Settimo appuntamento con i canti del Purgatorio della Divina Commedia  ‘rivisitati’ dal poeta Piero Strocchi

 

65 (canto n. 15 del Purgatorio) (Visioni estatiche di mansuetudine)
Luogo – (Purgatorio, Terza Cornice);
Custode – (Angelo della Mansuetudine);
Peccatori – (Iracondi);

Peccato – (Mancanza di amore verso il prossimo);
Pena – (Camminavano in una spessa e fitta oscurità e quindi erano avvolti da un fumo nero che impediva di vedere e di respirare, che provocava irritazione ai loro occhi e che simboleggiava il fumo della collera).
Avevamo girato internamente tutt’intorno al monte del Purgatorio, ed era giunta ormai l’ora del vespro:
Un sole prepotente invase il nostro volto, ed io, come potevo, dovetti alla buona ripararmi con la mano, col mio palmo destro,
Tanto era accecante quella luce, che parea luce riflessa,
In cui i raggi del sole infrangendo l’acqua fino alla sua intimità,
Oppur lo specchio, si riflettono dal basso verso l’alto con la medesima gradazione ed intensità.

A questo punto mi sussurrò Virgilio: “È la visione dell’angelo della Mansuetudine che ancor la tua vista umana troppo abbaglia,
E che ci incita a salire su un più dolce percorso, che alzando i miei occhi ad osservarlo, mi par che s’assottiglia”.

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Mentre salivamo quella scala, con andatura – almen da parte mia – meno affaticata,
Posi una questione al Maestro su una frase da Guido del Duca poco prima pronunciata.
Il possesso dei beni materiali è noto che crei invidia:
Perché essendo quei beni di numero già prestabilito,
Potranno render felici sol coloro che li possederanno, che a loro volta non consentiranno
Ad altri di utilizzarli.
Conseguentemente rendendo invidiosi coloro che invece quei beni non potranno possederli.
“Questa è la conseguenza del guardar solo alle cose terrene – a tal proposito mi precisò Virgilio – ma così non sarebbe ove l’uomo invece ricercasse i beni divini, per i quali al contrario, tanto più numerosi saranno i possessori, tanto più quegli stessi beni potranno aumentare in quantità”.
Inizialmente rimasi perplesso per la risposta ricevuta, a cui però non ero avvezzo a replicare mai.
Aggiunse infine Virgilio: “Ti sarà tutto più chiaro quando alla fine di questo nostro comune percorso,
Incontrerai Beatrice che meglio di me ti motiverà su questo, e ti verrà più di me in soccorso”.
Subito però capii il profondo significato, di quanto appena ascoltato da Virgilio, ed a questo diverso pensar subito m’addestrai …

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Giungemmo nel frattempo nel Terzo Girone, quello degli Iracondi, al quale mi affacciavo assai prudente;
E mi accorsi, sentendomi più leggero, che la seconda “p”, dall’Angelo della Mansuetudine mi era stata cancellata dalla fronte.
Eravamo saliti proprio lì, alla Terza Cornice, ed ardevo dal desiderio di vedere cose nuove,
Quando fui rapito da tre esempi di mansuetudini, nella forma di estatiche visioni, in cui le immagini si intervallavano alle parole e la mia mente da ciò venne condotta altrove.

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Nella prima visione immaginai Maria preoccupata della scomparsa di Gesù fanciullo, che si era fermato nel tempio a parlare coi signori e coi mercanti,
E con tono dolce e misericordioso lo rimprovera per via della preoccupazione che le aveva arrecato, senza aggiunger però altri commenti.
La seconda visione si riferiva alla reazione di Timonassa di Argo, la moglie di Pisistrato, il re di Atene – per intendersi quello che istituì i “giudici itineranti”, per consentire ai contadini di ottenere giustizia senza doversi recare in città – che esortava il suo consorte a manifestare la debita reazione verso l’oltraggio subito da chi aveva osato abbracciare e poi baciare la figlia lungo il viale;
Al che Pisistrato, manifestando tutto il suo buon senso e la sua misericordia, così le rispose: “Ma se andiamo a condannare chi ci ama, cosa dovremmo fare contro chi desidera il nostro male?”
L’ultima visione riguardava un gruppo di persone accecate dalla funesta ira, nel momento della lapidazione di un giovane martire: era il martirio di Santo Stefano, che stavo immaginando;
Mentre il Santo, a terra, ormai morente rivolgeva i suoi occhi pietosi e mansueti verso il cielo, il perdono per i suoi assassini, a Dio implorando.
Tornai in me, e mi resi conto che avevo avuto delle visioni,
Ma rimasi colpito dal fatto che quei fatti fossero invece eventi veri e non fossero mie immaginazioni.

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Virgilio vedendomi camminare come se mi fossi risvegliato dal sonno appesantito tipico degli ubriachi o degli oziosi,
Si chiese come mai ciò fosse possibile, anche perché fino a poco prima avevo camminato con gli occhi si può dire chiusi, come quelli delle anime penitenti degli invidiosi.
E allora gli risposi: “Ora ti narrerò le visioni che ho immaginato, così capirai meglio il perché”.
Con fare fermo, Virgilio, con un gesto della mano mi interruppe, come per dirmi: “Forse dimentichi che io leggo nella tua mente: ciò che hai visto altro non erano che esempi di mansuetudine, che miravano a distoglier gli Iracondi dal loro modo di fare”.
Continuammo così a camminare, quando improvvisamente fummo travolti da un fumo nero acre e denso, che non ci consentiva più di vedere né di respirare.

