Sedicesimo appuntamento con la divina Commedia “rivisitata” in narrazione poetica da Piero Strocchi

168 (canto n. 34) (Traditori dei benefattori) (Lucifero)
Luogo – (Nono Cerchio, Quarta Zona, Lago ghiacciato del Cocìto, Giudecca; nella bocca di Lucifero);
Custodi – (I Giganti);
Categoria – (Traditori dei benefattori; Traditori dell’autorità politica e/o religiosa);
Pena – (I traditori dei benefattori stanno al freddo del Cocìto; I traditori dell’autorità politica e/o religiosa stanno nella bocca di Lucifero);

Contrappasso – (I traditori dei benefattori in vita tradirono senza tener conto né del cuore, né del calore umano: ora stanno al freddo del Cocìto; I traditori dell’autorità politica e/o religiosa hanno compiuto gesti di tradimento a volte subdoli oppure di grande violenza: ora stanno nella bocca di Lucifero);
Personaggi – (Lucifero; Giuda Iscariota, Bruto, Cassio).
C’era un gran freddo lì dove eravamo,
Che par che anche noi ci stessimo congelando.
I vessilli del re dell’Inferno alla nostra vista ben presto s’avvicinarono.
Virgilio mi invitò a prestare attenzione,
Perché da lontano si vedeva poco o niente: sembrava l’apparire alla vista di un gran mulino con le sue pale in rotazione.
Intimorito chiesi protezione, e mi nascosi dietro al corpo di Virgilio: di freddo e di paura le mie membra doppiamente tremavano.
Nella Giudecca dove ci trovavamo ora – e il cui nome deriva da Giuda che insieme con Bruto e Cassio e con Lucifero, si trovano appunto qui – che del Cocìto era la Quarta Zona,
Il luogo che i traditori dei benefattori, naturalmente per l’eternità, imprigiona.
Persone che hanno dimostrato in vita un cuore di ghiaccio, mentre qui ora parean fuscelli di paglia rinchiusi dentro al vetro.
Del resto ogni anima dannata, nella punizione eterna, ha ricevuto il proprio giusto metro.

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Ma ecco, s’intravvide proprio il re dell’Inferno.
A questa vista restai terrorizzato: faceva freddo tutt’intorno, peggio di un profondo inverno,
Al punto che dichiarai al mio Maestro: “Qui non ho la sensazione di morire, ma neanche di restar vivo”.
Le mie membra eran diventate gelide ed al contempo deboli, in quell’ambiente dal clima proibitivo.

 


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Ecco Dite – Lucifero l’angelo infernale, o Satana, che dir si voglia – nella sua veste ordinaria:
Le sue gambe manteneva dentro al ghiaccio, solo il suo busto emergeva:
Ricco di vana gloria.
Tre teste aveva sulle spalle, sotto le quali ben si scorgevano sei grandi ali quasi si trattasse di un pipistrello, che parevan come tre ampi scialli,che tutto intorno avvolgeva.
Le grandi ali, nel loro gelido movimento,
Creavano un flusso di tre venti contemporaneamente, così intensi da ghiacciare il Cocìto in un momento.
Le sue tre teste l’una vermiglia, rappresentava il peccatore;
L’altra bianca e gialla, che rappresentava il demonio traditore;
La terza di colore nero, che di ogni male era generatore.
Mio lettore guarda, non sembra, ma ti sto descrivendo un’incredibile scena di terrore …

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Dite con una delle sue tre facce, rudemente graffiava la schiena di Giuda Iscariota, che aveva il suo capo confitto nella bocca centrale di Dite, ed ormai non aveva più pelle sulle sue spalle.
Bruto invece, pendeva dalla faccia nera di Dite: Cassio anche lui, ma dall’altra faccia pendeva: entrambi, invece con le loro teste sommerse dentro al ghiaccio, lì ormai nessuno lì era più ribelle.
La raffigurazione aveva un che di mistico e di brutalmente materiale.
Ivi comparve Giuda Iscariota che tradì Gesù come se lo avesse trafitto con un pugnale.
Insieme a Bruto e Cassio che invece proprio con il pugnale,
Trafissero a tradimento  – pur se non da soli – Giulio Cesare il dì delle idi di marzo del 44 a.C., con una violenza quasi primordiale.

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Ecco che Virgilio mi ricondusse all’ordine e con tono perentorio mi ordinò:
“È ora di partire qui si fa notte e non possiamo più restare: tutto abbiam visto ormai, di ciò che dovevam vedere e ormai è in scadenza il nostro orario”.
Ora, attentamente ascoltate questa mia drammatica narrazione: Virgilio mi volle abbarbicato sul suo collo devo dire con un certo ardimento,
E restò in quella posizione con me in spalla, lì paziente, in attesa di un giusto momento.
Quando Dite aprì le proprie ali, con un veloce balzo, Virgilio con me sopra di lui abbarbicato al suo fianco si aggrappò:
Anch’io a mia volta di riflesso mi aggrappai alle pelose costole di Dite, che come ciò sia stato possibile, neanche io lo so.
Tra l’altro Dite era di gran lunga il più grande dei Giganti visti prima e di ciuffo in ciuffo, così aggrappati, scendemmo giù lungo il suo pelo fino alla base ghiacciata del lago.
Era stato impiegato un pò di tempo in quella operazione, ma ormai eravamo all’altezza dell’anca di Dite ed io mi sentivo come si può sentire un naufrago.
Quando Virgilio con fatica con un altro dei suoi gesti imprevedibili, veloci e perentori, con me addosso arrampicato si capovolse in un batter d’occhio, di nuovo aggrappandosi a quel ruvido pelo.
In quell’istante ebbi una brutta sensazione, come se tornassi indietro, e pensai che mai avrei rivisto il cielo.
Forse avevo smarrito anche Virgilio, che all’improvviso mi apparve su una roccia appoggiato,
Sul cui orlo assistito da Virgilio mi ritrovai anch’io assiso: Virgilio e del resto anch’io, al pelo di Dite, ormai non eravamo più aggrappati.
Eravamo così arrivati, io del tutto inconsapevolmente, nell’emisfero australe, opposto a quello precedente nel quale prima ci trovavamo; del resto prima era notte ed ora invece era pieno giorno: alzai il mio sguardo credendo di vedere ancora Dite nella sua posizione originaria, e invece rimasi stupito nel vederlo capovolto,
Con le sue gambe questa volta rivolte verso l’alto.
Dapprima avendo noi intrapreso un percorso disconnesso lungo una galleria scavata dal fiume Lete, «la natural burella», cioè una caverna sotterranea, dalla quale risalimmo per uscir quindi all’aperto, dove alzammo gli occhi al cielo, riuscendo finalmente a “riveder le stelle”.
Per poter quindi accedere al Purgatorio, con Virgilio, fortunatamente, sempre alle mie spalle.

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Qui si concluse il mio lungo percorso all’Inferno, insieme a Virgilio:
Un viaggio lungo, intenso e faticoso,
A volte amaro, spesso tempestoso.
Un percorso articolato, che all’Autore non ha concesso neanche il tempo di uno sbadiglio …