Questa domenica cominciamo una nuova lettura della Divina Commedia “rivisitata”  in narrazione poetica da Piero Stocchi. Dopo le 17 puntate dedicate all’Inferno oggi  pubblichiamo il primo appuntamento con le Sette Cornici del Purgatorio sempre “rivisitato” dal poeta Piero Strocchi

Purgatorio 

PREMESSA DELL’AUTORE

 

Finalmente usciti dall’Inferno, Virgilio ed io ci trovammo nella spiaggia dell’Anti Purgatorio, dove le anime penitenti sostavano nel caso in cui i peccatori non si fossero pentiti dei peccati da essi stessi in vita commessi.

Dalla spiaggia dell’Anti Purgatorio, dove le anime penitenti sostavano almeno in alcuni casi per un periodo più o meno lungo, esse potevano salire in alto, nel Purgatorio, in una delle Sette Cornici dove avrebbero scontato la penitenza dai loro peccati terreni.

Terminata la penitenza, le anime ormai preservate dal peccato, potevano salire in Paradiso.

Quindi il Paradiso era la legittima aspettativa di tutte le anime penitenti del Purgatorio.

 

01 (canto n. 01 del Purgatorio) (Arrivo delle anime penitenti nell’Anti Purgatorio)
Luogo – (Anti Purgatorio, Spiaggia);
Custode – (Catone Uticense);
Peccatori – (Arrivo delle anime penitenti).
Così inizia la Seconda Cantica: “Per correr migliori acque alza le vele”,
Finalmente abbandonammo quel trascorso mar crudele.
In direzione del secondo regno dell’Oltretomba, Virgilio ed io ci indirizzammo,
Ormai prossimi al Purgatorio, dove le anime penitenti da sole si promuovono,
Liberandosi delle scorie dei peccati, e scontando la loro pena,
Per ciò che hanno fatto nella vita terrena.

02
Per poi salire successivamente in Paradiso,
E lì mostrare con orgoglio ogni tratto del proprio viso.
Per sostener questo grande impegno, invocai le Muse, e Calliope in particolare: quasi la loro madre,
Rifacendomi alla gara da esse vinta, sul monte Elicona, con le nove Pieridi – le figlie di Pierio – per esclusivo proprio merito e dove le sfidanti – per punizione ad aver osato tanto – furono trasformate in gazze ladre.
Ecco, chiesi a quella madre proprio di elevar la mia poesia, e renderla leggera e musicale, al pari del canto armonioso di Calliope,
Unico per armonia: pari nel caso, solo al correr veloce e vigoroso, nelle pianure indiane, di una veloce antilope.

03
Il cielo azzurro ora ben si vide,
Parea uno zaffiro orientale; così a ragion si crede.
Venere illuminò tutto l’oriente, che ben si distinse,
Con abbagliante luce, oscurando la costellazione dei pesci che da presso seguiva.
Dopo un pò, mi voltai verso destra, ed osservai il cielo australe:
Mi soffermai su quattro luminose stelle, della cui bellezza appien m’avvalsi.
Distolsi da lì lo sguardo, poi lo rivolsi sul fronte opposto,
Ove il gran carro era già sparito alla vista, piuttosto:
Quando all’improvviso intravvidi un vecchio uomo, solitario e fiero nel suo portamento e nel suo sguardo,
Che mi appariva meritasse un gran riguardo.

 

04
Si trattava di Catone Uticense, aspro di carattere, politico e militare romano, nipote di Catone il censore;
Così chiamato perché morì ad Utica, in Tunisia.
Lunga la sua barba, e lunghi i suoi capelli brizzolati: una figura nobile, quasi parea un precettore.
A noi prossimo, Catone ci chiese: “Chi siete voi, e come avete fatto a fuggire dalla prigione eterna?”
Prima di rispondere, Virgilio con le mani e con qualche cenno del viso, mi fece inginocchiare innanzi a lui e mi fece abbassar lo sguardo in segno di deferente cortesia.

05
Virgilio così gli rispose: “Non siamo qui per nostro volere, bensì per volere del buon Dio, manifestato da una donna discesa dal cielo.
Non abbiamo quindi infranto leggi divine: Dante è un vivo, ed io sono un’anima sottoposta di Minosse, e quindi abitualmente alloggio nel Limbo, lì dove trovasi anche Marzia, la tua seconda moglie, Catone; che per il mio tramite, ti prega di considerarla sempre tua; questo oggi piuttosto ti rivelo.
Anche in ragione del suo amore,
Esaudisci il nostro desiderio, e se puoi, cura le nostre richieste con attenzione”.

