In libreria l’ultimo libro di Francesca Andruzzi “Uomini all’alba”

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In libreria l’ultimo libro di Francesca Andruzzi “Uomini all’alba” . La scrittrice-giornalista ha centrato questo nuovo libro su tre figure di uomini dopo aver reso protagoniste le donne nel primo successo editoriale “Tre donne e un mistero”e dopo aver partecipato con tre poesie alla stesura dell’”Antologia Poetica Kairos 2020”. Una scrittrice matura sempre pronta, anche ironicamente se serve , a cimentarsi e a sviscerare tutte le difficoltà che la vita ti mette davanti per capirle e trovare le soluzioni giuste, anche letterarie. Una scrittrice che ha già in cantiere un terzo volume dedicato all’introspezione e che sicuramente sarà gustoso come i precedenti. Francesca Andruzzi  ne ha parlato in una intervista alla Aletti Editore che pubblichiamo

 

D.: Partiamo proprio dal titolo, come mai “UOMINI ALL’ALBA” Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?

R.: L’alba segna l’inizio di un nuovo giorno e, perciò, di nuove possibilità. Gli “Uomini”, protagonisti dei racconti che compongono la pubblicazione, si trovano a dover affrontare delle situazioni impreviste e estremamente difficoltose – il “giallo” che colora le loro vite – e arriverà un nuovo giorno, che segnerà una rinascita, frutto di consapevolezza, ma anche di scelte ponderate e, soprattutto, condivise.

 

D.: Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?

R.: Pur nelle indiscutibili differenze che caratterizzano i tre personaggi e le loro storie, direi che il filo conduttore sia la famiglia. Una realtà, troppo spesso, esaltata da alcuni o demonizzata da altri. Mi piace l’immagine della famiglia, di origine o quella che scegliamo di creare, che all’osservatore esterno appare perfetta, romantica, mentre, all’interno, si combattono vere e proprie guerre, proprio come nei giardini, dove tra le piante, come tra gli insetti, si combatte per il posto migliore. Occorre trovare il giusto equilibrio per analizzarla con distacco, come tutte le circostanze che ci coinvolgono, e prendere il meglio. Nulla è semplicemente buono o semplicemente cattivo. Tutto dipende da come ci rapportiamo con la realtà che ci circonda.

 

D.: La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?

R.: Scrivere è, indiscutibilmente e prima di tutto, un piacere personale. E da questo piacere è indispensabile, per scongiurare il pericolo che divenga mero esercizio autoreferenziale, cogliere l’occasione per partecipare agli altri un pensiero, che potrà anche non essere accolto o non essere condiviso, ma che, comunque, susciterà una riflessione. Ho voluto parlare di uomini, narrare le loro storie, frutto di fantasia, ma, come dicevo prima, calate in contesti reali, quali la famiglia, che per ognuno dei protagonisti segnerà un punto di arrivo o di partenza. In generale, quando si parla di famiglia si pensa immediatamente e quasi esclusivamente alle donne. Spero che questi racconti possano riportare alla memoria collettiva quanta importanza rivestano anche gli uomini in questo nucleo, che rappresenta l’embrione della società e che non necessariamente è strutturato in legami di sangue. La famiglia è dove c’è amore e, di conseguenza, rispetto.

 

D.: A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “UOMINI ALL’ALBA” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?

R.: Ho scritto “Uomini all’alba” durante il periodo denominato lockdown, tra marzo e maggio 2020; credo sia inutile ricordare in cosa sia consistito. In quelle giornate di isolamento, connotate dall’angoscia per quanto accadeva in tutto il mondo, dalla paura di ammalarsi, dall’inquietudine dettata dai pesanti risvolti economici, dalle lunghe ore trascorse davanti al televisore per cercare di capire di più, ho elaborato il coacervo di sentimenti che pervadevano, in modo decisamente confuso, il mio animo, cercando, così, di fare ordine, di appellarmi alla ragione. Ho compreso che, per quanto fosse sconcertante e dolorosa la situazione, essa poteva rappresentare un punto di svolta per l’umanità.  Tale consapevolezza, che spero trovi riscontro nel prossimo futuro, ha inciso notevolmente sulle storie di Gabriele Marra, Alessandro Ricci e Sebastiano Lupi, i personaggi del libro. Anche nella loro vita, il punto di svolta si manifesta grazie a sensazioni, sia pur disordinate, che vengono elaborate dalla ragione e, perciò, gestite al meglio. Sono una grande ammiratrice della ragione; non significa che non creda nella forza dei sentimenti, ma ho la profonda convinzione che la capacità di razionalizzarli possa paragonarsi al fare ordine in un cassetto, allorquando diviene più facile, con un solo colpo d’occhio, sapere cosa contiene e, perciò, trovare ciò che necessita.

 

D.: Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?

