Arezzo:  presentato in anteprima assoluta il libro dedicato al grande Gastone Nencini, indimenticato campione del ciclismo

È stata senza dubbio una presentazione insolita per un libro, quella che  ha svelato al pubblico, in anteprima assoluta, “Sulla cresta dell’onda, Nencini e quel 1960”, lavoro editoriale dedicato a Gastone Nencini, indimenticabile campione del ciclismo, scritto dal figlio Giovanni.La presentazione avvenuta in una conferenza virtuale organizzata dalla Fondazione Arezzo Intour e dall’Associazione A.S.D. “Arditi del ciclismo”, chiude la settimana di appuntamenti che avrebbe dovuto caratterizzare la quinta edizione del “L’Ardita” la ciclostorica che vede protagonista Arezzo e il suo territorio e che quest’anno avrebbe ospitato anche una mostra fotografica dedicata a Nencini per celebrare i 60 anni dalla vittoria al Tour de France.annullata causa emergenza sanitaria, la manifestazione ha avuto comunque una sua appendice “virtuale” con una serie di eventi che, nei canali social de “L’Ardita”, hanno cercato di riproporre il clima dell’atteso appuntamento annuale.Dopo i saluti di Marcello Comanducci presidente della Fondazione Arezzo Intour e di Massimiliano Refi presidente dell’associazione “Arditi del ciclismo” è stato lo stesso Giovanni Nencini che, intervistato da Mauro Messeri, ha presentato il libro, svelandone aneddoti e ricordi.Un romanzo avvincente e emozionante, nel quale si ripercorrono le imprese sportive del “Leone del Mugello” e si ricostruisce uno spaccato della Toscana e dell’Italia in un momento storico di grandi speranze.Gastone Nencini è unanimemente considerato uno dei più grandi discesisti che il ciclismo abbia conosciuto, corridore completo e capace di grandi imprese vinse Giro d’Italia e Tour de France sfidando campioni del calibro di Coppi, Magni, Gaul, Anquetil e Riviere. Per la sua grinta fu soprannominato il “Leone del Mugello”, portando nel mondo quella toscanità di eroe romantico che era stata prima del grande Bartali.La stampa dell’epoca lo ha sempre descritto come personaggio forte ma un po’ burbero.Nencini aveva un volto andaluso, come quelli di Gimondi o Nibali, di quelli che non s’arrendono mai. Adriano De Zan disse di lui che era un uomo definitivo e che le sue parole potevano essere taglienti come gli spari nei film western: «Io digerisco quello che voglio, anche i chiodi» sono le più famose. Dure come l’estetica della strada e la sua pellaccia da discesa, impavide come la scorza semantica del suo ciclismo.