Oggi quarto appuntamento con i canti del Paradiso della Divina Commedia ‘rivisitata’ dal poeta Piero Strocchi

 

41 (CANTO N. 07 DEL PARADISO)

(CONSEGUENZE DEL PECCATO ORIGINALE)

Luogo – (Secondo Cielo o Cielo di Mercurio);

Presenze – (Anime beate, Spiriti Operanti per la gloria terrena);
Personaggio – (Beatrice);
Argomento – (Peccato originale, Crocifissione di Cristo, Distruzione del Tempio di Gerusalemme).
Un’intensa luce illuminò Giustiniano che cantava il “Gloria a Dio delle virtù e degli eserciti che doni luce a questi regni”, che nel contempo insieme alle altre anime danzava,
Quando fui tormentato da un dubbio che nella mia mente sempre più avanzava.
Ebbi remore con Beatrice a porle una nuova questione,
Temendo che la mia mente questa volta non meritasse l’aver ragione.
Ma Beatrice, che tutto di me sapeva, e che la mia mente tramite lo sguardo di Dio interpretava,
Mi lesse nella mente quel pensiero che sempre più mi turbava.
Aggiungendomi: “Adamo all’atto del compimento del peccato originale, condannò alla dannazione sé stesso e tutta l’umanità.
Per secoli la razza umana giacque prostrata e inferma nel peccato, in conseguenza di quella condizione,
Fin quando il figlio di Dio scese sulla terra, facendosi uomo, al fine di scontare il pegno di quella grave calamità.
Cristo si trovò suo malgrado, nello stesso tempo colpevole, quanto Adamo, in ragione della sua natura umana; ed incolpevole per la sua natura divina.
Con il dogma dell’incarnazione Dio consentì all’umanità di redimersi dopo il peccato originale, per tornare come prima.
Ma l’ingiustizia di una colpa – quella di Adamo – venne sanata dal sacrificio della crocifissione di Cristo – che però fu atto di per sé profondamente ingiusto:
Potrebbe apparirti incomprensibile il capire perché un atto ingiusto fosse stato sanato da un altro atto, anch’esso ingiusto”.
Ma io ancora non comprendevo bene il motivo per cui Dio avesse scelto questo percorso funzionale
Per redimere l’umanità dalla macchia del peccato originale.
Proseguì Beatrice: “Quando la natura umana peccò per mano di Adamo, Dio avrebbe potuto perdonare l’uomo per semplice generosità,
Oppure l’uomo avrebbe potuto espiare per sua iniziativa, ove ne avesse avuta l’opportuna capacità;
Ma l’uomo non essendo in grado, per sua natura, a rimediar da solo al male fatto,
Da Dio venne sostituito col proprio figlio – che si fece uomo – visto che l’uomo non conosceva la misura dell’umiliazione pari all’entità della superbia di quel suo gesto corrotto.
E quindi per tal motivo mai avrebbe potuto esercitare paritetica umiliazione su sé stesso,
Trattandosi per lui di un percorso ignoto al quale non avrebbe mai potuto avere accesso”.

42 (Distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Tito, nel 70 d.C.)
Ed ecco che ciò si veniva a ricollegare alla provvidenzialità dell’Impero romano, di cui mi parlò Giustiniano, la cui storica finalità
Fu di preparare il mondo all’avvento di Gesù, sacrificio estremo che lo avrebbe salvato da quella insormontabile calamità.
Dio nel suo creare, fornisce la materia prima che resta incorruttibile agli eventi umani, mentre per quel che ne so io,

Gli oggetti sono un composto di virtù fornite dalle celesti influenze,
Per cui proprio gli oggetti risultano per loro natura corruttibili e mortali al pari di un’anima vegetativa e sensitiva che non sia stata creata direttamente da Dio.
Il corpo dell’uomo quindi, è incorruttibile, e se tale caratteristica venisse persa in ragione di un peccato compiuto, tale perdita sarebbe solo temporanea e quindi solo per poco soffriremmo delle conseguenti mancanze,
Sempre però che si realizzi l’atto risarcitorio proporzionale al danno arrecato.
Proprio come avvenne con la resurrezione che risarcì l’originario peccato.
Ma l’atto della crocifissione di Gesù ad opera degli Ebrei, a sua volta rendeva inevitabile una conseguente divina punizione:
Ecco allora che la distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Tito, nel 70 d.C., trovò la sua intrinseca ragione.
E da qui trasse origine l’antisemitismo presente nei secoli anche nella Chiesa, che recò danni notevoli:

Ma come mi fece intendere un indovino, sarà la stessa Chiesa che nel Concilio Ecumenico II°, nel 1962, circoscriverà l’evento della crocifissione di Gesù e della sua condanna a morte, alla sola epoca in cui quel fatto si è verificato; senza per questo far ricader colpe non attribuibili ai posteri incolpevoli.

