Il libro del mese di novembre 2023: ‘La Ciociara’ di Alberto Moravia; un invito alla riflessione sulla guerra che è “uno sporco affare dal quale non c’è riparo. E non può conoscere giustificazioni”

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Di Francesca Andruzzi

Novembre è il mese evocativo della morte. Si apre con due giorni dedicati, rispettivamente, a tutti i Santi e a tutti i defunti. E riguardo ai primi, si sa, non si diviene Santi se non in seguito al trapasso.Anche per questo abbiamo scelto per voi La Ciociara, di Alberto Moravia. Perché se novembre celebra la morte, la guerra, certamente, produce la morte violenta. La storia di Cesira e della figlia Rosetta è ben nota, anche grazie alla trasposizione cinematografica con la regia di Vittorio De Sica e l’interpretazione di Sofia Loren, quest’ultima premiata con l’Oscar. Un racconto indiscutibilmente coraggioso. Pubblicato nel 1957, quando il ricordo della seconda guerra mondiale era ancora vivo – anche la guerra, produttrice di morte, non riesce a superare la vita – affronta, con coraggio, appunto, una delle vergogne nella vergogna, passata alla storia con un nomignolo quasi affettuoso: le “marocchinate”. Dopo aver sopportato le difficoltà della guerra, Cesira e la figlia Rosetta subiscono la violenza dello stupro proprio dai collaboratori di coloro i quali erano incaricati della liberazione. La guerra è “un gran giro de quatrini”, scriveva Trilussa. E in questo orribile girotondo guidato dal dio denaro, l’uomo perde sé stesso. Non esistono vincitori e vinti, perché, mutuando i versi di una nota canzone, “si esce” – tutti – “sconfitti a metà”. Il libro del mese, lo ripetiamo ogni volta, è il pretesto per una riflessione.La guerra produttrice di morte violenta. Massima produttrice. E, di nuovo, in tempi di guerra viviamo. Le guerre che ancora si combattono nel mondo non possono essere definite “mondiali” in senso stretto, ma il loro numero è talmente alto al punto da poterle considerare una guerra mondiale “a pezzi”. E, nuovamente, a essere fatto a pezzi è sempre e solo l’essere umano. L’attenzione mediatica, esclusivamente riservata ai due più recenti conflitti, quello russo-ucraino e quello israelo-palestinese, ha avuto, se non altro, il merito di aver sensibilizzato l’opinione pubblica sull’incontrovertibile dato relativo al pericolo che incombe su quella parte di umanità, soprattutto occidentale, che da lunghi anni vive in pace o, almeno, così crede. Il demerito, però, di aver nuovamente diviso gran parte della popolazione in fazioni. Sono trascorsi quasi ottant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e fiumi di inchiostro sono stati versati per mettere in guardia dalle atrocità e dalla decadenza che la guerra comporta. Anche l’inchiostro di Moravia avrebbe dovuto essere utile, soprattutto per comprendere che definizioni quali “alleati”, “amici”, “salvatori”, se riferite alla guerra, sono estremamente opinabili, per non dire menzognere. Le alleanze sono sempre intessute da chi la guerra ha voluto, rinunciando prima a tavoli di trattative diplomatiche per scongiurare la venuta a esistenza della produttrice di morte violenta. Anche la stessa guerra ha subito trasformazioni nel corso dei secoli.Originariamente, si combatteva al fronte. Militari contro militari. Ma la guerra ha sete di sangue; e la sete, si sa, è una brutta bestia. Perciò, nella propria evoluzione – usiamo questo termine, anche se sarebbe più appropriato: “involuzione” – la guerra ha deciso di abbeverarsi alla fonte dei civili. Le guerre moderne sono state e sono più cruente di quelle antiche. A Roma, un quartiere, che porta il nome di un Santo – San Lorenzo – è ancora lì, tra i tanti luoghi che avrebbero dovuto essere risparmiati “dal cannone”, a ricordare il sacrificio di uomini, donne e bambini. Un