Undicesimo appuntamento con i canti del Paradiso della Divina Commedia  “rivisitata” dal poeta Piero Strocchi

151 (CANTO N. 26 DEL PARADISO)

(SAN GIOVANNI ESAMINA DANTE SULLA CARITÀ; DANTE RIACQUISTA LA VISTA GRAZIE ALLE VIRTÙ DI BEATRICE; APPARIZIONE DI ADAMO; ADAMO LEGGE NELLA MENTE DI DANTE LE DOMANDE CHE DANTE GLI VUOLE FARE; E GLI DÀ LE RELATIVE RISPOSTE; GLI ANNI RIFERITI AD ADAMO; I MUTAMENTI DELLE LINGUE NEL TEMPO)

Luogo – (Ottavo Cielo o Cielo delle Stelle Fisse);

Presenze – (Beatrice; San Giovanni; Adamo);

Personaggi – (Beatrice; San Giovanni; Adamo);

Argomenti – (San Giovanni esamina Dante sulla carità; Dante riacquista la vista grazie alle virtù di Beatrice; Apparizione di Adamo; Adamo legge nella mente di Dante le domande che Dante gli vuole fare; E gli dà le relative risposte; Gli anni riferiti ad Adamo; I mutamenti delle lingue nel tempo).

Della mia mancanza della vista ero alquanto preoccupato,

E dall’anima luminosa di San Giovanni venni consolato

Avendomi lui stesso peraltro precisato

Che Beatrice poteva ridonarmi la vista, e che il problema sarebbe subito rientrato.

Ancora mi precisò proprio quell’anima luminosa: “Come Anania, e negli Atti degli Apostoli era narrato,

Era stato il discepolo di Gesù, che ridonò la vista a San Paolo, che dall’apparizione di Cristo era rimasto folgorato,

Lungo la strada che conduce a Damasco,

Così Beatrice applicherà con te la stessa virtù, che lei possiede: lo so per certo, e quindi te lo garantisco”.

Mi auguro piuttosto che ciò presto avvenga, essendo stati proprio gli occhi lo strumento tramite il quale di lei m’innamorai.

L’anima di San Giovanni ancora si rivolse a me, chiedendomi quale fosse, secondo me, l’origine della carità.

Risposi che la carità era dentro di me,

E proveniva dalle rivelazioni celesti e dalla ragione che erano il frutto delle mie conoscenze filosofiche.

L’anima del Santo considerò ben impostato il mio concetto di amore e di carità,

E meglio ancora gli precisai che l’esistenza stessa del mondo, la mia stessa esistenza, la morte di Cristo per la salvezza dell’umanità, e la speranza della vita eterna sono state per me l’ardente fiamma della carità

Che mi ha potuto sottrarre al mare apparentemente avvolgente delle passioni terrene.

Al termine di queste mie parole ebbi l’impressione di essere svegliato da un improvviso bagliore, ed ebbi netta l’impressione di rivedere coi miei occhi,

Seppur confusamente e senza precise demarcazione “E come a lume acuto si disonna per lo spirto visivo che ricorre a lo splendor che va di gonna in gonna”.

Beatrice mi aveva quindi ridonata la vista, ed in quel momento – nel mio passare dal buio alla luce – mi parve addirittura di veder meglio che pria,

E scorsi un quarto lume, che promanava luce intensamente, oltre quelli che pur ritrovai, anch’essi di molto luminosi, dei tre Santi di cui vi ho già narrato.

 

152 (Apparizione di Adamo)

Mi era ignoto da chi promanasse quella quarta luce:

Mi venne in aiuto Beatrice che mi disse esser l’anima del nostro progenitore Adamo, la prima anima creata dalla virtù divina.

L’occasione era ghiotta per soddisfare alcune mie antiche curiosità.

Ma non ebbi necessità di chiedergli nulla, perché quella quarta luce leggeva nella mia mente,

Sapeva quindi che avrei voluto chiedere ad Adamo quanto tempo fosse passato

Da quando nell’Eden era stato lasciato;

Per quanto tempo fosse lì rimasto;

La causa del peccato originale;

E quale fosse stato il linguaggio lì da lui utilizzato.

Nella simbologia della narrazione, Adamo rappresenta il Vecchio Testamento,

In contrapposizione ai tre Santi: San Pietro, San Giacomo e San Giovanni, che invece rappresentano in Nuovo Testamento.

