Il personaggio del mese di febbraio 2020: Fabio Chaning Biancucci, un 25enne che vive a Chiusi dove lavora come insegnante di Hip Hop , la danza che prende il nome dal famoso movimento culturale americano degli anni ’70. “La danza – dice – è sinonimo di libertà, ma in realtà, soprattutto a livello professionale, disciplina e responsabilità sono i valori portanti”

Di Francesca Andruzzi

Se gennaio si congeda con la celebrazione del Santo Giovanni Bosco – che ai giovani dedicò la vita per far sì che essi la guadagnassero – febbraio, per il nostro giornale, non poteva allora che presentarsi con un personaggio giovane e di esempio per altri giovani che, magari, ancora stanno cercando la loro strada. Fabio Chaning Biancucci ha venticinque anni, vive a Chiusi, in provincia di Siena, dove lavora come insegnante di Hip Hop (la danza che prende il nome dal famoso movimento culturale americano degli anni ’70), madre sudafricana e padre toscano (scomparso prematuramente quando Fabio aveva solo sette anni), lavora da quando ne aveva quindici, perché il lavoro nobilita, fa crescere, tiene mente e corpo impegnati e lontani da tutte quelle tentazioni che distolgono l’essere umano dall’etica. Ha un sorriso che coinvolge, un fisico da sportivo, una educazione d’altri tempi e confessa di avere avuto una grande fortuna: due “zii”, che considera quasi come genitori, i coniugi Daniela Nardelli e Gianni Poliziani (quest’ultimo direttore artistico del Teatro Mascagni di Chiusi), che si sono dimostrati salvifici nel percorso adolescenziale di questo ragazzo a dir poco eccezionale, quel percorso che segna la strada di ogni essere umano, quella strada sulla quale tutti cammineranno nell’età adulta e fino alla vecchiaia.

                                                                                                  

D.: Perché tra tanti generi musicali, proprio l’HIP HOP?

R.: Mi lasci fare una premessa, se posso. Perché nulla nasce a caso e io devo ringraziare Daniela Nardelli, che considero una zia acquisita, una vice madre. La mia mamma mi ha cresciuto da sola, poiché il babbo è morto quando io avevo solo sette anni e lei era molto impegnata con il lavoro per mantenermi. Non sono sempre stato questo esempio di virtù. Anzi, per un po’ di tempo, come spesso capita, nella preadolescenza mi sono trovato a frequentare compagnie non proprio formative e l’incontro con Daniela, zia Daniela e il marito, Gianni Poliziani, è stata la mia vera fortuna. Loro mi hanno quasi adottato e seguito nella mia crescita, dando una grossa mano a mia madre che ha dovuto fare anche da padre ed era sempre molto impegnata con il lavoro. Io credo che per ognuno di noi ci sia una persona salvifica, una specie di lingotto d’oro. Si tratta solo di saperla riconoscere. Chi si lamenta di non aver incontrato brave persone sulla propria strada è solo perché non le ha sapute guardare con i giusti occhi. E proprio ‘zia Daniela’, che è stata una ballerina classica, mi ha insegnato l’amore per la danza, poiché io so ballare tutti i generi. Ho scelto, poi, l’hip hop perché la prima volta che ho ascoltato un cd con questa musica, il mio corpo ha iniziato a muoversi da solo e ho capito che quella musica era fatta per me e io per lei.

 

D.: Il nome di questa danza, Hip Hop, deriva dal movimento culturale americano degli anni ’70 e anche il genere musicale. “Hip-Hop-Hip-Hop” era il suono con il quale venivano incitati i soldati alla marcia. Disciplina e senso di responsabilità contraddistinguono l’educazione militare. Ciò vale anche per la danza e per i danzatori?

R.: La danza è sinonimo di libertà, ma in realtà, soprattutto a livello professionale, disciplina e responsabilità sono i valori portanti. E poi la passione, che non deve mai mancare, nella danza e in qualsiasi aspetto della vita. La passione rende piacevole qualsiasi fatica.

 

D.: Lei insegna a persone di tutte le età. Quale fascia le dà maggiori soddisfazioni?

R.: Dai sei ai tredici anni, i miei alunni sono i più volenterosi. Ma non si può generalizzare. Nei più grandi subentra la passione che le dicevo prima. E poi le donne, mi lasci dire, le donne sono una meraviglia! Riescono sempre a stupire con la delicatezza dei movimenti.

 

D.: Il Rap fa parte dell’HIP HOP, però, mai come oggi, questo genere musicale, il rap intendo, è sotto accusa. Qual è la sua opinione in proposito?

R.: Il rapper nasce come cantante dell’hip hop, all’inizio intrattenitore, poi come espressione di temi sociali e sentimenti. Credo che nel tempo questo rap abbia avuto una sorta di decadenza, non in tutti i suoi esecutori per fortuna, ma in quelli che inseguono più il denaro che l’amore per la musica.

 

D.: Tanto per rimanere in tema…guarderà il Festival di Sanremo, al centro di numerose polemiche proprio per la presenza di un rapper più che discutibile?