sacrificio, peraltro, voluto e compiuto dagli “alleati”, dai “liberatori”. Altra testimonianza del fatto che in guerra non ci si possa fidare di alcuno.Nonostante ciò, la guerra continua. Nonostante gli avvertimenti, che anche la letteratura ha gridato, la guerra continua a fare strage, anche di civili.Ogni parte in conflitto ritiene di avere ragione, di essere il bene che combatte il male.L’assurda divisione in buoni e cattivi è solo un altrettanto assurdo concetto giustificativo della lordura della guerra e della sua sete di sangue innocente. Le partigianerie sono spesso frutto di una mancata conoscenza della Storia e della Letteratura che la Storia ha narrato. Nel tempo, la guerra ha scoperto che ben conveniva sopprimere anche le donne, che, con il loro ventre, producono vita. Nel tempo, la guerra ha scoperto che ben conveniva sopprimere i bambini, che, crescendo, diventano gli adulti di domani. Nel tempo, la guerra ha scoperto che ben conveniva sopprimere gli anziani e i malati e i fragili, considerati ormai inutili anche in tempi di pace e vissuti come un costo per la società. Nel tempo, la guerra ha scoperto che una informazione mediatica schierata e non più, dunque, cronaca degli accadimenti fondata sulla obiettività, poteva tornare utile per orientare il consenso nei confronti della stessa guerra, cancellando la riprovazione nei confronti di essa.Nel tempo, la guerra ha affinato le sue armi, utilizzando la chimica e la biologia, un tempo al servizio del bene, della salute. Nel tempo, una sola cosa non è cambiata. La menzogna, la più grande delle menzogne: Si vis pacem para bellum (Se vuoi la pace, prepara la guerra) ancora oggi utilizzata per giustificare la ricerca della pace per mezzo della guerra definita male inevitabile. Eppure il male dovrebbe sempre essere evitato e la pace è sempre frutto di amore, tolleranza, comprensione, accettazione.  La guerra ha il sapore della vendetta. La pace conosce solo la giustizia. I denari, il potere, l’arroganza, la prepotenza sono gli ingredienti della guerra. Fino al 2001 avevamo visto popolazioni in guerra fra loro. Poi è stato sdoganato il concetto di guerra al terrorismo, altro fenomeno odioso che però, piaccia o meno ammetterlo, nasce sempre dalla sopraffazione. E per attuare la guerra al terrorismo, abbiamo sacrificato civili. Ci è stato detto che dovevamo esportare la democrazia a mezzo di cosiddette missioni di pace, che di pace non avevano certo il sapore, visto che nel corso dell’ultima ventennale “missione” sono caduti molti militari e molti civili. La conclusione della “missione di pace”, poi, è ben nota: nel 2021, la restituzione ai terroristi della popolazione afgana. Ma occorreva andare a combattere altrove, magari senza partecipare direttamente. Con una certa dose di ipocrisia, l’Europa e gli Stati Uniti hanno fornito armi a una delle parti del nuovo conflitto. Anche l’Italia, nonostante la Costituzione reciti testualmente che il Belpaese “ripudia la guerra”, ha inviato armi, senza neanche rendere nota alla popolazione l’esatta entità della spesa per le stesse, anche se affrontata con le imposte e tasse dei contribuenti.Al popolo “sovrano, ma sovrano astrattamente, fu solo chiesto di scegliere tra la pace e l’accensione di un condizionatore.E la guerra, in questa fiera mondiale delle ipocrisie, continua a mietere vittime ovunque. Anche all’interno degli ospedali e dei luoghi di culto; lì, dove si dovrebbe essere al riparo. Ma non è una novità. La guerra è anche questo. Proprio dove Cesira e Rosetta credevano di essere al sicuro, lì, ai piedi di un altare, subirono l’ennesima violenza. La guerra è questo. Uno sporco affare dal quale non c’è riparo. E non può conoscere giustificazioni. Sarebbe forse ora di cominciare a pensare che sia più giusto dire: se vuoi la pace, prepara le condizioni perché pace sia.