R.: Da italiana mi ritengo estremamente fortunata. Non vi è cultura europea o mondiale che disponga di autori della levatura dei nostri, anche contemporanei. Ma se mi chiede di “Autori fondamentali”, allora, senza esitazione alcuna, rispondo: Dante Alighieri e Giacomo Leopardi. Sono stati i veri amori della mia giovinezza. Grazie ad autori come Franco Nembrini, per Dante, e Alessandro D’Avenia, per Leopardi, ho avuto l’occasione di riscoprirli sotto una luce diversa e ancora più folgorante. A Carlo Collodi sono, poi, particolarmente grata per aver donato al mondo la favola di Pinocchio, anche se la definizione di “favola” appare riduttiva. In Pinocchio c’è la storia dell’umanità, ancora attuale. Incredibilmente moderna.

 

D.: Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?

R.: Il Teatro è stata una grande passione giovanile e ricordo, con nostalgia, le meravigliose esperienze di recitazione ai tempi dell’Università. Ho avuto la fortuna di poter assistere a spettacoli teatrali portati in scena dai grandi attori del secolo scorso. Luigi Pirandello è certamente il mio autore preferito, ma per carità, neanche ad azzardare un paragone, anche solo in termini di ispirazione! Alcuni, però, sostengono, bontà loro, che i miei racconti potrebbero prestarsi ad una trasposizione teatrale o cinematografica e ciò mi gratifica. Sarà, forse, per l’importanza che ho sempre cercato di conferire ai dialoghi, a volte a scapito della componente descrittiva, ma volutamente. Mi piace lasciare al lettore la possibilità di esercitare la fantasia sulla fisicità dei personaggi, sui luoghi ove si svolgono le storie; una sorta di complicità con chi ha letto, legge o leggerà i miei racconti.

 

D.: Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?

R.: Il romanzo storico, una felice occasione per ripercorrere epoche distanti nel tempo – ma che su quello attuale molto influiscono – e fatti realmente accaduti, con quella componente di fantasia che risulta di ausilio per trasformare una cronistoria in storia.

 

D.: Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?

R.: Carta, carta, carta, ancora carta, sempre carta. Ma comprendo benissimo chi preferisce il digitale, come i lettori più giovani. La vita è fatta anche di abitudini. E, poi, il risparmio, in termini monetari e di spazio, rappresenta un’opportunità per una fruizione di maggior respiro. L’importante è che rimanga la scelta.

 

D.: Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.

R.: Ogni età conosce differenti modalità di approccio alle attività svolte e di realizzazione delle stesse. Da ragazza, la scrittura era anche un rifugio fatto di libertà. Per “Uomini all’alba”, come dicevo prima, la stesura è avvenuta durante un periodo difficile, non solo per me. Eppure, mai mi sono sentita così in sintonia con il mio prossimo, paradossalmente proprio in un periodo di isolamento, grazie alla scrittura. La vita è fatta anche di queste apparenti contraddizioni.

 

D.: Un motivo per cui lei comprerebbe “UOMINI ALL’ALBA” se non lo avesse scritto.

R.: Ogni volta che acquisto un libro, ciò che mi motiva è sempre la curiosità. Curiosità dettata dalla copertina, da una recensione, dall’aver ascoltato l’opinione di chi lo ha letto, dalla notorietà dell’autore o dal fatto che sia un illustre sconosciuto, dall’argomento trattato, dal genere letterario. Insomma, sempre la curiosità, che è il sale della vita, la spinta nella vita, ciò che permette di sorprenderci. Un libro, in fondo, è sempre una sorpresa. Nel caso di “Uomini all’alba”, credo che la mia curiosità sarebbe stimolata proprio dalla copertina, che fornisce una valida anticipazione di tutti e tre i racconti. Anzi, mi lasci ringraziare l’Editore Aletti e la grafica, Valentina Meola, che hanno saputo riassumere in tre immagini, una per ogni racconto, l’essenza delle storie. Vorrei anche ringraziare la dottoressa Francesca Ferrero, per la competenza e la pazienza con le quali ha seguito le fasi preparatorie alla pubblicazione.

 

D.: Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?

R.: C’è già un file nel mio computer, una raccolta di racconti dedicati all’introspezione. Sarà in ragione del periodo particolare che stiamo vivendo, che si preannuncia più lungo del previsto, ma l’occasione per conoscere meglio il proprio io non si presenterà un’altra volta o, almeno, non con questa intensità. Fissare sulla carta personaggi in grado di guardare dentro se stessi, all’interno delle proprie coscienze, ma con leggerezza – con quella dose di sana ironia che, da buona romana, mai mi sento di escludere, anche nell’osservazione di ciò che può apparire tragico – spero possa risultare un’ulteriore manifestazione di condivisione con chi avrà la bontà – e la curiosità – di leggere. Per me la condivisione è vita.