R.: Ho letto in proposito e le posso dire che seguirò il Festival perché sono abituato a prendere in considerazione non solo il particolare. Certo, questo rapper non manda messaggi che possono essere considerati di esempio, anzi, tutto il contrario. Però non trovo giusto che per questo venga penalizzata la buona musica, che a Sanremo non manca mai. E poi guardi, io la penso così: il mondo è pieno di messaggi negativi e questi possono avere una certa influenza soprattutto sui giovanissimi, fino ai sedici anni di età. In questa fascia devono intervenire i genitori, gli educatori, senza mai perderli di vista e vigilando su di loro. Guide a protezione di chi sta formando la propria personalità. Far tacere il male a volte è impossibile, ma si può combatterlo con buoni educatori.

 

D.: Quest’anno compirà ventisei anni e ha un curriculum che parla di lei come lavoratore instancabile da quando ne aveva quindici. Quanto ha contato l’esperienza lavorativa nella sua crescita?

R.: Moltissimo. Rispetto ai miei coetanei a volte mi scopro più maturo, perché il lavoro è relazione con gli altri e nella relazione si cresce, ci si fortifica. Più tardi si inizia a lavorare, più tardi si cresce e ciò che si apprende da giovanissimi a volte è impossibile metabolizzare da adulti. E poi il lavoro mi ha insegnato a dare il giusto valore al denaro, perché mia mamma mi ha sempre lasciato gestire i miei guadagni. Sono parsimonioso, con una sola piccola passione: le scarpe (sorride).

 

D.: Torniamo all’HIP HOP. Se dovesse paragonare questa danza ad un aspetto della vita, quale sarebbe?

R.: La gioia! Quando ballo io provo felicità. Insegnare è certamente più faticoso, ma io non mi considero insegnante, sono e resto un ballerino e …chi mi ama, mi segue! Nel mio lavoro di insegnante cerco di trasmettere anziché imporre.

 

D.: Lei è indiscutibilmente un bel ragazzo. E un bravissimo insegnante. A suo parere, nella danza, quanto conta l’aspetto fisico? E qualcuna delle sue allieve ha scelto l’Hip Hop per amore della danza o perché attratta da lei? A proposito, la sua fidanzata è gelosa?

R.: (sorride) Io la ringrazio per i complimenti, ma sono solo consapevole di avere un aspetto fisico gradevole. Non ho mai fatto caso, però, a quanto questa mia fisicità abbia pesato sulle …iscrizioni. E lavoro in ben cinque scuole in tutta la Toscana! Nella danza, poi, parlare della importanza dell’aspetto fisico è sempre relativo. E’ la danza stessa che permette al fisico di modellarsi nelle giuste proporzioni e ci sono persone con qualche chilo in più addirittura più agili di chi magari è sottopeso. Per quanto riguarda la mia fidanzata, un poco gelosa è, certamente, ma in maniera sana, quella gelosia che vuol dire amore. Noi siamo stati migliori amici l’uno per l’altra, per lungo tempo; poi io le feci una dichiarazione, eravamo a Filicudi, dopo l’esame di maturità…

 

D.: …allora una vacanza l’ha fatta anche lei, volevo ben dire!

R.: (ride)…ma quale vacanza…ero lì per lavoro, come lavapiatti in un ristorante! Io non ho mai concepito perdere tempo solo con le vacanze. Certo, del tempo libero ne avevo e proprio in quell’occasione, di notte, in riva al mare, feci la dichiarazione che le dicevo. Lei rimase un poco interdetta, forse per paura di perdere anche l’amicizia…poi, però, mi ha detto sì!

 

D.: E nel poco tempo libero che ha, cosa fa?

R.: Mi alleno! Lo so, sono un disastro! Ma sono ancora giovane e devo spingere più possibile, poi ci sarà tempo per riposarsi. E poi il lavoro mi regala emozioni forti. Ho pianto, per la prima volta in vita mia, in occasione della vittoria alle  nazionali che ha segnato l’accesso al mondiale. A dire il vero leggo anche un poco, non molto, mi piacciono le storie vere, soprattutto le biografie dei grandi della storia. Proprio pochi giorni fa è stata celebrata la Giornata della Memoria e al Teatro di Chiusi è andato in scena un monologo su Primo Levi, interpretato dalla brava Livia Castellana. Mi ha dato uno spunto di riflessione e sarà la mia prossima lettura.

 

D.: Domanda fantastica per un ragazzo fantastico… si ricorda “la vecchia che balla”? Ebbene, la Regina Elisabetta, proprio quest’anno, festeggia i sessantotto anni di regno e la chiama perché vuole imparare a ballare l’Hip Hop. Lei che fa, considerata la diplomazia richiesta dalle circostanze?

R.: Caspita, la Regina! Allora… intanto cercherei di essere più diplomatico possibile …. mica posso dire alla Regina che non ha l’età per l’Hip Hop! Le direi…Maestà, al suo rango si addice maggiormente una ginnastica dolce … come lei! Più diplomatico di così!