Il libro del mese di agosto 2023: Contro Mastro Ciliegia, Commento teologico a “Le avventure di Pinocchio”, di Giacomo Biffi

Di Francesca Andruzzi

Agosto è il mese, per tradizione, dedicato al riposo lavorativo, il mese delle ferie, delle vacanze. I tempi cambiano, però, e oggi non sempre alla pausa lavorativa corrisponde una vacanza nel senso di viaggio, di soggiorno in una località turistica. La crisi economica morde, anzi, sbrana. Per fortuna ci sono i libri che consentono di viaggiare con la fantasia. Per voi, che siate tra i più fortunati in vacanza – nel senso tradizionale del termine – o tra quelli che devono accontentarsi di trascorrere la pausa lavorativa tra le mura di casa o tra quelli che continueranno a lavorare, abbiamo scelto un libro che analizza la favola più famosa al mondo; una analisi dal punto di vista teologico. Sappiamo che vogliono riscrivere le favole, in nome di un politicamente corretto, che ha ben poco sia di politico che di correttezza, ma che procede a braccetto della cancel culture. Sembra che Biancaneve dovrà fare a meno dei sette nani, la Bella addormentata non dovrà essere svegliata da un bacio, la Sirenetta cambierà colore alla pelle. Pinocchio, il nostro Pinocchio non è ancora stato considerato da questa follia revisionista. Per fortuna o, forse, perché, trattandosi della favola non solo più famosa, ma che contiene più insegnamenti di vita delle altre, risulta davvero difficilmente modificabile. In questa opera del Cardinale Giacomo Biffi (1928-2015), i personaggi nati dalla penna di Collodi vengono analizzati, come anticipa il titolo, sotto la lente teologica e, per ognuno di essi, Biffi ci offre considerazioni interessanti quanto stupefacenti. Non sapremo mai se Collodi, quando scrisse Le avventure di Pinocchio, fu consapevole o meno del messaggio, sempre estremamente attuale, di Mastro Ciliegia, di Geppetto, della Fata, di Mangiafuoco, di Lucignolo e degli altri che popolano questo straordinario viaggio di Pinocchio, il protagonista che Biffi tratteggia in maniera altrettanto sorprendente.  Abbiamo scelto di soffermarci su Mastro Ciliegia, il primo a comparire nella favola e, probabilmente, il più trascurato, anche dal lettore, che subito lo dimentica. Ma vediamo chi è, secondo il Cardinale Biffi, questo Mastro Ciliegia. E quanto somigli alla nostra società, che sembra aver scelto di non scegliere, di non pensare, di non impegnarsi. Una società che, come Mastro Ciliegia preferisce l’utilitas al progetto. L’utilitas soddisfa i bisogni del momento, è fissità, spesso è morte. Il progetto, invece, è soddisfazione dei propri bisogni e di quelli degli altri, è movimento, è vita. Mastro Ciliegia, che rifiuta il pezzo di legno, ci dice Biffi, è utilitas. Geppetto, che da quel pezzo di legno crea vita, è progetto. Mastro Ciliegia rappresenta un genitore quando è insensibile; uno Stato assente; un insegnante preoccupato solo di istruire e non di educare; il pensiero della scuola solo come utilità lavorativa. Mastro Ciliegia è la forza maligna.  Il suo contrario è Geppetto, nel quale possiamo riconoscere Don Milani, Don Puglisi. Il sacrificio, l’impegno non appartengono a Mastro Ciliegia, che vuole subito un risultato egoistico e senza dispendio di energie. Con poca fatica. Dinanzi al mistero, Mastro Ciliegia si comporta come spesso facciamo noi. Prova paura di fronte alla voce del pezzo di legno; il colore del suo naso denuncia questa paura, anche buona, che è timore. Ma non la vuole approfondire, la rifiuta e regala a Geppetto il pezzo di legno. Non vuole cercare la verità. Perché la verità va cercata. Ma costa fatica questa ricerca. Aletheia (verità) significa: ciò che non può non essere visibile. Potremmo obiettare: non si faceva prima a dire ciò che può essere visibile? In fondo, sembra essere questo il significato della doppia negazione. Ma in quella doppia negazione risiede la necessità della ricerca della verità. Verità è ciò che si rende visibile solo con la ricerca e l’impegno.  Che sorpresa questo Mastro Ciliegia, non vi pare? E non finisce qui. Immergetevi in questa Opera per conoscere gli innumerevoli significati racchiusi nei personaggi di una favola straordinaria che l’Autore definisce un catechismo per adulti, una Divina Commedia semplificata, “la verità cattolica travestita da fiaba”. Una fiaba nella quale abbiamo sempre e solo visto le avventure di un pezzo di legno che diventa burattino e poi bambino. Una fiaba nella quale, dopo la lettura dell’Opera di Biffi, scopriremo essere descritti, come l’Autore stesso afferma, il mistero del male e il tema della libertà. Mastro Ciliegia è un maestro dell’antifede, un personaggio che non vuole andare al di là di ciò che vede e di ciò che tocca. Per Mastro Ciliegia, tutto capita; per lui c’è il caso al posto del destino. E il destino, contrariamente a quanto comunemente si pensa, non è nulla di preordinato, ma è il frutto delle nostre scelte, della libertà di scegliere. Mastro Ciliegia è come la nostra società: materialista. Ha una sua logica, si badi. I materialisti non mancano di logica, afferma Biffi. Mancano di fantasia. Qualcuno li può giudicare concreti: come definire altrimenti chi manca di fantasia? Eppure, ci ricorda l’Autore, la parola fantasia deriva dal greco e significa “mostrare”. Mastro Ciliegia passa in rassegna tutto ciò che gli accade, ma solo con il metodo scientifico; non considera ipotesi che vanno al di là del misurabile. Eppure, come scrisse Montale – ci ricorda sempre Biffi – “tutte le cose portano scritto più in là”.  Vi lasciamo a questo mese di agosto e a una lettura che, per certo, vi stupirà. Non abbiate pregiudizi, anche se foste non credenti o appartenenti a una religione diversa da quella di Biffi. In queste pagine troverete “la storia dell’uomo e del senso della sua esistenza”, “un messaggio che svela il mistero centrale dell’universo”. Rinunciate al pregiudizio nell’accostarvi a questa lettura, vale la pena. Anche il pre-giudizio ci ha impantanati nella fissità di Mastro Ciliegia. Che appare all’inizio della favola e, poi, scompare.