43 (CANTO N. 08 DEL PARADISO)

(CARLO MARTELLO)

Luogo – (Terzo Cielo o Cielo di Venere);
Presenze – (Anime beate, Spiriti Amanti);
Personaggio – (Carlo Martello);
Argomento – (Inclinazioni degli uomini frutto della Provvidenza divina).
Stavo salendo al Terzo Cielo, il Cielo di Venere, quello degli Spiriti Amanti,
Ma non mi ero accorto che stavo andando così avanti,
Se non per la bellezza del volto di Beatrice che vedevo accrescersi, e poi osservai intorno a noi diverse luci simili a faville,
Che si avvicinarono più velocemente di qualsiasi altra folgore vista sulla terra, che emettevano scintille.
I pagani erano convinti che Venere dal suo Cielo diffondesse gli amori sensuali,

Mentre è l’ardore della carità che conduce a Dio, ciò che viene trasmesso dall’angelica intelligenza dei Principati, la terza gerarchia degli angeli.
Mentre le anime dei beati intonavano il canto: Osanna,

A me vicino, a meno di una spanna,

Si avvicinò l’anima beata di Carlo Martello,
Splendente di una luce accecante, che dopo un brevissimo intervallo,
Avvicinò a noi il suo sguardo ed assunse verso di me la parola: “Nacqui da Carlo II° d’Angiò e da Maria d’Ungheria nel 1271; purtroppo la mia vita durò per soli 24 anni,
Ma se fossi rimasto in vita per più tempo, avrei limitato i molti danni
Prodotti dalla mala signoria degli Angioini”.
Era avvolto da così tanta luce, che ciò non mi rese possibile il riconoscerlo immediatamente,
E quindi non potetti ricambiare l’affetto con cui lui verso di me si era rivolto, attentamente.
E proseguì: “Divenni subito re d’Ungheria, e sarei presto diventato signore di Provenza, dell’Italia meridionale ed anche della Sicilia, se non ci fossero stati i Vespri siciliani del 1282, contro gli Angioini francesi, che furono una vera e propria rivoluzione.
Poi conclusi la mia vita nel 1295; il che comportò anzi tutto che gli Aragonesi assunsero il governo della Sicilia, e che a mio fratello Roberto d’Angiò restò solo il regno di Napoli; e appunto re di Napoli fu incoronato nel 1309, nella Cattedrale di Avignone.
Mio fratello era stato designato in realtà alla successione del regno di Sicilia – che ormai era però nelle mani agli Aragonesi – da nostro padre Carlo II° d’Angiò detto «lo zoppo», avendo l’altro nostro fratello Ludovico rinunciato ai suoi diritti in precedenza, forse anche in quel caso, creando involontariamente alcuni danni.
Mio fratello Roberto governerà nel periodo che verrà detto della «cattività avignonese», con il beneplacito dei Papi Avignonesi Clemente V°, Giovanni XXII° e Clemente VI°, per un arco di tempo di ben 34 anni”.

44 (Inclinazioni individuali e influssi celesti)
Il giudizio che Carlo Martello espresse sul governo del fratello Roberto non fu positivo,
Anzi avanzò parecchie critiche, perché lo giudicò avaro, gretto, meschino, e talvolta anche remissivo.
Poi Carlo Martello introdusse nel suo discorso la teoria delle «inclinazioni individuali», che si ricollegava alla tesi degli «influssi celesti»,
Anche chiedendosi come sia possibile che da un padre liberale possa nascere un figlio avaro, e come da obiettivi elevati si possa scivolare in agir modesti.
È Dio che determina le caratteristiche di ogni essere umano, e lo scopo per cui esso viene messo al mondo.
E se così non fosse le influenze celesti sarebbero rovinose perché casuali: il che non appare possibile, neanche volendo.

