Il libro del mese di maggio 2022: “L’appello” di Alessandro D’Avenia  che ci invita a riflettere sul significato della parola “Considerare”  

dav

Di Francesca Andruzzi

Per questo mese di maggio, che prelude alla fine dell’anno scolastico, abbiamo scelto un romanzo che parla della scuola. L’autore è un insegnante, ma anche un talentuoso scrittore che ha donato al panorama letterario italiano numerose pubblicazioni di alto valore.  Questa volta D’Avenia narra la storia di un professore di Scienze, Omero Romeo, divenuto cieco in età adulta, il quale decide di tornare ad esercitare dopo alcuni anni in cui, a seguito della sopraggiunta invalidità, si era allontanato dall’insegnamento.  Come nella migliore tradizione italiana, gli viene assegnata una classe di ragazzi cosiddetti difficili, che dovranno affrontare l’esame di maturità. Una classe comunemente definita di “casi disperati”.  Omero, forse, non è meno disperato di loro, anche se per altri motivi, ma non si perde d’animo. Inventa un nuovo modo di fare l’appello, da cui il titolo del romanzo (Mondadori editore) il cui finale vi lascerà a bocca aperta. Non vi diremo in cosa consista “l’appello di Omero” , lo scoprirete leggendo questo romanzo che nasconde, neanche tanto poi, un rimprovero alla politica che, entrata nella scuola da molti anni, ha contribuito alla sua, almeno parziale, distruzione.  Ma il bene si nasconde e esce allo scoperto in tempi e in modi impensabili, anche a mezzo di un professore non vedente che non solo vede comunque l’esteriorità dei propri alunni, ma riesce a cogliere la loro interiorità.  Facile ingannare un professore cieco proprio nel momento dell’appello? Scoprirete che non è così. Perché Omero fa ciò che ogni insegnante dovrebbe fare: considera i suoi allievi. Potrebbe sembrare banale, ma ricordiamo che la scuola italiana è vessata, anch’essa, da una quantità di protocolli che hanno ingabbiato la libertà dei docenti, riducendoli a portatori di nozioni che devono essere offerte ai fruitori come un biberon. Ma compito di chi insegna non è solo istruire, è anche educare, insegnare; perciò, lasciare un segno per favorire la crescita psicofisica degli allievi. Tutti siamo al corrente di quali difficoltà abbia incontrato la scuola anche in questi ultimi due anni. Didattica a distanza, aperture e chiusure a intermittenza, lunghe ore in presenza e un presidio sanitario che copre la bocca in aggiunta a un distanziamento fisico e all’impossibilità di toccarsi, di abbracciarsi. Pratiche relazionali fondamentali per i giovani, quelle attinenti alla fisicità. Proprio nell’anno della pandemia mondiale, D’Avenia ci regalava questa perla rara, che resterà per sempre a testimoniare gli errori, passati e presenti, commessi in ambito scolastico, anche se la storia è collocata in un tempo differente, nel quale il virus SarsCov2 è assente, ma sono ben presenti altri virus, di diversa natura, che devastano l’animo di ragazzi e ragazze che hanno avuto una vita segnata da dolori e difficoltà, senza trovare soluzioni alle loro problematiche proprio in uno dei luoghi deputati alla crescita. Senza svelare trama e finale, come è indirizzo di questa rubrica, “L’appello” ci fornisce lo spunto per riflettere su una parola che merita attenzione. E la parola di questo mese è un verbo: Considerare. Esattamente ciò che fa il professor Omero Romeo con i suoi alunni. Li considera. Quando, anni fa, fu deciso (inutile negarlo, dalla politica) di eliminare l’insegnamento della lingua latina dalle scuole medie, venne commesso uno degli errori più gravi. Il Latino era stata considerata una lingua morta, perciò non necessaria.  Eppure, proprio dagli undici ai tredici anni, l’essere umano percorre una strada, cosiddetta della preadolescenza, che segnerà l’intera esistenza futura.  Venire a conoscenza, in quella meravigliosa quanto difficile età, che il significato di “considerare” è il seguente (e si tenga forte chi il latino non conosce): OSSERVARE GLI ASTRI PER TRARNE GLI AUSPICI, avrebbe potuto significare per molti una nuova consapevolezza.  Così, quando consideriamo gli altri (come fa il professor Omero Romeo, pur non vedendo con occhi fisici), noi osserviamo le stelle – nel ritenere gli altri come stelle potrebbe essere la soluzione per una pacificazione del mondo – per estrarre da queste stelle i segni per la vita futura. In pratica, il latino ci dice: siete tutti dei sacerdoti, avete tutti una vocazione, una missione che potete compiere anche solo considerando il vostro prossimo.  Gli insegnanti con gli alunni, i genitori con i figli, i medici con i pazienti, i commercianti con i clienti, i professionisti con gli assistiti. Vedere gli altri come stelle, con gli occhi interiori, e segnare la loro vita futura. A volte è sufficiente un sorriso, una parola gentile, quella empatia che salva la vita.  Il libro di D’Avenia è una carezza e nello stesso tempo uno schiaffo. Vuole dirci che nulla è troppo difficile nella considerazione che salva. Non erano forse gli astri a indicare le rotte? Salvare per essere salvati. Considerare per essere considerati.  E proprio oggi, in questo tempo che sembra parlare solo di morte, di dolore, di difficoltà, tornare a considerare potrebbe essere, anzi, con molta probabilità è l’unico modo per tornare a rivedere le stelle.