Inoltre Adamo, creato direttamente da Dio era già un adulto,

Ed era iniziato da lui il genere umano, in modo così naturale, senza alcun sussulto,

Che ogni donna al mondo era sua figlia, perché da lui discendeva direttamente,

E parimenti nuora, perché sposa di un suo discendente.

 

153 (Adamo risponde a Dante e narra i suoi anni)

E Adamo mi rispose a tutte e quattro le mie inespresse domande.

“Non vorrai certo pensare che l’aver gustato il cibo proibito sia stata la vera causa della mia cacciata dal Paradiso Terrestre – mi disse l’anima di Adamo – la vera causa fu piuttosto l’aver superato i limiti che Dio aveva posto ad Eva ed anche a me;

Vissi sulla terra per 903 anni

Rimasi nel Limbo per 43 secoli,

Immagina che sulla vetta del monte del Purgatorio, cioè nel Giardino Terrestre, riuscii a rimanere per poco più di 6 ore …

Il linguaggio da me parlato era già scomparso all’epoca della costruzione della Torre di Babele.

Se immaginiamo la morte di Cristo nel 1300, il tuo viaggio, caro Dante, sta avvenendo nel 6498esimo anno dalla nascita del mondo …”

Diversamente da come io stesso sostenni, quando affermai l’immutabilità e l’incorruttibilità della lingua parlata dal primo uomo, cioè l’ebraismo, venni qui smentito da Adamo …

E concluse Adamo: “Del resto anche il Padre Eterno si chiamò semplicemente I, cioè: uno, mentre in seguito sarebbe stato chiamato EL, cioè: il forte.

Pur questo particolare dimostra che il linguaggio è mutevole nel tempo, così come nel tempo mutano le foglie di un albero, che quando muoiono dovranno poi rinascere, pur se diverse, a ragione di un nuovo germoglio”.

Francamente devo dire che rimasi un po’ stordito: quante cose mi aveva narrato Adamo …

 

154 (CANTO N. 27 DEL PARADISO)

(INVETTIVA DI SAN PIETRO CONTRO LA CORRUZIONE DELLA CHIESA; SUA PROFEZIA DI UN INTERVENTO DIVINO; SALITA DEI BEATI NELL’EMPIREO; PARTICOLARITÀ DEL PRIMO MOBILE; INVETTIVA DI BEATRICE CONTRO LA CUPIDIGIA UMANA)

Luogo – (Ottavo Cielo o Cielo delle Stelle Fisse; Ascesa al Nono Cielo o Primo Mobile);

Presenze – (I Beati che salgono nell’Empireo: Beatrice; San Pietro);

Personaggi – (Beatrice; San Pietro);

Argomenti – (Invettiva di San Pietro contro la corruzione della Chiesa; Sua profezia di un intervento divino; Salita dei Beati nell’Empireo; Particolarità del Primo Mobile; Invettiva di Beatrice contro la cupidigia umana).

Il “Gloria alla Trinità” fu il canto celeste che venne intonato in quel momento dai Beati

Che come me, lì nell’Ottavo Cielo o delle Stelle fisse, rimasero estasiati:

Il che mi riempì di una tale ebbrezza

Che mi diede la misura dell’eterna beatitudine, come se il mio viso venisse attraversato da una morbida carezza.

Le anime di San Pietro, di San Giacomo, di San Giovanni e di Adamo

Restarono a me prossime ancor più luminose,

Mentre la luce di San Pietro assunse un colore rossastro

Che mi fece supporre una sua prossima invettiva contro qualche disastro.

“Ben presto anche le altre luci, e l’intero Ottavo Cielo divennero dello stesso colore rosseggiante, aggiunse Pietro.

Quel che viene fatto ormai non ci consentirà di poter tornare indietro:

In Terra, proprio in queste ore, c’è un usurpatore, sul soglio pontifizio

Che ha trasformato il Vaticano in una cloaca dove scorre il sangue della discordia civile, e da dove esala il nauseabondo puzzo del vizio:

Assistiamo ad una dura realtà, e non ad un semplice pretesto:

E Lucifero a rallegrarsi laggiù di tutto questo …”

 

155 (Lo sdegno di San Pietro e la sua dura invettiva contro la Chiesa)

Quell’identico “trascolore” invase il Cielo tutto, nonché i Beati che stavano lì attorno.

