Stazione MediaEtruria: il Comitato per la Valorizzazione della stazione di Chiusi-Chianciano conferma obiettivo di potenziare la stazione chiusina insieme a quella di Arezzo. In un rapporto , improntato alla ‘realpolitik’, il Comitato insiste sulla inutilità e sul costo enorme delle altre ipotesi circolate per la realizzazione di una nuova stazione per l’Alta Velocità

Di Fabrizio Camastra

Il Comitato per la Valorizzazione della Stazione Chiusi-Chianciano Ter, da tempo impegnato nella raccolta di firme in tutta l’area della bassa valdichiana senese e dell’Umbria confinante, punta sulla realpolitik. Il Comitato infatti è convinto che la realtà sarà in grado di offrire risposte molto più razionali delle ipotesi attualmente presenti per la Medioetruria, la nuova stazione per l’Alta Velocità che dovrebbe nascere in terra di Toscana. In sostanza il Comitato rivendica l’inutilità dell’opera dal momento che basterebbe potenziare le stazioni di Chiusi e di Arezzo, dove prevedere di far fermare un certo numero di treni AV al giorno, rallentandone la corsa di 5 minuti, evitando così lo spreco di denaro pubblico e di suolo che si avrebbe con la costruzione di una nuova stazione. Progetto di Realpolitik questo del Comitato che non sarà presente al tavolo tecnico del MIT  oggi 14 settembre quando inizierà l’esame delle ipotesi in campo: Rigutino e Creti/Farneta. C’è da dire che alle due ipotesi si è aggiunta quella prevista dal Piano Strutturale Intercomunale dell’Unione dei Comuni della Valdichiana senese, che vorrebbe la nuova stazione tra Tre Berte e Montallese, sul confine del comune di Chiusi, per evitare che l’area della cosiddetta “Valdichiana romana” resti tagliata fuori dallo sviluppo che conseguirà se la nuova stazione nascesse in provincia di Arezzo. Il Comitato per la Valorizzazione di Chiusi pone l’accento sul fatto che le stazioni in linea di Alta Velocità della Mediopadana e di Afragola, le uniche attualmente esistenti, intermedie ai grandi centri urbani collegati dai treni ad alta velocità, hanno bacini di riferimento che sono molto diversi per caratteristiche ambientali, demografiche ed economiche. Molto più grandi, estesi e con economie che non sono paragonabili ai bacini delle tre ipotesi accennate, di Rigutino, Creti e Montallese. Differenza in termini negativi di numeri che rendono la spesa necessaria alla realizzazione dell’opera non giustificabile sotto il profilo razionale : 90 milioni di euro, la cifra ipotizzata, sono troppi. Inoltre, messe a confronto la realtà toscana con quelle di Reggio Emilia e Afragola il rischio che la nuova stazione in linea finisca con il diventare l’ennesima cattedrale nel deserto non è marginale. Basti mettere da parte quella sorta di “gabbia mentale” che associa in modo quasi esclusivo le prospettive di crescita alle grandi opere infrastrutturali, solo per il fatto di essere realizzate – sostengono al Comitato. L’esperienza dice che le cose sono andate anche diversamente, “Troppo spesso abbiamo dovuto misurare sulla nostra pelle di cittadini come, dietro le grandi promesse di splendidi orizzonti, – sostiene un membro del Comitato – c’erano miseri interessi che, una volta venuti meno hanno lasciato il deserto”.Ad oggi l’unico documento analitico relativo l’esame delle ipotesi in campo è il rapporto finale del tavolo tecnico istituito dalle Regioni Toscana e Umbria nel 2015, dal quale emergono non poche perplessità sulle ipotesi di una stazione “in linea” a Rigutino, Creti o Chiusi (al tempo si parlava delle Biffe, oggi di Montallese). Tre Berte/Montallese ancora non era stata partorita, ma è possibile estendere anche ad essa gli stessi criteri di valutazione adottati dal Rapporto, laddove per un nuovo impianto si parla di criticità legate alla necessità di espropri, aspetti urbanistici da rivedere e non ultimo da valutare l’impatto territoriale in una regione che ha fatto dell’ambientalismo, del “Green è bello” il leitmotive delle politiche di base. Questa è per il Comitato di valorizzazione delle stazioni di Chiusi e Arezzo un punto imprescindibile di realpolitik, oltrepassarlo significherà cambiare i connotati dell’immaginario collettivo di una regione che è stata modello di sviluppo sostenibile, con conseguenze oggi difficilmente immaginabili. O forse sì.