Chianciano: XII congresso nazionale Arci Caccia; tutela della biodiversità, salvaguardia attiva dell’ambiente, gestione della fauna selvatica e dialogo con la società civile al centro dei documenti congressuali
Aperto oggi a Chianciano il XII congresso nazionale di Arci Caccia, l’associazione dei cacciatori federata Arci. Gestione sociale della fauna come patrimonio collettivo, salvaguardia della biodiversità, valorizzazione della filiera della selvaggina, sostegno alla cultura rurale, e modernizzazione della gestione del patrimonio faunistico, i temi al centro dell’assise che si conclude domani, sabato 11 settembre, con l’approvazione dei documenti congressuali e l’elezione dei nuovi organi dirigenti nazionali. Presenti 192 delegati in rappresentanza di circa 30.000 iscritti delle 107 sezioni italiane di Arci Caccia. I lavori presieduti da Giuseppe De Bartolomeo hanno visto il saluto del sindaco di Chianciano, Andrea Marchetti; la presenza di Piero Genovesi responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale; l’europarlamentare ed ex ministro all’agricoltura Paolo De Castro; la vice presidente della Commissione agricoltura della Camera, Susanna Cenni; Antonino Morabito, responsabile del settore fauna di Legambiente; il vice presidente della Confederazione italiana agricoltori, Mauro Di Zio; Luciano Rossi, presidente della Federazione italiana tiro a volo; il presidente nazionale di Arci Pesca, Fabio Venanzi; il presidente nazionale di Federcaccia, Massimo Buconi; Il presidente della Fondazione Una, Uomo-Natura-Ambiente, Maurizio Zipponi; l’ex eurodeputata, vice presidente della Fondazione Una, Renata Briano presidente nazionale dell’Arci nazionale Daniele Lorenzi. «Il nostro documento – ha ricordato il presidente uscente Christian Maffei – è stato elaborato da una commissione di giovani dirigenti con l’obiettivo di avanzare proposte. Al centro delle nostre proposte i temi della gestione faunistica e di tutto il territorio e le relazioni che il mondo della caccia deve mettere in campo per tornare ad avere un dialogo, magari dialettico, con il resto della società. Vogliamo proporre un modello di gestione del territorio utile a tutta la collettività confrontandoci con tutti, a cominciare dalle istituzioni e dal mondo agricolo. Vogliamo lavorare per la biodiversità e per la gestione della fauna come un patrimonio indisponibile dello stato guardando agli interessi di tutti contrastando approcci che non hanno nulla di scientifico». Intervenendo al congresso Susanna Cenni, vice presidente PD della commissione agricoltura della Camera, ha proposto una nuova stagione di dialogo tra il mondo venatorio, ambientalista e agricolo per affrontare la nuova fase di transizione ecologica. «Dopo la pandemia – ha affermato la deputata – sarà necessario un modo di guardare alla natura in linea con la necessità di una vera transizione ecologica: una sfida che riguarda tutti anche il mondo associato come Arci Caccia. Nella relazione del presidente uscente Christian Maffei ho trovato questa consapevolezza che ci permette di fare quel salto di qualità necessario al di là dei fondamentalismi». «Non è vero che gli estremismi, che non hanno nulla di scientifico, sono maggioritari nella nostra società come sembra nella lettura quotidiana dei social media. Ma tutto dobbiamo tornare a dare valore alla mediazione. Partendo dal dialogo, le associazioni venatorie come Arci Caccia possono svolgere un ruolo nella definizione di politiche strategiche come quelle europee come le politiche agricole farm to fork e le strategie per la biodiversità. In questo dobbiamo guardare soprattutto al rilancio delle aree interne e al riequilibrio strategico tra città e campagna».«Dobbiamo costruire un percorso nuovo di relazione mettendo in campo serietà e capacità di discutere sul merito delle questioni. In questo io penso che vadano difesi i valori del mondo agricolo, ambientale e venatorio garantito dalla legge attuale. Dobbiamo anche difendere il valore della fauna come patrimonio indisponibile dello Stato». Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica dell’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, braccio scientifico del Ministero dell’Ambiente, ha affermato l’importanza del rigore scientifico nell’approccio alla gestione della fauna selvatica. «L’Europa – ha precisato – chiede sempre più che le decisioni politiche sull’ambiente siano supportate da valutazioni scientifiche forti formulate in modo indipendente dagli interessi specifici. Il nostro ruolo come ISPRA spesso è scomodo ma è una sicurezza per un Paese che vuole giocare un ruolo forte nelle politiche ambientali europee e ottenere finanziamenti europei su questi temi. Sia il mondo venatorio che quello ambientalista devono accettare il nostro ruolo di garanzia sulla solidità scientifica delle decisioni per evitare blocchi improvvisi agli iter progettuali dovuti a ricorsi o pareri europei contrari». «Per questo – ha concluso Genovesi – Abbiamo bisogno di cacciatori più competenti, più formati, più consci del proprio ruolo». Giampiero Sammuri, presidente di Federparchi, l’associazione dei parchi italiani, ha chiesto la collaborazione tra aree protette e mondo venatorio sulla gestione della fauna. «Quando, come parchi, mettiamo in atto il contenimento o l’eradicazione di specie di animali che nuocciono all’ambiente di un parco, troppo spesso ci troviamo contro i cacciatori», ha ricordato Sammuri. «Voglio ribadire che il controllo della fauna selvatica non è un compito che grava sulla caccia. È un compito degli enti pubblici. La caccia ha una finalità diversa che va rispettata. Io ritengo che la caccia abbia ragione di esistere anche in una nuova epoca di centralità dell’ambiente e della salvaguardia della natura ma vorrei che i cacciatori fossero nostri alleati quando si parla di necessità ambientali e quindi di controllo della fauna che crea problemi ambientali. Vogliamo un esempio? Se dobbiamo contenere la proliferazione dei cinghiali dobbiamo abbattere le femmine gravide. Se questo è un fatto scientifico, non possiamo poi trovarci contro i cacciatori che invece sono preoccupati di vedere ridotto davvero il numero dei cinghiali. Se ci troveremo su questa strada la caccia avrà il sostegno di Federparchi».