Al pari della tonalità assunta dal viso di una fanciulla pudica, e tutt’intorno

Nel momento in cui manifesta evidente vergogna “all’udir li falli altrui”;

Ciò avvenne del resto anche alla mia amata:

Un oscuramento di cui

Nel Cielo non si era avuta più traccia

Dal tempo in cui Gesù Cristo era stato crocifisso.

Lo sdegno di San Pietro era irrefrenabile: “A cosa son serviti il sacrificio mio e di altri Papi martiri, se poi vedo la mia effigie stampata sui documenti di vendita di falsi privilegi e di simoniaci benefici ecclesiastici?” Mi disse San Pietro al colmo della sua rabbia,

E proseguì: “Io stesso e poi Lino, Anacleto, Sisto, Pio, Callisto e Urbano, fui e furono Papi che sparsero il loro sangue dopo aver molto sofferto:

Ed ora … non si vede altro che il deserto …

Bonifacio VIII, Clemente V, Giovanni XXII, non possono esser più chiamati pastori, perché son diventati lupi famelici, e per quel che fanno meriterebbero solo di esser rinchiusi in gabbia.

Questo è il primordio del Giudizio Universale,

Papi colpevoli della divisione tra Guelfi e Ghibellini, ma anche di ogni altro male.

Occorre ormai da tempo il soccorso divino, e la Provvidenza presto interverrà.

 

156 (Invito a Dante, a narrare in Terra ciò che sta vedendo in Cielo; Dante osserva il percorso da lui compiuto in 6 ore, e nel frattempo viene trasportato dalla beltà di Beatrice e dal suo sorriso nel Nono Cerchio o Primo Mobile, che è l’astro che muove tutti gli altri nell’universo, ad eccezione della Terra che resta ferma)

Ma tu Dante, non nasconder tutto ciò, narra ciò che stai vedendo in Cielo”.

Le anime dei Beati, quindi quella moltitudine di luci splendenti, che fino ad allora si erano intrattenute nell’Ottavo Cielo, salirono all’Empireo velocemente.

Beatrice, che stava osservando il mio sguardo in alto, verso di loro rivolto, mi invitò ad abbassar la vista, per aver giusta misura dello spazio da me fin lì percorso.

Ebbi modo di dedurre che l’emisfero settentrionale pur essendo costituito da 7 zone, io lo avevo percorso per circa 90 gradi, essendomi in 6 ore spostato dal centro della “prima zona”, cioè da Gerusalemme, che scorgevo giù in basso, fino al suo termine, ovvero alla città di Cadice,

Oltre cui intravvidi anche la rotta temeraria che seguì Ulisse, ben oltre Gibilterra, e dalla parte opposta la piccola Fenicia, striscia di terra che trovasi tra il mar Mediterraneo ed il Libano, con l’isola di Cipro lì vicina.

Subito ebbi il desiderio di osservare Beatrice, per questo rendendomi al momento ancora più felice.

Il sorriso della mia amata era di una non narrabile bellezza, da non poterlo paragonare a nessun’altra beltà che si potesse cercare altrove,

E la virtù dei suoi occhi, mi trascinò, forse a mia insaputa, nel Nono Cielo, che peraltro, ruotando, velocissimo si muove.

Avevo abbandonato la costellazione dei Gemelli, e mi ero ritrovato nel Primo Mobile, che si presentava uniforme ai miei occhi emozionati,

Non avendo in sé corpi visibili, sì da lasciarmi ignaro addirittura, sul dove, Beatrice ed io, in esso, fossimo penetrati.

Lesse sul mio viso tutto questo stupore, la mia amata,

… che Dio parea nel suo volto gioire” che tanto rideva, per quanto era lieta …

Il Primo Mobile tutto l’universo intorno a sé faceva ruotare,

Mantenendosi però la Terra ferma al centro dell’universo, perché a tale movimento essa non si doveva abbinare.

Dalla mente di Dio il Primo Mobile trae quella virtù che regola tutto il proprio, e l’altrui movimento, al quale restan pure collegati gli altri Cieli, con cui sempre s’abbina,

Che poi tutti quei Cieli esso par li avvolga, parimenti come lui stesso resta avvolto dalla mente divina.

 

 

157 (Invettiva di Beatrice contro la cupidigia umana)

Iniziò a parlare Beatrice: “Oh cupidigia, che i mortali affonde sì sotto te, che nessuno ha podere di trarre lì occhi fuori de le tue onde!

Brama smodata è la cupidigia, nascoste ansie profonde

Che spazzano via l’umana volontà

Come la pioggia battente che trasforma le susine in bozzacchioni, che mangiare più non si potrà.

