Toscana : commemorato il “Giorno del Ricordo”. Dopo l’intervento del presidente del Consiglio regionale Mazzeo, il  giornalista Toni Capuozzo ha detto: “Credo che ancora oggi venga vissuta come una giornata di parte che non appartiene a tutti, anzi eccita e risveglia dei negazionismi”. Consegnato  il Pegaso alato a Guido Giacometti dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia

“Il Novecento è stato, purtroppo, il secolo delle atrocità, delle guerre, dell’odio razziale, degli stermini di massa. Qualche settimana fa abbiamo celebrato la Giornata della Memoria, lo scorso 27 gennaio. Nello scorso secolo gli uomini si sono macchiati di violenze che mai avrebbero potuto essere immaginate, accecati dalle diversità, dalle ideologie, dalle differenti appartenenze etniche, sociali, culturali o nazionali. ​In questo scenario, il dramma delle foibe assume i contorni di un genocidio di ferocia inaudita, inaccettabile, ingiustificabile”.  Così il presiedente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo ha aperto la seduta solenne del Consiglio regionale dedicata al Giorno del Ricordo, la commemorazione di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.  Il presidente ha parlato dell’istituzione del giorno del ricordo con la legge 30 Marzo 2004 e della scelta del 10 Febbraio, perché in questa data, nel 1947, veniva firmato a Parigi il Trattato di pace tra l’Italia e le forze alleate che pose fine alla guerra ma che lasciò irrisolta più di una problematica relativa al nostro confine orientale. “Una legge – ha detto- che è stata un atto di giustizia e anche di risarcimento morale. Un silenzio troppo lungo era calato sugli italiani uccisi dalle autorità comuniste jugoslave e sul dramma dell’esodo”. “Il non riconoscere ciò che è successo – ha aggiunto – non è più in sintonia con il sentimento della nostra comunità nazionale che ha fatto propri quei lutti e quelle sofferenze”. “Sono stato consolato dalle parole forti e serene della presidenza – ha poi detto il giornalista Toni Capuozzo – che riportano questo giorno nell’alveo del ricordo di una fase difficile e tragica, vissuta dal nostro Paese in un angolo discosto dove i tormenti sono continuati anche dopo, quando in tutto il resto d’Italia la Liberazione aveva affidato a quelle generazioni il compito di ricostruire”. “Oggi a distanza di quasi 20 anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo – continua – è inevitabile dirci che in qualche cosa, come comunità nazionale, abbiamo fallito, non abbiamo fatto una giornata condivisa nel rispetto del dolore anche quando è un dolore degli altri. Credo che ancora oggi venga vissuta come una giornata di parte, che non appartiene a tutti, anzi eccita e risveglia dei negazionismi”. “Forse perché l’istituzione di questo giorno è stata richiesta dei partiti di destra – si risponde il giornalista – ma è noto che le uniche formazioni che son state vicine agli esuli sono state quelle della destra italiana”. “Ho sperato che l’istituzione del Giorno del Ricordo facesse uscire gli esuli da una specie di scranno minore nella memoria del Paese, senza intenzioni politiche e vessilli ideologici, ma non è stato così”. Capuozzo ha poi aggiunto una riflessione sulla contrapposizione, che per lui “non ha senso”, fatta tra le due giornate: quella della Memoria e quella del Ricordo. “L’Olocausto è qualcosa di assoluto e senza termini di paragone, il tentativo di cancellare in modo quasi industriale l’esistenza di un popolo, ma affermare l’unicità della Shoah non vuol dire dimenticare tragedie minori”.  Il giornalista ha terminato affermando con forza l’importanza di una memoria condivisa, “senza piantarci la bandiera delle appartenenze politiche”. “Nel modo di raccontare questa giornata – ha concluso – non siamo stati capaci, tutti, di rivelarci un Paese maturo, capace di una pietà non sussultante, capace di respingere dubbi morali e capace di guardare alle proprie colpe e a quelle degli altri con la stessa inflessibilità”.  “Il punto è: ma chi era la gente che viveva in quelle terre? Italiani, sloveni, croati non erano tribù ben identificate e separate. Erano semplicemente persone che convivevano nella stessa zona senza particolari problemi, in zone che nei secoli sono sempre state multietniche e nessuno si sarebbe sognato di chiedere agli altri di cambiare la lingua – ha ricordato Guido Giacometti, referente per la Toscana dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – I guai  sono cominciati quando si è diffuso il virus del nazionalismo, che non era solo italiano, ma di tutte le etnie e inizia già con le idee che si diffondono nell’Ottocento. Anche con le idee di Alessandro Manzoni, che nell’ode Marzo 1821 parla di gente ‘una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor’, senza pensare che così si creano le minoranze, e di Giuseppe Mazzini”.  “Devo dire che oggi le cose sono molto cambiate – ha proseguito Giacometti –. Poco prima del Covid, nel mio paese, Dignano d’Istria,  si è celebrata la Giornata del Ricordo”. Di esodi “ce ne sono stati più di uno: il primo di coloro che sono sfollati da Zara durante la guerra, poi da Pola, da dove la mia famiglia è venuta via con l’ultimo vapore, il Toscana. Poi il resto, dopo che sull’Europa era calata una cortina di ferro, come diceva Winston Churchill, con lo scatenarsi delle dinamiche tipiche dei Paesi comunisti, dove la pressione sulla gente era notevole e si cercava di impedire che la popolazione andasse via. Chi partiva, partiva verso l’ignoto. L’Italia ha accolto queste persone, facendo quello che poteva. Oggi – ha ripetuto , Giacometti-  le cose sono cambiate, si collabora molto tra le due sponde. Una statistica di recente ha dimostrato che il giorno del Ricordo ha dato dei frutti. La popolazione italiana che conosce la nostra storia ha raggiunto la soglia del 50 per cento. Si tratta di un ottimo risultato”. Al presidente della Toscana, Eugenio Giani, l’intervento conclusivo : “la conoscenza, la memoria, la percezione di cosa è stato questo fenomeno è un fatto importante, parte d’identità del nostro popolo e del nostro Paese . Fino a qualche anno fa, c’è stata una tendenza a non andare fino in fondo, anche perché si mischiavano aspetti ideologici che portavano partiti importanti del nostro paese non tanto a ignorare, ma a evitare intrecci. La Giornata del Ricordo è stata importantissima – ha detto  il presidente –, ha riportato alla luce il dramma di coloro che sono stati costretti ad abbandonare la loro terra, la radice della loro identità, l’Istria, la Dalmazia, per secoli e secoli parte dell’identità italiana”. Giani ha anche citato Dante, come “migliore testimonianza di cosa significhi il nostro territorio: quando cita l’Italia, nel IX canto dell’Inferno, la indica dalla Sicilia a Pola. Dal XIV secolo in poi, l’Italia, intesa dal punto di vista geografico e linguistico, è quella. Pola, l’Istria, la Dalmazia sono l’Italia. Per farle diventare qualcos’altro dovettero costringere 400mila persone a venire via”. In conclusione della seduta, il presidente Mazzeo ha voluto consegnare insieme, con tutto l’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale e al presidente Giani, il Pegaso alato a Guido Giacometti.