Scomparso lo scrittore Marco Salvador  che ambientò il suo romanzo “La vendetta del Longobardo” anche sul Monte Amiata

Di Antonio Pacini

La memoria è la tua unica possibilità di sopravvivenza, un’esile speranza di eternità. Per questo cerchi di distribuirla a piene mani e al maggior numero possibile di persone.” (Marco Salvador)

Se ne è andato Marco Salvador, un grande scrittore contemporaneo che ha ambientato il romanzo “La vendetta del Longobardo” anche sul Monte Amiata. Salvador era capace di comunicare la storia, il medioevo, attraverso pagine intense, evocative di un tempo altrimenti sepolto. Quel tempo riemerge nei suoi romanzi fortunati e premiati grazie ad una faticosa ricerca, ad un entusiasmo e ad una curiosità che rendono avvincenti periodi storici che non abbiamo apprezzato abbastanza negli studi scolastici. In particolare noi amiatini, noi abbatenghi abbiamo la colpa -sì, la colpa- di non assaporare abbastanza la nostra storia, ciò che si è svolto intorno alla grande Abbazia del Santissimo Salvatore in epoche lontane. Possiamo rimediare ed anche stavolta è venuto qualcuno dal nord a dissotterrare una certa memoria. Lo aveva fatto anche il tedesco Kurze in ambito accademico ed in porzioni sicuramente molto grandi, studioso che ha voluto l’abbazia come dimora per le sue spoglie mortali e, forse, come sua vera patria -“Heimat” in tedesco. Anche stavolta siamo invitati a beneficiare di certe ricerche, attraverso un libro che lascia con il fiato sospeso, ambientato in luoghi dove l’autore è andato davvero, che l’hanno colpito ed ispirato. La vendetta del Longobardo racconta la storia di Evaldo, sfuggito ad una trappola dove viene ucciso il padre e perseguitato dagli uomini di Pipino, usurpatore del trono Merovingio. Evaldo si rifugerà prima a Cividale, attraverserà grandi difficoltà ma il desiderio di vendetta non lo lascerà mai. Nell’intreccio delle vicende del romanzo Evaldo verrà nell’Abbazia del San Salvatore al Monte Amiata, si recherà nella zona dove oggi sorge la chiesa dell’Ermeta e conoscerà Rotruda, figlia di Re Rachis. Entrerà in contatto con il misterioso “popolo del cinabro”, con la figura della vergine rossa, con un luogo particolare tutt’oggi “alchemico” -come lo definì lo stesso autore allo scrivente in una breve conversazione su fb. Da Evaldo e Rotruda nascerà un amore che infiammerà il libro. Abbadia deve qualcosa a Marco Salvador che, come spesso accade, conosceva le nostre cose importanti meglio della maggior parte di noi, enormemente meglio degli “addetti” alla cultura. Ci sarebbero altre cose da dire ma forse non è il luogo e non è il momento, forse è giusto non parlare con tutti di intuizioni scaturite dalla lettura di tale romanzo. Meglio invitare semplicemente a recarsi in quei luoghi, ad andare all’Ermeta da soli o con pochi intimi per sentire il Sacro che ancora parla, non a tutti ovviamente, e a leggere i libri dello scrittore friuliano per farsi trasportare dall’avventura della conoscenza. Chi scrive si pente di non conoscere i Longobardi come dovrebbe conoscere un vero abitante di Abbadia San Salvatore, essendo coloro che hanno fondato il nostro monastero, faro culturale e spirituale che in seguito -lo ripeteremo ad ogni occasione possibile e immaginabile- ha dato un contributo fondamentale alla Storia, alla Lingua, alla Religione e al Diritto. Invitiamo l’amministrazione Comunale ed il Consiglio tutto a far entrare la figura di Salvador tra quelle degne di essere conosciute dai nostri concittadini, magari grazie alla scuola attraverso i suoi testi entusiasmanti per i ragazzi e sicuramente educativi. Certo egli non era amante del “politicamente corretto”, non era nemmeno uno che scendeva a compromessi ed esortava a conoscere, ad amare in primo luogo il posto in cui si vive, con la sua storia e con le sue tradizioni particolari. Sicuramente non era un globalista tifoso dello sradicamento dei popoli. Qualcosa quest’uomo ci ha lasciato davvero se un nostro concittadino è arrivato a chiamare sua figlia come la moglie di Rachis dopo l’entusiasmante lettura de “La vendetta del Longobardo”; e questa è una delle azioni più significative per rinnovare i legami antichi con chi siamo veramente. Grazie Marco Salvador; non siamo riusciti ad organizzare un incontro con te quando eri in vita e come spesso succede ci accorgiamo troppo tardi di quanto fosse stato importante. Vorrà dire che lo organizzeremo lo stesso facendo parlare i tuoi scritti, che riaccendono l’anima e riempiono l’orgoglio degli abbatenghi veri. Non ti tratteniamo ancora, il popolo del cinabro ti aspetta e ci auguriamo di ritrovarci in un segno, in un canto, in uno scandir di fonte laddove sappiamo che il Sacro parla e tutto il resto svanisce, compresa la morte.

<<Evaldo, la tua mente deve andare oltre l’apparenza. Tu sei il cinabro, un bel colore. Per liberare da te qualcosa di ancora più bello devi morire sulle pietre roventi del dolore o dell’amore. Allora sarai il mercurio, e il mercurio è capace di catturare la più piccola pagliuzza d’oro celata nella sabbia di un fiume. Il cinabro è anche il sangue di Cristo: il calore della fede permette di scoprire in ogni uomo la sua particola d’oro.>>

(da: La vendetta del Longobardo)