Solo i pargoletti possiedono fede ed innocenza

Che tanto più si scioglie la loro lingua, perdono l’una e l’altra, senza più opporre alcuna resistenza.

Se poi mancano le due guide, l’intera umanità perderà la retta via, il mondo verrà rivoltato fin quando un intervento divino

“Le poppe volgerà u’ son le prore” e tutto si rimetterà in giusto cammino …

 

158 (CANTO N. 28 DEL PARADISO)

(DANTE DUBITA SULLA STRUTTURA DELL’UNIVERSO; BEATRICE FORNISCE A DANTE I CHIARIMENTI TRA I NOVE CERCHI ED I CIELI; BEATRICE SPIEGA A DANTE I CORI ANGELICI; ANGELOLOGIA DI DIONIGI E DI GREGORIO MAGNO)

Luogo – (Nel Primo Mobile o Nono Cerchio);

Presenze – (La luce divina; I Cori Angelici);

Personaggi – (Beatrice);

Argomenti – (Dante dubita sulla struttura dell’Universo; Beatrice fornisce a Dante i chiarimenti tra i Nove Cerchi ed i Cieli; Beatrice spiega a Dante i Cori Angelici; Angelologia di Dionigi e di Gregorio Magno).

Conclusa l’invettiva di Beatrice sulla corruzione degli uomini, e sulle sue nefandezze di contorno,

Osservai i suoi occhi che erano due specchi e riflettevano in un punto, una luce potente,

Intravvidi anche nove cerchi di fuoco che attorno a quel punto di intensa luce, ruotavano vorticosamente:

Più ancor che il Primo Mobile quando si volge alla Terra intorno.

 

159 (Dante resta abbagliato)

Restando abbagliato non riuscii a sostener lo sguardo di quelle immagini intense e vibranti,

Non avendo ben capito che il punto centrale era in realtà il riflesso della luce divina; e che erano i Nove Cori Angelici, quei Cerchi di fuoco rotanti,

Che tra loro nell’intensità e nei movimenti erano pur inversamente proporzionali tra loro, non essendo parimenti luminosi,

Né parimenti turbinosi:

Infatti i Cerchi che erano più distanti dalla luce divina, rispetto ai precedenti,

Risultavano meno lucenti oltre che nel loro ruotar, più lenti.

 

160 (Minore o maggiore vicinanza dei cerchi dalla luce divina)

Beatrice che lesse qualche perplessità nella mia mente,

Ci tenne a precisarmi che da quel punto luminoso ch’io stavo fissando nel profondo dei suoi occhi, dipendeva sia l’intera nostra esistenza, che i movimenti del Cielo, che le evoluzioni della natura: il tutto contemporaneamente.

Proseguì Beatrice: “Dante, osserva il Cerchio più prossimo all’antenna luce: ti accorgerai che è più veloce e splendente,

Perché è stimolato da un amore ardente”.

Risposi: “Se ‘l mondo fosse posto nell’ordine ch’io veggio in quelle rote, sazio m’avrebbe ciò che or tu m’hai proposto.

Ma nel mondo che veggio sol si puote

Veder le volte tanto più divine, quanto son dal centro più remote.

I Cerchi più lontani dalla Terra quindi li vedevo girar più veloci, e risultavano esser più focosi, piuttosto

E quello che io vedi col mio occhio terreno, mal s’adattava a quel che m’avevi narrato tosto”.

Replicò Beatrice: “Certo non mi stupisco che tu non riesca a scioglier questo nodo

Perché nessun finora ne ha cercato il modo.

Piuttosto ascolta ciò che ti dirò, se vuoi saziarti

E sprona il tuo ingegno impiegando le tue migliori arti!

I Cerchi roventi, e quindi i Cieli, sono più o meno ampi in ragione della virtù che assorbono e che sono in grado di assorbire, e quindi che potranno diffondere:

Tanto più grande è la virtù che potranno assorbire, tanto maggiore sarà il benefico influsso che quel Cerchio potrà propagare.

 

161 (I Cerchi più piccoli corrispondono a Cori Angelici più ricchi di virtù, e viceversa)

Il Primo Mobile, ad esempio, trascina l’intero Universo, fino ai suoi estremi margini:

Ed in questo interpreta il desiderio di Dio, e quindi contiene più amore e più saggezza, essendo governato dai Cori Angelici più vicini a Dio, cioè dai Serafini.

