Nono appuntamento con i canti del Paradiso della Divina Commedia “ rivisitata” dal poeta Piero Strocchi

117 (CANTO N. 20 DEL PARADISO)

(LA SALVEZZA DEI PAGANI; LA PREDESTINAZIONE)

Luogo – (Sesto Cielo o Cielo di Giove):
Presenze – (Gli Spiriti Giusti formano l’occhio dell’aquila);
Personaggi – (Vengono citati 6 personaggi: Re David; l’Imperatore Traiano; Ezechia; l’Imperatore Costantino; Guglielmo II° d’Altavilla; Rifeo);
Argomenti – (La salvezza dei pagani; La predestinazione).
Al concludersi del giorno, quando dal nostro emisfero il sole esce,
La luce va rapidamente scomparendo.
Questo pensiero occupò la mia mente
Nel frattempo in cui l’aquila interruppe il suo parlare,
Per un po’ mantenendo serrato il suo becco, direi opportunamente.
Fu allora che gli Spiriti Giusti – che in quel momento mi apparvero ancor più luminosi – iniziarono a cantare
Le loro melodie che però subito dimenticai, nonostante avessi tentato
Di ripercorrere a ritroso quel tracciato: ch’ebbi il sentore d’aver subito dimenticato …

 

118 (La dolce Carità)

Dolce Carità che luminosa il Cielo di Giove ammanti,

Appari morbida ed avvolgente come il suono armonioso del flauto, e ti mantieni in perfetta sintonia con quei pensieri santi.
Al momento della sospensione degli angelici canti
Mi parve di ascoltare il suono di un torrente
Quando dall’alta sorgente
L’acqua scroscia a valle rapidamente
”.

 

119 (Spiriti Giusti: L’Imperatore Traiano; Ezechia; l’Imperatore Costantino; Guglielmo II° d’Altavilla; Rifeo, Re David)

Dopo un po’ l’aquila riprese il suo verso, però non più muovendo l’adunco becco di cui la natura l’aveva dotata,

Come invece aveva fatto in precedenza.
In quel momento mi parve di scorgere un piccolo foro sul suo collo, dal quale “emetteva una tonalità di voce” diversamente modulata.
A dire il vero mi parve un ventriloquo, dai suoni misteriosi, che con il diaframma abilmente disegna,
Oppure quel che risulta dal suono di una cetra, o di una zampogna.

“Da sei Spiriti Giusti è costituito il mio occhio – nuovamente iniziò a dirmi l’aquila – che proprio lì risiedono.
Cinque di questi sei Beati, sono stati in Terra giusti sovrani.
In cinque sono a formare il mio ciglio:
Il primo Beato è Traiano, un pagano, quello più vicino al becco, che fu l’Imperatore romano che agì con giustizia verso quella vedova che con lui si doleva della morte ingiusta del proprio figlio: e forse proprio del figlio dell’imperatore era stata quell’assassina mano.
Tanta eco ebbe questo gesto, che Papa Gregorio Magno, afflitto dal pensiero che un uomo giusto come Traiano dovesse essere dannato perché pagano,
Intercesse presso il Padre affinché la sua anima si fosse potuta salvare.
Pagò caro quel suo ardire il Papa, che per tal motivo soffrì di atroci dolori per la sua restante vita.
Però furono proprio quelle eminenti preghiere che permisero a Traiano di ritornare in vita per poter credere in Cristo, e quindi salvare la sua anima, che ora si trova qui in Paradiso, tra i Giusti Spiriti.
Il secondo Beato è Ezechia, re giusto di Giudea per 29 anni fino alla sua morte nel 685 a.C.
Il terzo Beato è l’Imperatore Costantino che nel 314 donò a Papa Silvestro I° la giurisdizione su Roma, sull’Italia e sull’intero Occidente, attribuendogli i relativi poteri e la dignità imperiale, sì da far esercitare al Clero le stesse funzioni degli Ufficiali Imperiali.
Ed il Papa, in quanto Vescovo di Roma, da allora avrebbe avuto anche il primato sui Patriarchi e quindi su tutte le altre chiese del mondo”.
Scusami lettore, se ora qui mi intrometto con una mia considerazione per la quale fatico a tacitarmi.
Secondo il mio modo di pensare, famigerata fu quella donazione, che la storia dimostrò e tuttora dimostra di aver causato negative conseguenze,
Accendendo il seme velenoso della corruzione nella Chiesa,
Pur se l’agire dell’Imperatore Costantino, giusto nel suo intendimento, gli consentì di perseguire la salvezza della sua anima.
Riprese la parola l’aquila: “Il quarto Beato è Guglielmo II° d’Altavilla, detto il buono, re di Sicilia e di Puglia, sovrano assai più degno rispetto a Carlo II° d’Angiò e Federico II° d’Aragona che ora governano Napoli e Palermo.
Il quinto Beato è Rifeo, anche lui un pagano, un giovane eroe che parrebbe estraneo al gruppo, evidentemente,
Trattandosi di un giovanissimo eroe troiano che al tempo della Guerra di Troia, insieme ad Enea difese la sua città strenuamente:
E che nell’Eneide per questo motivo venne da Virgilio ricordato espressamente.
Il sesto Beato, secondo me il migliore di tutti è Davide, il re d’Israele, autore dei Salmi, cantore dello Spirito Santo: colui che condusse a Gerusalemme l’Arca dell’Alleanza, con le Tavole della Legge donate da Dio a Mosè sul monte Sinai.
Davide è proprio la mia pupilla, e questo ti preciso perché di certo non lo sai”.

