Il libro del mese di luglio 2023: ‘La Metamorfosi’ di Franz Kafka. Un invito anche alla riflessione sul tema dell’esclusione fondato sulla diversità che diviene un peso per la famiglia o per la società
di Francesca Andruzzi
I lettori affezionati a questa rubrica ben conosco lo scopo de Il libro del mese. Non si tratta di recensioni, anche se i libri scelti sono sempre testi che vale la pena di leggere o, molto spesso, di rileggere. Preferiamo libri che siano stati pubblicati in epoche non recenti, per verificare che i messaggi – o meglio, almeno uno dei messaggi – in essi contenuti siano sempre attuali e perciò utili a guardare il presente con occhi attenti. E questo mese, all’interno de La metamorfosi, di Franz Kafka, abbiamo trovato, tra i tanti, un messaggio davvero attuale .La storia è conosciuta dai più, ma la riassumiamo brevemente, con l’auspicio di incuriosire chi ancora non si sia immerso tra le pagine di “una delle rarissime opere di Kafka la cui pubblicazione fu curata da lui personalmente”. La narrazione è drammatica. Gregor Samsa, commesso viaggiatore, è un uomo onesto e buono; la sua unica preoccupazione è occuparsi di mantenere al meglio la famiglia. Si sveglierà, un mattino, completamente trasformato: è diventato un grande insetto ributtante. Ma la sua preoccupazione non è tanto legata all’aspetto fisico, quanto al fatto che non potrà più prendersi cura della famiglia. E sarà proprio la famiglia a mostrare nei confronti di Gregor schifo e rabbia. È diventato un peso e va tenuto nascosto anche a quelle persone cui sarà locata l’abitazione, per sopperire alle difficoltà economiche. Una vergogna da nascondere. Solo la sorella Grete si occuperà di lui, ma alla fine lo abbandonerà anche lei, anche se per ultima e giustificandosi: nessuno potrà biasimarci. Eppure, Gregor chiedeva solo di essere accettato per quello che era diventato. Ma questo peso intralcia, provoca vergogna e ribrezzo, serve a nulla. Già ci eravamo occupati del tema dell’esclusione – con la pubblicazione oggetto del mese di giugno 2023 (L’esclusa, di Luigi Pirandello) – fondata sul pregiudizio. Questo mese, invece, vedremo come l’esclusione dell’altro si possa fondare sulla diversità che diviene un peso per la famiglia (o per la società) che la emargina, la nasconde; fino a desiderare di sbarazzarsi del diverso, prima con la mancanza di empatia, che genera indifferenza, poiché il diverso è spesso considerato un problema, da risolvere. Poi, con la sua eliminazione o con l’abbandono, che lo porterà all’autoeliminazione. Ecco che la storia narrata da Kafka, più di un secolo fa, entra nella nostra attualità. La statistica ufficiale sostiene che le dinamiche familiari siano al primo posto tra le cause di esclusione. Ai classici conflitti in ambito familiare, si sono aggiunti quelli determinati dal recente periodo pandemico: famiglie divise dalla catalogazione statale di due ben definite categorie di persone: quelle che avevano accettato di assumere un farmaco preventivo sperimentale e quelle che lo avevano legittimamente rifiutato e che pagarono esclusione familiare, oltre a quella dall’ambito lavorativo. Lo stesso avvenne per amicizie e colleganze di vecchia data. E lo Stato, che rappresenta una grande famiglia, composta dalla pluralità dei cittadini, informò, per bocca dell’allora Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che i renitenti avrebbero potuto far ritorno nella società civile sottoponendosi alla inoculazione; con ciò dichiarandone, implicitamente, l’uscita. Un periodo indiscutibilmente buio – al di là delle opinioni discordanti sulla efficacia o meno del medicamento – che ha escluso dalla famiglia, dal lavoro, dalla società civile coloro i quali rifiutarono il siero. Gli esercizi commerciali, i bar, i ristoranti erano preclusi senza l’esibizione del famigerato Greenpass. I non inoculati divennero un peso, un fastidio. Impedivano, secondo l’opinione prevalente (indotta anche dai media), di tornare alla normalità. E anche oggi, in seguito alla scoperta che tutti potevano contagiare e essere contagiati, sembra essere in atto una sorta di autoassoluzione, da parte di Istituzioni e scienziati mediatici, per l’esclusione inflitta: il nessuno potrà biasimarci, preceduta