I Cieli più piccoli, sono quindi governati dalle migliori angeliche virtù:

E per questo sono quelli che si trovano anche più vicini a Gesù.

Mentre i Cieli più grandi, essendo governati dai Cori Angelici meno ricchi di virtù, resteranno precari,

Proprio perché sono più lontani da quell’intensa luce divina che ti abbagliò fin quasi a non farti vedere più; e perciò pur risultando anch’essi virtuosi, non potrai ritenerli agli altri pari”.

Tutto mi era chiaro, come è limpida l’aria quand’è attraversata dal vento di Tramontana,

Che tagliente fende il viso di chi la incontra, e tutt’intorno, anche se da lì poi s’allontana.

Ora scorgevo ogni stella nitida nel ciel della mia mente,

Luminose e brillanti, pur se a cagion di quella tramontana, restando lì, poi mi raffreddo … veramente

 

162 (Gli angeli ruotano nel sistema universale; Osanna dei Cori Angelici)

Concluso ch’ebbe Beatrice il suo parlare, vidi qualcosa che non mi era abituale:

Parea che in Ciel si sprigionassero faville proprio dai Cerchi Angelici: in realtà trattavasi di Angeli che a migliaia ruotavano anche loro in quel sistema geniale.

Sentii i Nove Cori Angelici cantare il proprio “Osanna” ognuno però con la propria intonazione, ma tutti con il loro sguardo rivolto verso Dio,

Rispondendosi tra lor da Cerchio a Cerchio, e nel contempo orientando i propri influssi verso Terra, lì dov’è ancora il posto mio.

E Beatrice che lesse nella mia mente anche una mia sopraggiunta curiosità,

Iniziò a dissolverla come sempre, chiarendo ogni cosa, con la sua abituale puntualità.

 

163 (Prima Gerarchia: Serafini, Cherubini e Troni; Seconda Gerarchia: Dominazioni, Virtù e Podestà; Terza Gerarchia: Principati, Arcangeli e Angeli Festanti)

Proseguì Beatrice: “I primi due Cerchi luminosi sono i Serafini – che stanno nel Primo Mobile e che possiedono l’eccellenza dell’ardore nella carità – e gli interessati presso Dio, cioè i Cherubini, che stanno nel Cielo delle Stelle Fisse.

Mentre il terzo Cerchio è quello dei Troni, dalla mutevole forma e dagli infiniti colori: loro è il Settimo Cielo, il Cielo di Saturno; anch’essi agli altri due vicini,

Che tutti insieme costituiscono la Prima Terna o Gerarchia.

La Seconda Terna o Gerarchia è costituita dalle:

– Dominazioni, che regolano i compiti degli Angeli inferiori, e che ricevono disposizioni dai Serafini e dai Cherubini, o direttamente da Dio, oltre a controllare l’ordine del Cosmo;

– Virtù, che stanno nel Cielo di Marte, e che sono dotate di coraggio e sono intrepide nell’agire;

– Potestà che estendono il loro dominio sul Sole, e che sono portatori di coscienza e custodi della storia.

La Seconda Terna sono le intelligenze angeliche che cantano l’Osanna, ognuno con la propria modalità.

La Terza Terna o Gerarchia è costituita da:

– Principati, che stanno nel Cielo di Venere, hanno lo spirito del tempo e della politica, ed ispirano nuove idee o invenzioni;

– Arcangeli, che sono nel Cielo di Mercurio, i consiglieri ad amministratori celesti a beneficio dell’uomo;

– Angeli Festanti che stanno nel Cielo della Luna e che sono a disposizione degli uomini, essendo celesti messaggeri”.

 

 

164 (Angelologia di Dionigi l’Areopago e di San Gregorio Magno)

Dionigi l’Areopago, il teologo è filosofo dell’Assiria della metà del I Secolo, che prese il suo soprannome dal colle di Ares ad Atene, dove si giudicava dei soli delitti di sangue, e dove sarebbe stato giudicato anche Ares appunto per l’uccisione di Alirrozio, mitico figlio di Poseidone e della ninfa Eurite – fu colui che meglio di chiunque divulgò le sue azzeccate conclusioni sulla composizione dei Cori Angelici;

Meglio ancora di San Gregorio Magno, divenuto Papa nel 590 e restando tale per quattordici anni, che anche lui li divulgò, ma erroneamente

Sorridendo di sé stesso quando, successivamente, la sua anima salita fino al Primo Mobile, si ravvide del suo errore, devo dire amaramente …