 

120 (La salvezza dei pagani)

Clamorosa ai miei occhi fu la salvezza dei due pagani inseriti nel gruppo dei Beati, ed il ritrovarmeli il Paradiso: il che dimostra ancora una volta come sia imperscrutabile il giudizio divino,
Ma talvolta anche incomprensibile e quanta prudenza occorra nell’attesa del “giorno del giudizio”.
Addirittura Rifeo, credendo in una prossima redenzione, avrebbe ricevuto le virtù teologali – cioè la fede, la speranza e la carità – direttamente mille anni prima che fosse stato istituito il sacramento del battesimo.
L’Imperatore Traiano addirittura venne fatto resuscitare dalle preghiere di Papa Gregorio Magno, sì da potersi abbandonare alla fede in Cristo diventando un cristiano, e quindi si guadagnò la salvezza eterna.

 

121 (La predestinazione alla salvezza)

“La vita eterna – riprese a dirmi l’aquila – si realizza con la visione di Dio,
E la pena comminata bonifica l’agire umano in Terra.
Ci vuol cautela nel pronunciar giudizi,

Essendo ignoto il numero degli eletti predestinati alla salvezza, che solo Dio conosce.
Infatti in quella vita eterna saremo condotti – nel caso – solo da Dio: essa è soltanto una visione di Dio che eccede quindi ogni umana facoltà.
Viene chiamata predestinazione l’elezione di Dio che consente il raggiungimento della vita eterna”.
Nel contempo, ancor più lampeggianti mi apparvero le luci delle anime di Traiano e di Rifeo.

 

122 (CANTO N. 21 DEL PARADISO)

(SAN PIER DAMIANI; PREDESTINAZIONE; INVETTIVA CONTRO IL LUSSO DEI CARDINALI)

Luogo – (Settimo Cielo o Cielo di Saturno):

Presenze – (Gli Spiriti Contemplanti);

Personaggi – (San Pier Damiani; Beatrice);
Argomenti – (La predestinazione; Invettiva contro il lusso dei Cardinali).
Osservai Beatrice che non sorrise, come faceva solitamente
“Siamo saliti al Settimo Cielo, quello di Saturno congiunto alla costellazione del Leone – mi disse proprio Beatrice – ed anche la mia bellezza si accresce nel salire.
Ma il mio splendore non si può rendere a te manifesto, altrimenti diverresti, come Semele, cenere.
Siamo nel Cielo degli Spiriti Contemplativi e della meditazione religiosa”.

123 (Ascesa al Settimo Cielo o Cielo di Saturno; Spiriti Contemplanti; La scala dell’Empireo)
Alzai gli Occhi e vidi una scala scintillante, del color dell’oro
Che in alto s’ergeva, a perdita d’occhio, della quale non mi riusciva di veder la parte conclusiva.
In realtà quella scala all’Empireo terminava, dalla quale gli Spiriti Contemplanti scendevano nel Cielo di Saturno dove restavano lì tranquilli,
Fermandosi e compiendo liberi movimenti, come fanno in volo gli uccelli.
La scala aveva sin dai tempi antichi un simbolico significando
Essendo i monaci Benedettini e Camaldolesi condotti in chiesa per la loro cerimonia funebre su una scala, poco dopo la loro morte.