06
Catone di rimando così si espresse: “Marzia stando lì, non mi rende possibile l’assecondarla,
Cosa che ho fatto sempre in vita: e non certo ora mi pentirò del mio terreno comportamento, facendo finta di scordarmela.
Ma se una donna dal cielo ti guida, come tu mi stai narrando, caro Virgilio, basta che tu mi avanzi le richieste a nome suo; ed io volentieri le assolverò.
Ora fa che il tuo compagno si cinga la vita con un giunco liscio, però,
Lavandosi anche il viso e gli occhi, offuscati da qualche residua impurità infernale, e digli di non restar così precario:
Essendo per lui opportuno presentarsi purificato all’Angelo Guardiano della porta del Purgatorio”.

07
L’isola su cui sorge la montagna del Purgatorio, battuta dalle acque, è ricca di giunchi, gli unici fiori che crescono in quel fango.
“Compiuto questo rito – concluse Catone, ancora rivolto a Virgilio – non dovrete tornare qui da me, bensì seguire il sole, che ora sta sorgendo, così che facilmente troverete l’accesso al monte”.
Dopo Catone sparì, o per meglio dire nel nulla svanì, almen così suppongo,
E senza profferir parola, mi avvicinai al Maestro, ponendomi a lui di fronte.

08
Virgilio ed io, ora che l’alba si stava tramutando in giorno, seguendo la palude,
Riconoscemmo il tremolio delle onde marine più superficiali,
E ci fermammo nel punto dove resistono al sole le rugiade,
Ed a mani aperte, il Maestro pose sull’erba fresca le sue mani, per poi appoggiarle sul mio viso, per purificarlo dalle residue schegge infernali:
E ancora, mi cinse il fianco con il giunco, così come aveva chiesto Catone prima di quella passeggiata,
E con stupore, vidi che la pianta, dalla terra appena divelta, era già rinata.
09 (canto n. 02 del Purgatorio) (Casella)
Luogo – (Anti Purgatorio, Spiaggia);
Custode – (Catone Uticense);
Peccatori – (Arrivo delle anime penitenti);
Personaggio – (Casella).
Siamo ancora sul bagnasciuga, e stavamo osservando il percorso da intraprendere,
Quando a Virgilio apparve in lontananza
Una visione che bene non riuscimmo ad individuare, data la distanza.
Il biancore che apparve erano le ali di un angelo, che fendevano l’aria, con eleganti maniere,
Traghettando una barca con più di più di cento anime penitenti, senza vele e senza remi.
Virgilio mi chiese di inginocchiarmi e di unire le mie mani in preghiera, senza pormi al momento altri problemi.

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Alzai il mio viso, ma non riuscii a sostener lo sguardo accecante del nocchiero,
E allora volsi gli occhi a terra, dinanzi a quel mistero.
Si fermò la barca sulla spiaggia, e al segno di croce del nocchiero scesero a terra più di cento anime.
Il nocchiero veloce tornò indietro con stupore unanime.
Le anime penitenti, un poco frastornate, non conoscendo bene quel territorio, e quindi non potendosi muovere agevolmente,
Ci chiesero di mostrar loro la via più breve per il monte.
Virgilio rispose che anche noi eravamo giunti lì da poco, attraverso un percorso alquanto frastagliato.
Le anime che solo a questo punto, si accorsero che io respiravo e quindi ch’ero un vivo, si accalcarono attorno a me con fare molto emozionato.

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Una delle anime penitenti, in particolare mi si avvicinò con l’intento di abbracciarmi:
Io allargai le braccia, ma andai ad abbracciare solo lo spirito di quel mio interlocutore, provando nuovamente poi a rifarlo,
Questo gesto, per ben tre volte ripetei, però senza successo.
Un pò stordito, verso me stesso sorrisi, per quello strano effetto.
Riconobbi in quell’anima, il mio amico fiorentino Casella: entrambi un poco ci discostammo dagli altri, per poter meglio parlare.
Mi narrò Casella che era giunto lì dalla foce del Tevere, perché era quello il territorio
Dove si convogliavano, per esser traghettate, le anime penitenti dei destinati al Purgatorio.
Gli chiesi di confortarmi col suo canto; come avveniva quando egli era ancora in vita; tanto più che mi sentivo stanco, e di nuovo volevo sentirlo cantare.
Casella soavemente iniziò la sua melodia, così come faceva in vita: “Amor che nella mente mi ragiona”;
Con una tal dolcezza, che ancora nel mio cuor risuona.

12
Anche tutti gli altri rimasero incantati da quel suono:
Quando si avvicinò al gruppo Catone, con una voce che pareva un tuono,
Rimproverando le anime penitenti aspramente,
Le incitò piuttosto a salire, quanto prima, sopra al monte
Per ripulire gli animi e gli spiriti, dalle scorie dei peccati
E poter così vedere il Padre Eterno, finalmente del tutto liberati.
Venne abbandonata quella melodia,
E sparpagliate quelle anime, e noi altrettanto,
Verso il monte ci orientammo, seguendo un comune intendimento.