45 (Talento e predisposizioni umane: Solone, Serse, Melchisedech, Dedalo)
Carlo Martello si soffermò successivamente su un concetto che mi apparve rilevante:
“Gli uomini svolgono una loro funzione nella vita, essenzialmente legata all’inclinazione personale prevalente.
Ciò consente ad ogni individuo di sviluppare le migliori potenzialità di cui è dotato:
D’altra parte, se così non fosse, ogni figlio seguirebbe semplicemente le orme paterne, con danno per l’intera società; invece ognuno dalla propria indole, e quindi dalla Provvidenza divina, deve essere indirizzato.
C’è chi nasce legislatore, come ad esempio Solone politico e giurista ateniese (638 a.C. – 558 a.C.) che abolì le ipoteche sulla persona evitando così la servitù per debiti dei piccoli proprietari; che introdusse un sistema basato sul censo in modo che gli oneri e i diritti fossero proporzionati alle possibilità finanziarie del cittadino; limitò il lusso e punì la disoccupazione volontaria; insomma, creò uno stato ordinato ed organizzato, senza alcun dissidio.
C’è chi nasce re, pur se con alterne fortune, come Serse il re di Persia, che riprese la guerra contro i Greci, iniziata dal padre Dario I° nel 483 a.C., con una spedizione che però si concluse nel 480 a.C. con la sconfitta nella battaglia navale sul lido di Salamina, e con la sconfitta terrestre del 479 a.C. a Platea in Beozia.
C’è chi nasce sacerdote come Melchisedech, re del regno di Salem l’antica Gerusalemme, che secondo l’interpretazione ebraica dei testi è il figlio di Noè, patriarca biblico che si accompagnava a Dio.
C’è chi nasce ingegnere e scultore, come l’ateniese Dedalo, personaggio mitologico, il padre di Icaro, l’inventore tra l’altro del labirinto del Minotauro a Creta, delle statue delle divinità con gli occhi aperti e le membra mobili, e che si dedicò a tante altre opere, con capacità e temporale dovizia.
Come si vede, la Provvidenza divina attribuisce ad ogni persona, quando nasce, un talento, una particolare dote.
Però spesso il mondo vorrebbe far diventare monaco chi nasce guerriero, oppure re che nasce per essere un sacerdote,
Proprio come sottolineo al termine del mio poetar in questo canto:

Ma voi torcete a la religione
Tal che fia nato a cingersi la spada,
E fate re di tal ch’è da sermone;
Onde la traccia vostra è fuor di strada
”.

46 (CANTO N. 09 DEL PARADISO)

(TACI E LASCIA PASSARE IL TEMPO, PERCHÉ DIO QUEI GESTI SAPRÀ PUNIRE AL GIUSTO MOMENTO)

Luogo – (Terzo Cielo o Cielo di Venere);
Presenze – (Anime beate, Spiriti amanti);
Personaggi – (Carlo Martello, Cunizza da Romano, Folco di Marsiglia, Raab);
Argomento – (Invettiva contro le malvage creature dedite all’inganno; Amore traverso che rende la vita tribolata; La locandiera Raab; Invettiva di Folco da Marsiglia contro Firenze).
Rivolgendomi idealmente alla moglie di Carlo Martello, che al pari della figlia si nominava Clemenza,

Le narrai degli inganni che l’anima beata temeva ricadessero sulla propria discendenza.

“Taci e lascia passare il tempo,

Perché Dio quei gesti saprà punire al giusto momento”;

Questo mi aveva precisato tuo marito Carlo,

Perché la divina giustizia meglio di chiunque saprà farlo.
Ma l’anima beata era già tornata a volgere il suo sguardo all’unico vero Sole

dell’Universo,

Quando io tributai una dura invettiva contro quelle malvage creature dedite all’inganno, che a fargli cambiar l’orientamento non c’era verso.

 

47 (Ascesa al Terzo Cielo o Cielo di Venere; Spiriti Amanti; Cunizza da Romano)
Eravamo ascesi al Terzo Cielo o Cielo di Venere, territorio degli Spiriti Amanti, quando la luce di un’altra anima beata a me si avvicinò, manifestando desiderio e piacere a rendersi partecipe del mio domandare:

Al che gli occhi di Beatrice che stavano su di me fissi, mi diedero il consenso alla mia non manifesta richiesta, che in cuor mio tuttavia si andava ad alimentare.
La nuova anima beata
Che mi si era appena avvicinata,
Smise in quel momento di cantare,
Ed iniziò a parlare.
Era Cunizza da Romano, che nacque e visse in quella zona collinare molto amena, nella marca trevigiana,
Circoscritta tra la repubblica di Venezia e lo sgorgare del Brenta e del Piave, terra per tradizione sovrana,
Che era governata dal tirannico dominio di mio fratello Ezzolino III°, detto da Romano.
Cunizza era lì tra gli Spiriti Amanti del Cielo di Venere per via dei suoi libertini amori, dovuti all’influsso di Venere, dai quali si ravvide successivamente, trasformandosi in donna pia e caritatevole, avvezza ad uno spirito spartano.
Cunizza tempo addietro era addirittura fuggita
Con Sordello da Goito, il poeta narratore, che abbiamo già incontrato nel nostro percorso, a prova della sua vita “colorita”,
Come del resto anche quella di Catone Uticense o di Manfredi di Svevia lo era stata,
A suggellare il loro istinto a quell’amore traverso che avrebbe reso la loro vita alquanto tribolata.
Cunizza però seppe perdonar sé stessa per le proprie giovanili inclinazioni,
Tanto che io la conobbi, a Firenze, ch’era dedita ad una vita pia e ad opere pietose e caritatevoli, a dimostrazione delle sue evoluzioni.

48 (Cunizza da Romano narra a Dante di Folco di Marsiglia)
Poi Cunizza mi indicò la luce di un’anima beata, a lei prossima, tal Folco nato a Marsiglia
Che di lui mi disse come se fosse stato ancora in vita: “Lascia di sé gran fama nel mondo, per la sua influenza anche sul prossimo, che al meglio consiglia”.
A vedere la sua anima beata, mi parve si trattasse di un rubino, direttamente illuminato dal sole.
Cunizza proseguì nel suo discorso, questa volta esprimendosi al passato, con queste parole:
“Folchetto lasciò buona memoria sulla terra, a differenza del popolo della Marca Trevigiana”,
Per poi abbandonarsi ad una profezia che così recitava: “I Padovani renderanno rosse le acque del fiume Bacchiglione nei pressi di Vicenza, perché i Ghibellini Vicentini stermineranno i Guelfi Padovani, anche grazie all’ausilio di Cangrande della Scala, che si schierò dalla loro parte;
Prossima e violenta sarà la fine del superbo Rizzardo da Camino, signore e tiranno di Treviso, che in una congiura contro di lui resterà offeso a morte;
Anche la città di Feltre subirà un triste destino, a causa del suo vescovo Alessandro Novello di Treviso, che tra pochi anni, nel 1314 riconsegnerà al vicario Angioino di Ferrara alcuni fuoriusciti ferraresi lì rifugiati,
Che finiranno poi per esser decapitati”.
Cunizza mi confermò la veridicità delle sue profezie, avendole lette nella mente dei Troni,
Le gerarchie angeliche preposte al Settimo Cielo di Saturno dove si vanno a leggere, in quelle menti, le loro conclusioni.

49 (Folco di Marsiglia)
Cunizza terminato di parlare, tornò a danzare come aveva fatto prima,
Mentre Folco mi appariva sempre più luminoso, quasi mi stesse sorridendo, e di certo gioiva essendo lui un’anima divina.
Anche per lui la mia mente appariva “trasparente”,
E forse per questo si stava rivolgendo a me, così bonariamente:
“Sono Folco, e pur essendo nativo di Marsiglia, quella terra mi rimase un po’ lontana,
Perché la mia vita si sviluppò tra la foce dell’Ebro e della Magra, cioè tra la Liguria e la Toscana.
Dagli altri ero detto Folchetto per via della mia bassa statura,
E vissi l’avventura
Al pari di Guido Guinizzelli ed Arnaut Daniel, di essere stato in vita un trovatore ed un poeta lirico:
Anch’io di molto subii l’influsso di Venere, almeno nella mia più rigogliosa età, ma con bonarietà ora ne sorrido e quel mio periodo favorevolmente giudico”.

50 (La locandiera Raab)
Prossima all’anima di Folco rifulgeva la splendente luce  dell’anima di Raab, una locandiera di Gerico, che ausilio profuse
A beneficio di due spie israelite, lì inviate da Giosuè, alle quali Raab consentì l’alloggiò nella sua locanda,
In cambio della salvezza sua e della sua famiglia al momento in cui gli israeliti avessero conquistato Gerico; come nelle scritture stava già scritto su quella vicenda.
All’atto della presa di Gerico, e prima di procedere all’incendio della città,
Giosuè anzitutto incaricò le stesse due spie ospitate nella locanda, a ricercare Raab ed i suoi familiari, per offrire loro l’incolumità.
Raab che contrariamente ad alcune dicerie mai esercitò l’attività di prostituta, essendo stata una locandiera semplicemente.

 

51 (Ancora sulla locandiera Raab)
Dopo l’incendio di Gerico visse in Israele, dove cambiò la sua vita, divenendo di Dio un’adoratrice fervente.
Raab è l’anima più luminosa del Cielo di Venere, ed è il simbolo della vittoria del Cristo crocifisso,

Che favorì la prima vittoria militare di Giosuè in Terrasanta, a Gerico, per il quale evento il Papa apparve non solo dispiaciuto, ma anche immemore e perplesso.

52 (Firenze città luciferina)
Poi Folco attaccò Firenze, città luciferina, dagli scarsi principi morali,

I cui banchieri finanziavano la Francia, ed il fiorino era la moneta degli scambi commerciali.
Luciferina perché il denaro trasformò in famelici lupi, i pastori dei fedeli
Trasformati proprio dall’avarizia, ma anche dall’usura in aguzzini crudeli.