124 (La predestinazione divina è imperscrutabile)
Mi si avvicinò l’anima di uno Spirito Contemplante, splendendo di una travolgente luminosità,
Che fu tale da togliermi la parola nonostante avessi il desiderio di porgli più di una domanda.
Beatrice “lesse” in me quello stato d’animo
E mi invitò a parlare con lui liberamente.
Mi rivolsi a quell’anima beata, chiedendogli la ragione del suo avvicinarsi a me,
Ed il motivo del silenzio dei altri beati,
Che però a differenza dei beati degli altri Cerchi attraversati in precedenza, non stavano intonando canti sublimi.
“Non è stato un affetto particolare nei tuoi confronti che ha attraversato la mia mente – mi rispose quell’anima beata – quanto la predestinazione divina è imperscrutabile, per cui sono stato tra gli altri prescelto, appunto per voler divino, a manifestare proprio a te la gioia di tutte le anime di questo Cielo.
Quanto invece al tuo non sentire i canti dei beati non devi stupirti perché il tuo udito, come la tua vista, è l’udito e la vista di un mortale”.
Così concluse il suo primo parlare, quell’anima beata, neanche lasciandomi interdetto.

125 (Spiriti Contemplanti: San Pier Damiani)
Ben capisco che la carità possa spingere ad ubbidire alla Provvidenza divina,
Ma ancora la mia mente non comprendeva perché proprio quell’anima beata avesse ricevuto l’incarico divino di accogliermi nel Cielo di Saturno.
A quel punto quell’anima che appena avevo citato si mise a girare velocemente su sé stesso, in modo vorticoso, assorbendo in sé la grazia divina in quantità così importante che mi disse che “riusciva a scorgere in sé l’essenza di Dio”.
“Ed è ciò che mi dona quello splendore che abbaglia il tuo mortale occhio, aggiunge sereno; quanto alla tua domanda, non so dar risposta, in quanto la predestinazione di un vivo è cosa che attiene solo alla divina volontà, anche ognun di noi beati in tal senso è ininfluente.
Piuttosto occorreva ammonire il mondo, per far capire agli uomini che non c’è modo che consenta di comprendere il mistero divino, e l’enigma della predestinazione dell’essere umano resterà al di fuori della portata dell’umana mente
Pur riferendosi naturalmente alla vita terrena
E non a ciò che avverrà nell’al di là, dove l’uomo sarà destinato in funzione delle sue azioni, e sol da ciò dipendendo la sua pena”.
Le risposte di quell’anima beata furono per me rassicuranti:
Però ancor non conoscevo l’identità del mio interlocutore, e fu a quel punto che gliela chiesi.
“Grazie a mio fratello Damiano studiai a Faenza e a Parma, fino ai primi vent’anni dell’anno Mille.
Sotto il monte Catria, che fa parte dell’Appennino Toscano, in prossimità di Gubbio, dove c’è l’eremo Camaldolesi di Fonte Avellana, mi ritirai a vita monastica dedicandomi alla contemplazione di Dio.
Lì divenni Pier Damiani, ed assunsi anche il nome di Pietro Peccatore quando mi spostai nel monastero di Santa Maria in Porto, prossimo a Ravenna.
Nella fase ormai conclusiva della vita
Venni anche nominato Cardinale
Pur non essendo stato oggetto del vizio e del male
Come invece avviene oggi, perché quei noti traviamenti, ormai nessun maggior prelato evita”.

126 (Invettiva di San Pier Damiani contro i Cardinali esuberanti)
Pesante fu l’invettiva di San Pier Damiani contro i Cardinali che esuberanti nella loro mole,
E quindi nei loro ampi mantelli, che dove entra solo una persona, invece paion due persone,
A causa della loro esagerata alimentazione
E dei vizi ai quali si abbandonavano senza alcuna limitazione.
Poi … vidi altre anime luminose, che scendevano anche loro dai gradini
Per poi fermarsi da Pier Damiani, stando tutti insieme lì vicini.
Poi emisero un fragoroso strillo, che parve quasi un tuono il cui significato però mi rimase oscuro.

