Torrita di Siena:  presentati il libro “Ghino di Tacco tra mito e realtà” e il progetto “Il cammino di Ghino di Tacco”

Si intitola “Ghino di Tacco tra mito e realtà” il testo presentato questo pomeriggio al Teatro degli Oscuri di Torrita di Siena dagli autori (Maria Elena Cortese, Renato Stopani, Maria Grazia Nico Ottaviani, Augusto Codogno, Michael Marcucci, Sandro Tiberini, Fausto Cecconi, Stelvio Mambrini, Mario Ascheri), che si sono occupati di raccontare, dal punto di vista storico, la figura di Ghino di Tacco nel volume alla cui introduzione hanno contribuito Giacomo Grazi, Cinzia Cardinali, Raffaella Micheli e Leonardo Canuti.Nell’occasione sono intervenuti il sindaco di Radicofani, Francesco Fabbrizzi, Elena Rosignoli Consigliera Regione Toscana e Federico Eligi, consigliere del presidente Eugenio Giani per i cammini, che ha illustrato il progetto de ‘Il Cammino di Ghino di Tacco’, progetto che si inserisce nel piano di valorizzazione dei percorsi toscani.

Chi era Ghino di Tacco

Ghino di Tacco  è stato uno dei personaggi più leggendari della storia do Radicofani, famoso al punto che è stata costruita in suo onore una bellissima statua in pietra, la quale si erge imponente nei giardini di Piazza Sant’Agata quasi a sorvegliare l’intero borgo.  Ghino di Tacco era un esponente della nobiltà ghibellina vissuto intorno al XIII secolo, che divenne un bandito fuorilegge successivamente alla cattura e alla decapitazione – svoltasi pubblicamente in Piazza del Campo a Siena – di due membri della sua famiglia, il padre e lo zio. Non volendosi arrendere alla controparte guelfa – rappresentata dal potere di Siena – conquistò la Rocca di Radicofani – controllata al tempo dallo Stato Pontificio – nel 1297. Iniziò così la sua impresa che viene ancora oggi ricordata e decantata in numerose leggende; tanto che il suo personaggio fa quindi parte della storia e dell’essenza vera e propria del borgo. E’ stato definito da alcuni come il “Robin Hood” dei tempi passati, in quanto, secondo la leggenda, derubava solamente i viaggiatori più ricchi che ogni giorno compivano il loro viaggio verso Roma, di cui Radicofani era una tappa obbligata. Boccaccio, infatti, lo dipinge come brigante buono nel suo Decameron parlando del sequestro dell’abate di Cluny in questi termini:“Ghino di Tacco piglia l’abate di Clignì e medicalo del male dello stomaco e poi il lascia quale, tornato in corte di Roma, lui riconcilia con Bonifazio papa e fallo friere dello Spedale.”Lo stesso Dante Alighieri tramanda le sue imprese citandolo nel sesto canto del Purgatorio della Divina Commedia, dove si parla dell’uccisione per mano del brigante del giurista Bencicasa da Laterina (l’Aretin): “Quiv’era l’Aretin che da le braccia fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte”