Pienza: il 6 maggio la mostra “Il paesaggio stato d’animo” dedicata a Mario Luzi e a Dario Neri  che fu artista, manager, imprenditore, Capitano dell’Onda, in sintesi  sensibile alla bellezza . In esclusiva il ricordo del figlio Paolo Neri

“Era una giornata d’inverno, grigia, ventosa. Mio padre mi chiese di accompagnarlo in campagna, voleva dipingere un paesaggio, aveva bisogno che gli tenessi fermo il cavalletto su cui poggiava la tela; andai con lui e, abbracciato alle zampe di quel cavalletto, mi addormentai”.  Attraverso questo piccolo aneddoto dell’infanzia, Paolo Neri (foto) , senese, classe 1937, figlio del pittore Dario Neri, tratteggia la figura del padre, al quale è dedicata la mostra “Dario Neri – Mario Luzi. Il paesaggio stato d’animo”, a cura di Leonardo Scelfo, che sarà inaugurata il 6 maggio, a Pienza, nelle sale del Conservatorio San Carlo Borromeo. “Dipingeva dal vero, sul campo, poi rifiniva in studio” racconta Paolo Neri.“E questo approccio era coerente con il suo carattere: aveva una sensibilità particolare per la bellezza, un carattere schietto, spontaneo, si entusiasmava letteralmente, si esaltava di fronte allo spettacolo della natura, e lo riproduceva con uno slancio quasi insopprimibile”. Paolo Neri, biochimico, fondatore del Centro Ricerche, unità di assoluta eccellenza della Sclavo, l’industria farmaceutica che portava il nome del nonno Achille, suo creatore, poi docente universitario, tratteggia con profondo affetto, con delicata nostalgia, la figura del padre.  “Ho un ricordo nitido – prosegue – anche di quando, nel 1944 (avevo 7 anni), mio padre e mio nonno Paolo detterò ospitalità, nella nostra tenuta di Campriano, a Murlo, alla famiglia ebrea dei Cabibbe. Per questo gesto ricevettero, alla memoria, nel 2013, la medaglia di “Giusti delle Nazioni”. “E’ nel 1929, dopo il matrimonio con Matilde Sclavo, che Dario va a vivere a Campriano e lì comincia a dipingere il paesaggio senese, iniziando da Murlo e dalle Crete”.  “Ancora precedente – sottolinea Paolo Neri – è il primo contatto conosciuto con Pienza: nel 1924 l’architetto Gino Chierici, Soprintendente ai Monumenti della Provincia di Siena, incarica il ventinovenne Dario di realizzare le decorazioni interne ed esterne di Villa Benocci, da lui stesso progettata. Il giovane pittore impiega circa nove mesi a portare a termine il lavoro e ha modo di conoscere bene la cittadina e il territorio. Rimane ammirato dalle logge di Palazzo Piccolomini tanto da decidere di riprodurle nella tenuta di Campriano. L’effetto è stupefacente, le logge “portano il paesaggio in casa” (definizione che solo un pittore poteva coniare) perché attraverso di esse si inquadrano il paesaggio ed il Monte Amiata”.  Dario Neri non fu solo eccellente artista (“il maggior pittore senese del nostro secolo” scrisse di lui Enzo Carli, sul finire del ‘900; “il pittore della campagna senese” lo definì Carlo Emilio Gadda, nel ’46) ma anche manager di successo, proprio alla Sclavo, dal ’35 al ’44, e poi con la casa editrice Electa, da lui rilevata nel ’45 e rilanciata nel settore delle pubblicazioni d’arte. Ebbe ruoli significativi nelle istituzioni e nella vita cittadina: fu autore del manifesto del Palio (1928); commissario prefettizio a Murlo (1938); Direttore dell’Istituto d’Arte di Siena (dal 1939 al 1943); più volte Capitano dell’Onda (di cui dal ’26 aveva disegnato le monture), la prima il 27 giugno del ’37, poi vittorioso nel 1950; componente della Deputazione del Monte dei Paschi (1951); insignito del Mangia d’Oro (1954).

Morì, improvvisamente, nel 1958, a Milano: “aveva trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita soprattutto tra Firenze e Milano – è sempre il figlio Paolo a raccontare – fu colto da un infarto il 28 marzo, in treno, proprio mentre andava a Milano, riuscì ad arrivare a casa ma non a salvarsi”. “Era un uomo innovativo e geniale, di stupefacente versatilità, tanto che il celebre storico dell’arte statunitense Bernard Berenson, di cui, attraverso l’Electa, era editore in Italia, lo definì, affettuosamente, “l’uomo dei cento mestieri”. “Siamo contenti del fatto che le terre di Siena, attraverso la bella iniziativa di Pienza, rendano un tributo a Dario Neri” conclude Paolo. “E’ un artista che, non solo a nostro giudizio, merita maggiore conoscenza. E poi questoprogettorispondeal bisogno che Siena ha di vivere con il territorio. La bellezza di Siena è figlia delle Crete, dell’Amiata, della Val d’Orcia: terre che guardano a Roma, evidenziando l’attrazione che lega la nostra città alla Capitale”.