 

126 (CANTO N. 22 DEL PARADISO)

(INVETTIVA DI SAN BENEDETTO CONTRO I MONACI BENEDETTINI DEGENERI; DANTE OSSERVA IL PERCORSO DA LUI COMPIUTO: È ORMAI NEL CIELO DELLE STELLE FISSE)

Luogo – (Settimo Cielo o Cielo di Saturno; Ascesa all’Ottavo Cielo o Cielo delle Stelle Fisse):
Presenze – (San Benedetto da Norcia ed altri Spiriti Contemplanti);
Personaggi – (San Benedetto da Norcia; Beatrice);
Argomenti – (Invettiva di San Benedetto contro i monaci Benedettini degeneri; Dante osserva il percorso da lui compiuto: è ormai nel Cielo delle Stelle Fisse).
“Il grido degli Spiriti Contemplanti del Canto precedente a conclusione delle parole di San Pier Damiani
Preannunciava la divina vendetta
Contro la Chiesa ormai eccessivamente corrotta:
Vendetta che ci sarà nonostante la preoccupata attesa o il timore incomprensibile di molti uomini”.
Questo mi disse Beatrice subito dopo, avendo preso la parola perché era ormai giunto il suo turno:

Che ancora eravamo nel Settimo Cielo di Saturno.
Ero rimasto davvero intimorito da quell’assordante grido, che bene lì per lì neanche capii, ma che mi provocò una forte reazione.
Per questo mi rivolsi a Beatrice come fa un bimbo che cerca materna protezione.
Per tutta risposta Beatrice ancor mi precisò: “Dopo che il grido dei Beati ti ha creato quella forte turbativa, all’improvviso
Ben puoi capire ora, quanto più ti avrebbe potuto turbare il canto precedente dei Beati ed anche l’iniziale splendore del mio sorriso:
Parimenti se anche tu avessi potuto capire le parole contenute nella preghiera da cui nasceva quell’urlo prepotente, certamente avresti potuto avere miglior contezza di quella punizione.
Ora ad altri Spiriti che a te si stanno avvicinando, mostra loro la tua attenzione”.

127 (Spiriti Contemplanti: San Benedetto da Norcia si avvicina a Dante)
Obbediente seguii la sua indicazione
Vidi che tante sfere luminose si posero alla mia attenzione:
Credo mi volessero parlare,
Ma io ancora titubante nulla osai domandare.
Quando la più grande tra loro avanzò nella mia direzione
Ed in qualche modo diede seguito alla mia intenzione.
Mi rivelò il suo nome, era San Benedetto da Norcia, peraltro da Assisi posta a non eccessiva distanza,
Che in vita era stato un eremita austero e severo con sé stesso e con i suoi discepoli, e che una volta, a cagion di ciò, i suoi confratelli tentarono di avvelenarlo.
Ora et labora” era il motto della sua Regola quando a Montecassino nel 528 – ed aveva ormai quasi cinquant’anni – e nella sua tenacia religiosa non fu più possibile fermarlo,
E fondò il famoso monastero dai resti del dirupo di un tempio di Apollo, di cui fu accertata l’esistenza,
Anticamente dedito ai culti di pagana rimembranza.

128 (L’anima di San Benedetto da Norcia fornisce qualche informazione a Dante in merito agli Spiriti Contemplanti)

Mi disse di voler rispondere ai quesiti che albergavano nella mia mente,
E che lui leggeva per volontà divina evidentemente,
E che non sarebbe stata sua intenzione trattenermi a lungo
Perché non voleva frenare il mio cammino verso l’Empireo.
Mi precisò che le luci a lui prossime erano quelle di altri Spiriti Contemplanti, e mi precisò che tra esse c’erano anche Macario d’Alessandria – discepolo di Sant’Antonio e fondatore del monachesimo orientale – e Romualdo degli Onesti di Ravenna – che creò l’ordine dei Camaldolesi dal nome del monastero toscano – ed ancora altri frati benedettini.

129 (Solo nell’Empireo ogni desiderio si potrà compiere)
Mi avrebbe fatto piacere vedere San Benedetto nel suo reale aspetto
Ma questo mio desiderio rimase al momento interdetto,
Dal momento che solo nell’Empireo ogni desiderio si potrà compiere
Perché solo quel Cielo è immobile – non avendo poli celesti attorno a cui girare – e la saturnina scala d’oro degli Spiriti Contemplanti proprio lì arrivava.
Che poi è la stessa scala che Giacobbe sognò e per la quale gli angeli salivano e scendevano.
D’altra parte, in un’altra mia opera, il Convivio, avevo già precisato che l’Empireo nella realtà non esiste nello spazio, ma solo nella mente divina dalla quale fu “creato”.