70 (canto n. 16 del Purgatorio) (Marco Lombardo) (Valori cortesi e Libero arbitrio)
Luogo – (Purgatorio, Terza Cornice);
Custode – (Angelo della Mansuetudine);
Peccatori – (Iracondi);

Peccato – (Mancanza di amore verso il prossimo);
Pena – (Camminavano in una spessa e fitta oscurità e quindi erano avvolti da un fumo nero che impediva loro di vedere e respirare, che provocava irritazione ai loro occhi e che simboleggiava il fumo della collera);
Personaggio – (Marco Lombardo).
Ormai già da un po’ eravamo nella Terza Cornice e il fumo nero rendeva quel posto buio, cupo e del tutto inospitale.
I miei occhi erano già irritati nulla più neanche scorgevo,
Tanto che dovetti chiuderli ed appoggiarmi a Virgilio;
Io mi muovevo come si muove un cieco, dal Maestro guidato per ogni movimento eventuale.
Questo era il Girone degli Iracondi,
Che intonavano un “Agnus dei” dai toni profondi;
Per sé stessi invocando la pace e la misericordia,
Con voce più elevata, almeno chi tra loro stava in retroguardia.
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Mi si avvicinò l’anima di un penitente,
Anche lui avvolto così tanto dal fumo, da non vedere niente.
Gli spiegai che io ero lì per desiderio del Signore,
E che con Virgilio dovevo continuare a salire.
“Anzi piuttosto – aggiunsi – dimmi per cortesia, se stiamo seguendo o meno la retta via verso la Cornice successiva”.
Quell’anima mi rispose: “Certamente sei sulla strada giusta: io son Marco Lombardo,
Ed ora ti narrerò chi sono stato, visto che ben me lo ricordo.
Dato che tu arriverai tra non molto in Paradiso,
Ti chiedo, una volta lì di pregar per me”: questo mi chiese il mio interlocutore all’improvviso.

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Per proseguir così la sua narrazione: “Ho mantenuto in vita un saggio e virtuoso atteggiamento mosso dai valori cortesi tipici di un tempo ormai lontano,
Che si fondavano sulla prodezza – cioè sul valoroso uso delle armi, sul coraggio e sullo sprezzo del pericolo – sull’onore, sulla lealtà, sulla pietà verso gli sconfitti, sul rispetto della parola concordata, e soprattutto sulla fedeltà verso il Sovrano.
A questi valori cavallereschi, si sommavano i valori civili condivisi, quali la liberalità – ovvero la generosità del donare, il disprezzo verso il proprio interesse materiale – la magnanimità – ovvero la capacità a compiere gesti sublimi – e la misura dell’agire – ovvero la capacità di dominar sé stessi per evitare gesti violenti, volgari od eccessivi – oltre alla cura della forma intesa qual sostanza del nostro agire”.
A seguito di queste importanti considerazioni di Marco Lombardo, osservai che i valori che lui aveva appena enunciati, si erano andati col tempo ad esaurire,
E qualcuno può pensare che sia stata colpa delle influenze celesti, mentre altri li attribuiscono alla condotta degli uomini.
Marco emise un forte sospiro e con un gesto pieno di disappunto così mi rispose: “Il mondo è cieco, e tu Dante con quel che dici, mi dai modo di osservare che vieni proprio da lì, da queste cattive abitudini.
Gli uomini hanno sempre attribuito al cielo la causa stessa delle loro scelte;
Ma se così fosse che fine farebbe il libero arbitrio, e l’uomo come potrebbe esser premiato per i suoi comportamenti virtuosi?
È l’uomo che deve scegliere tra il bene ed il male e la volontà umana può volare anche più in alto della volontà celeste.
Non c’è influenza astrale che tenga: occorre solo esser più operosi!”

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E ancora proseguì: “Il mondo è degenerato perché non è guidato con fermezza dai due soli illuminanti: il Papa e l’Imperatore.
Pensa solo quanto il Papa abbia potuto ingenerare confusione lui stesso non distinguendo il potere spirituale con quello temporale – proseguì Marco Lombardo con innegabile furore –
Quando la spada si unisce e si confonde con il pastorale,
Potrà esser soltanto negativo il risultato finale.
Ed in tutto ciò stanne certo l’influsso celeste resta del tutto estraneo:
Questo fu al mio tempo il maggior male contemporaneo.
Le migliori virtù son state ormai seppellite credi a me;
Nella mia zona della Lombardia e del Trevigiano solo tre persone, che io sappia, tra gli altri conservano quei valori civili e cavallereschi:
Solo Corrado da Palazzo, il buon Gherardo e Guido da Castello, che restarono a tali principi sempre fedeli nei loro atteggiamenti comportamentali e guerreschi”.
Concluso il suo discorso il mio interlocutore si girò e ci salutò,
Tornando indietro in forma discreta e contenuta che mai dimenticherò.