da brancolavamo nel buio. Essere diverso, lo ha dimostrato questa triste vicenda di esclusione, quando il resto del mondo soffre di mancanza di empatia (situazione già presente anche prima della pandemia, purtroppo) significa diventare un problema da accantonare. E scatena l’esclusione, la discriminazione, l’eliminazione. Ma la pubblicazione di Kafka risulta valevole per tutte le situazioni di diversità che, anche nel 2023, non conoscono empatia e, perciò, accoglienza. La Presidente della BCE afferma che la longevità è un problema: gli anziani, dunque, sono un problema. Un antico proverbio africano recita che la morte di un anziano è paragonabile all’incendio di una biblioteca. Oggi, sembra non essere più così. L’anziano non lavora, spesso è anche malato, molto spesso povero; percepisce una pensione in molti casi inadeguata a un tenore di vita dignitoso e nonostante abbia pagato la propria contribuzione, è noto che le pensioni vengano corrisposte tramite le contribuzioni di chi attualmente lavora. Ciò crea problemi, perché i giovani sono sempre in numero minore, specialmente quelli occupati, e, di conseguenza, pagare le pensioni diverrà sempre più difficoltoso. L’anziano è un problema, quell’anziano che ha lavorato una vita intera. Poi ci sono i malati, anche giovani. Altro problema. Almeno così vengono vissuti. Il sistema sanitario non risponde alle esigenze della popolazione – grazie anche alla soppressione di un buon numero di nosocomi – e mancano medici, infermieri, assistenti sanitari. Il malato è un problema; quel malato che avrebbe bisogno di avere intorno a lui un clima di rassicurazione e cura. Poi, ancora, ci sono i poveri. Che aumentano ogni giorno. Dall’inizio dell’ultima crisi economica, iniziata nel 2008, è cresciuto il numero delle persone che non riescono a provvedere ai propri bisogni essenziali, pur avendo un reddito. L’inflazione galoppa, il denaro vale sempre meno. Il povero è un problema; quel povero che non riesce a trovare un lavoro o che, anche se un lavoro ha, non gli assicura una esistenza dignitosa. Anziani, malati, poveri. Spesso tre categorie che possono ritrovarsi in una. Uno Stato democratico, degno di questo nome, dovrebbe assicurare assistenza, cure, lavoro e opportunità. E, invece, li considera un problema. Da risolvere in maniera rapida ed efficace. Spesso fingendo di perseguire alti scopi (vi è sempre necessità di un alto scopo per legalizzare ciò che un tempo era considerato illegale), come nel caso del Canada, al “problema” viene proposta l’eliminazione. In quel lontano Paese, già da qualche anno, l’eutanasia – denominata MAid (assistenza medica alla morte) – è disponibile anche a chi non è malato terminale. Disabili, poveri, depressi. E/o. Non pago, il governo canadese, nel luglio del 2022, entra nelle scuole e offre ai bambini, tra i 6 e i 12 anni, un volume (chiaramente illustrato) per spiegare ai piccoli come e perché gli adulti ricorrano alla MAid (non si può chiamare eutanasia, siamo nell’era del politicamente corretto!): li aiuterà, sostengono, a meglio affrontare la morte di parenti e amici che decideranno di farvi ricorso. Naturalmente, lo stesso testo si preoccupa di comunicare ai bambini che “non fa male”. Pensano di estenderla anche ai bambini disabili per i quali la morte sia ragionevolmente prevedibile. Il ritorno della rupe del Monte Taigeto. E pensano di introdurla anche senza il consenso dei genitori. Anziani, disabili (anche bambini), poveri, tutti vengono percepiti non come vita, ma come un non essere che crea problemi alle società, cosiddette civili, che ambiscono a offrire una vita comoda, senza problemi. Il tema eutanasia, poi – che, come abbiamo visto nel caso del Canada, cambia nome per essere applicata senza limiti – ha conosciuto in Italia una proposta referendaria che intendeva modificare la norma sull’omicidio del consenziente e non quella relativa al suicidio assistito (su quest’ultima è già intervenuta la Corte Costituzionale). Viviamo o sopravviviamo in un periodo buio a livello globale. L’unica speranza è che la Letteratura riesca a far aprire gli occhi a molti. Per consentire a molti di non vedere in tutti i Gregor Samsa del mondo un insetto ributtante da escludere, discriminare, eliminare.