130 (Invettiva di San Benedetto contro i monaci Benedettini degeneri)
E qui iniziò l’invettiva di San Benedetto contro i monaci Benedettini degeneri.
Ed iniziò proprio da quella scala l’invettiva di San Benedetto: “… ma per salirla, mo nessuno diparte da terra in piedi, e la regola mia rimasa è per danno de le carte …
“Nessuno ora alza i piedi da terra, cioè sceglie la via della contemplazione, per salire quella scala, e la mia Regola serve ormai solo a consumare la carta su cui viene trascritta”.
E continuò: “… Le mura che solìeno esser badia, fatte sono spelonche, e le cocolle sacca son piene di farina ria …
“I monasteri che erano il rifugio per una vita santa, ora son diventati spelonche di farabutti, e le tonache dei monaci si sono trasformate in sacche di farina guasta”.
Ed ancora: “… Ma grave usura tanto non si tolle contra il piacer di Dio, quanto quel frutto che fa il cor de’ monaci sì folle …
“Ma la più grande usura non offende più di tanto Dio, quanto invece il furto delle decime che i monaci perpetrano costantemente, perché la Chiesa non deve possedere, bensì dispensare ai poveri ciò che arriva in suo possesso.
San Pietro, San Francesco, San Domenico ed io stesso facemmo della povertà, dell’umiltà, della preghiera, del digiuno e del rigore gli unici riferimenti della nostra vita: invece oggi osservo solo una decadenza di quei valori e la loro trasformazione in vizi così presenti da non poterli neanche narrare.
Ma non tarderà a giungere la punizione divina, ed essa sarà tale che recherà ancor maggior stupore che non il fiume Giordano quando andò ritroso, oppure quando il Mar Rosso si aprì al passaggio del popolo ebraico”.

131 (L’anima di San Benedetto, insieme agli altri Beati sale nell’Empireo; La costellazione dei Gemelli propizia a Dante)
Così terminò il suo discorso San Benedetto per poi raccogliersi insieme alle altre anime dei Beati, che cantavano sempre in coro,
E tutti insieme salirono verso l’Empireo, cioè verso il vertice della scala d’oro.
Anch’io salii quella scala, sospinto da un semplice cenno di Beatrice, e superai l’opposizione che per via del peso il mio corpo manifestava.
All’improvviso mi ritrovai nel Cielo delle Stelle Fisse, davanti alla costellazione dei Gemelli.
Ma era la mia costellazione, se mal non ricordo, essendo io nato proprio tra il 21 maggio e il 21 giugno del 1265: sicuramente divenne una maschera di stupore il mio viso.
Fu proprio la costellazione dei Gemelli a donarmi l’ingegno poetico e letterario
Che poco dopo manifestai, che sempre fece parte della mia indole, e che nella mia vita divenne sempre più necessario.
Ero davvero emozionato: quel passaggio era avvenuto in un tempo più breve di quello che chiunque avrebbe impiegato a mettere e tirar fuori il tuo dito dal fuoco: ecco che il mio percorso ormai mi era stato assegnato:
Ora dovrò potenziare le mie capacità poetiche perché stavo procedendo verso l’ultima visione, cioè la parte finale del Paradiso, che sempre tanto mi aveva incuriosito.

132 (Dante osserva dall’alto il percorso del suo cammino)
Affinché tu possa esser sempre più gaudio nell’avvicinarti a quel veder divino,
Rivolgi il tuo sguardo verso il basso ed osserva il lungo percorso del tuo cammino.
Ripercorsi con lo sguardo i Sette Cieli del mio tragitto
Che mi fece vedere la terra così minuscola che mi fece un certo effetto:
Vidi la Luna senza quelle macchie che solo dalla Terra si notavano in grande quantità:
Riuscii a sopportare il Sole abbagliante, e vidi tutti i sette Pianeti che mi diedero la misura giusta della loro grandezza e della loro velocità.
Quel perfetto ingranaggio planetario, anche solo per un momento, restò talmente inciso nella mia mente,
Da darmi non solo la misura della Terra, ma anche la misura – devo dir minuscola – dell’uomo che vive sulla terra, e la cui grandezza dipende solo dalla sua capacità di scegliere il bene, in ragione del suo libero arbitrio: cioè dal suo non agire arbitrariamente.