sessantaquattro affreschi che sono rimasti a muro, ed altri sessanta affreschi che si sono staccati
Otto cicli di pitture murali,
Sedici disegni,
Cinquanta stampe,
Ventisette arazzi,
Trecento arredi sacri di stoffa,
Duemila armi ed armature antiche,
Dodicimila vasi e reperti etruschi,
Migliaia tra arredi, mobili e suppellettili.
Solo gli oggetti e le medaglie d’oro si salvarono.
Fu uno sforzo corale, a mani nude, senza poter mangiare:
Molto fu salvato, perché giunsero a Firenze tanti volontari e tanti giovani che vennero chiamati gli “Angeli del fango” ovvero i salvatori di Firenze che anche al salvataggio dell’intera città vollero partecipare.

207 (La bellezza dei gesti di altruismo)
È bellezza i sanitari che raggiungono gli anziani a casa per aiutarli nella pandemìa;
È bellezza che i Carabinieri portino a casa la pensione agli anziani che non sono in condizione di muoversi;
È bellezza la mensa della Caritas che regala il mangiare ai poveri bisognosi;
È bellezza chi porta la salvezza dopo una tragedia, per scavare sotto le macerie, per portare acqua, cibo e medicinali in caso di alluvioni, terremoti ed altri disastri naturali;
È bellezza chi realizza ospedali e strutture sanitarie nei Paesi poveri;
È bellezza chi salva gli immigrati dalle impervie del mare;
È bellezza chi aiuta il malato nel momento di maggior sofferenza;
È bellezza chi salva chi sta affogando nel mare, o chi circondato dalle fiamme non sa come scappare da quel disastro.
I nostri insegnanti, e chi professa la cultura e l’arte, che fanno crescere la predisposizione di ognuno di noi al sapere.
È bellezza vedere chi, in un litigio, più o meno violento, riesce a separare le parti ed a ricondurle a giusta ragione …
Con una stretta di mano che risolve la questione …

208 (Tutto qui?)
E pensiamo che la bellezza del mondo sia solo queste poche cose?
Tanto ancora si potrebbe raccontare,
Ma soprattutto cerchiamo di predisporre il nostro animo ad amare
Perché c’è un miglior modo di scrivere, ed anche un miglior di ascoltare, diamoci da fare; pensiamo ad agire, e soprattutto cerchiamo il miglior modo per pensare, guardiamo al tanto che dobbiamo ancora fare, ed abbracciamo le nostre idee più generose…

 

 

FINE DEL PARADISO